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Culture
Pablo Picasso e l’antico: a Milano da ottobre una grande mostra
Il bacio

di Raffaello Carabini

 

L’hanno già definita la mostra dell’anno. Quella che dovrebbe avvicendare le 420mila presenze della grande rassegna dedicata a Caravaggio lo scorso autunno-inverno. Ma l’esposizione Metamorfosi, che aprirà al Palazzo Reale di Milano il prossimo 18 ottobre per mostrare durante quattro mesi oltre 120 opere di Pablo Picasso (e un’ottantina di pezzi antichi) va valutata diversamente.

Innazitutto si colloca all’interno della grande iniziativa triennale e sovranazionale del Musée Picasso di Parigi denominata Picasso-Méditerranée, che ha già visto aperte in Italia importanti mostre a Napoli (Picasso e Napoli: Parade), a Roma (Tra Cubismo e Classicismo: 1915 – 1925), a Genova (l’appena chiusa Capolavori dal Museo Picasso, Parigi) e che vede a Lugano ancora visitabile fino al 17 prossimo le 120 opere de Uno sguardo differente. Insomma un’indigestione per chi non sia più che affezionato al maestro di Malaga.

In secondo luogo la declinazione del tema è specifica (non potrebbe essere diversamente) e tutto il percorso espositivo fa riferimento a un solo angolo visuale, seppure determinante, degli interessi artistici dello spagnolo: il suo attualizzare e reinventare il portato classico. Il suo riferirsi all’arte antica, iniziato appena adolescente dietro la spinta del padre, esperto ellenista e conservatore del museo cittadino.

Date le dovute coordinate, e in attesa dell’allestimento, le opere annunciate fanno prevedere un evento di pregio, capace di mettere a confronto la ricerca del maestro con una serie di quelli che sono stati i suoi modelli: dal magnifico Satiro danzante del Louvre ai vasi greci e romani, dal Dioscuro di Napoli alle statuette longilinee, dagli ex-voto iberici della sua collezione privata (vari esposti per la prima volta) alle brocche zoomorfe.

La preziosa carrellata sarà divisa in sei sezioni, che aprono con l’erotismo esacerbato del “bacio” e con i nudi e gli animali che rimandano al mito di Arianna. La parte centrale sarà dedicata al rapporto speciale che Picasso ebbe con la collezione greco-latina del Louvre, che visita regolarmente dal 1900. Arrivato a Parigi nel settembre, da entusiasta 19enne esortava gli amici catalani: “venite, gioverà alla salvezza della vostra anima; e mandate al diavolo Gaudì e la Sagrada Familia: qui ci sono veri maestri dappertutto”.

Ancora nudi nella sezione dedicata alle ispirazioni per le Demoiselles d’Avignon – un punto di svolta dell’arte mondiale, datato 1907 – e le opere che ne seguirono; fitta di disegni la parte dedicata alle Metamorfosi di Ovidio e ai miti che narrano; chiuderà la rassegna la parte dedicata alla ceramica, che Picasso scoprì nel dopoguerra, declinandone la duttilità materica in forme decorative a confronto dialettico sia con le funzioni d’uso che con l’espressività antica.

Tra i capolavori che verranno esposti citiamo a volo d’angelo il Bacio del 1925 e quello del 1969, il Nudo sdraiato del 1932, la Testa di fauno del 1938, l’Ombra del 1953, il bronzo Uomo stante, la Civetta in terracotta e via dicendo. Insomma la mostra Picasso Metamorfosi vuole esplorare la variegata attività del maestro, proponendosi di far entrare lo spettatore nel suo “laboratorio segreto” e di metterlo a contatto con “i meccanismi di una singolare alchimia” che lo fecero sedere faccia a faccia con l’antichità per un’indagine dialettica, che divenne per lui spinta verso la costruzione di un universo unico dove la libertà è sovrana indiscussa.

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