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Culture
Palazzo Pitti, l'Arte del Tempo in mostra

di Paola Serristori

Palazzo Pitti custodisce l'arte del tempo. Per conoscerla c'è meno di un mese. E' stata infatti prorogata sino al 5 marzo la mostra “Tempo Reale e tempo della realtà”, incentrata sugli orologi (oltre duecento) che fanno parte della considerevole dotazione dei saloni e depositi. I più interessanti, una sessantina, selezionati in base alla forma e destinazione d'uso, sono esposti nel percorso lungo alcune sale dell'Appartamento della Duchessa d'Aosta ed ambientati nella suggestiva scenografia di arredi e dipinti coevi. A cominciare dalla monumentale figura marmorea di Kronos di Gherardo Silvani, nel cortile del Palazzo, si scoprono le forme con cui il tempo venne rappresentato nelle varie epoche della Reggia fiorentina, residenza di tre diverse dinastie: medicea, lorenese e sabauda. Simbolo di prestigio per l'originalità, la preziosità, e nondimeno la rigorosa tecnica scientifica dei meccanismi, gli orologi regolavano i ritmi della vita di corte. Un filmato conduce lo spettatore alla scoperta del loro meccanismo di funzionamento. Come ha sottolineato il Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, “gli orologi delle collezioni medicee e lorenesi ci restituiscono l'immagine di una corte dove le competenze meccaniche e tecniche erano ammirate non meno delle doti creative degli orafi, che inserivano i meccanismi entro complesse decorazioni, molto spesso popolate di allegorie sul Tempo. Addirittura si stipendiava un orologiaio per mantenere in ordine i delicati meccanismi di questi oggetti preziosi.” In mostra anche una panoramica di strumenti scientifici, tra cui la replica del Giovilabio di Galileo o diversi esemplari di orologio solare, utilizzati per misurare il tempo prima della nascita dell'orologio e prestati dal Museo Galileo e dal Museo Stibbert. L’arte orologiaia affascinava i nobili, che si servirono dei migliori maestri noti in Italia ed in Europa, invitandoli a corte per la creazione di importanti pendole. Un esempio ne è l'orologio da mensola realizzato dall'inglese Ignazio Hugford nei primi anni del Settecento per Cosimo III.

I segnatempo di epoche diverse rivelano il gusto artistico di coloro che si successero sul trono del Granducato di Toscana, dalla sobria eleganza della réligieuse decorata con lo stemma mediceo e con la mostra sorretta dalla figura alata e barbuta, allegoria del tempo, all'orologio raffigurante la maestosa Aurora. Principali fonti di ispirazione per gli artigiani incaricati di decorare quadrante e cassa furono le divinità mitologiche, personificazione di idee astratte legate allo scorrere delle ore, animali dal significato metaforico, come nell'esemplare di orologio da mensola sul dorso di un elefante, simbolo di pazienza e longevità.

L'accorgimento di affiancare iI segnatempo a dipinti in cui, fra i ricchi fondali scenografici, è possibile ammirare orologi simili a quelli in mostra, permette di immaginare come questi preziosi manufatti dovevano apparire inseriti nel contesto originario. E' il caso del grande Ritratto di Maria Luisa di Parma di Laurent Pécheux, in cui appare un orologio in tutto simile all'esemplare conservato a Palazzo Pitti, ma sostenuto da un rinoceronte anziché da un elefante. Di tutt'altra concezione il capolavoro Le tre età dell’uomo di Giorgione, dove l'idea del trascorrere del tempo viene affidata ad una enigmatica lezione di canto, sottinteso lo stretto rapporto tra musica e tempo. Difatti l'applicazione di congegni sonori al meccanismo dell'orologio, in modo da farlo suonare allo scoccare di ogni ora, o ancor più spesso, consentiva il miglior funzionamento degli strumenti musicali. Ad esempio, l'Orchestrion esposto nella Sala della Musica, in grado di suonare come un'orchestra, regolato dall'orologio a lira posto sulla sua sommità. Inoltre, la creazione di orologi musicali fu spesso associata all'uso di automatismi, come nel caso dell'orologio da mensola a forma di voliera con uccellini meccanici colorati, in un intreccio fra tecniche di orologeria e meccanica dagli effetti sicuramente meravigliosi per gli spettatori dell'epoca.

Infine, una selezione di orologi da persona, acquisiti tramite donazioni di collezionisti, divenuti di moda a partire dai primi anni dell'Ottocento (anche in questa sezione saranno accostati a dipinti, così da poter osservare come si indossavano gli accessori), e gli abiti che, secondo un preciso “galateo”, erano la mise giusta rispetto al momento della giornata. Alla fine del XIX secolo l'orologio da indossare diventerà l'orologio da polso.

Il tempo Reale, tradotto nelle forme dei preziosi orologi delle Collezioni Granducali e Reali di Palazzo Pitti, si conclude simbolicamente con l'opera di Piero Bernardini La partenza del Granduca Leopoldo II da Firenze nel 1859, “momento in cui le sorti della Toscana e dell'intera penisola – evidenziano i curatori della mostra - viravano verso la realizzazione dell'unità nazionale. Il palazzo avrebbe di lì a poco cambiato il suo ruolo, divenendo spazio per il tempo della realtà, perdendo la funzione di reggia per acquisire quella di museo.”

 

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