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Culture
Pitigrilli: il Dottor Jekyll e Mr Hyde dell’aforisma italiano

di Lidia Sella

 

Sul palcoscenico letterario italiano del Novecento, Dino Segre, noto con lo pseudonimo di Pitigrilli (1893-1975, nato e morto a Torino), rappresenta una figura scomoda, ambigua, controversa, sia sul piano umano, politico e ideologico, che sul versante religioso. Incarnò insomma la quintessenza della contraddizione.

All’inizio, ateo agguerrito. In seguito, assiduo frequentatore di medium e sedute spiritiche, dedito a pratiche di esoterismo. Dopo il 1940, invece, fervente cattolico.

Contestatore seriale, su questioni di ordine morale formulava spesso giudizi dissacranti. Tanto che, nel ‘28, la sua opera verrà ritenuta contraria all’etica di regime, giacché vi si ravvisò un’istigazione al malcostume.

Giornalista e scrittore, nei suoi testi disseminò, in maniera talvolta inconsapevole, una messe di aforismi.

I suoi libri furono tradotti e pubblicati in 36 diversi Paesi.

Fondò e diresse molte riviste di successo.

Non risparmiava nessuno. Scherniva giudici e colleghi della stampa, bigotti e benpensanti. Dalle pagine del giornale “L’Epoca”, sferra un attacco contro il Vate e l’impresa fiumana. D’Annunzio va su tutte le furie. E lo sfida a duello. Sebbene nella realtà non siano poi arrivati a battersi.

Nonostante fosse assurto a una certa celebrità, Pitigrilli si abbassa a ricoprire l’incarico di spia. Dal ‘30 al ‘39, è al soldo dell’Ovra, la polizia segreta fascista, in qualità di informatore. Poiché era di origine ebraica, nel suo ambiente intratteneva una serie di frequentazioni che la dittatura al potere aveva interesse a monitorare. A causa delle sue “soffiate”, numerosi intellettuali, amici e/o correligionari, finirono infatti in carcere per aver preso parte ad azioni sovversive.

Ma quanti artisti violenti, assassini, depravati, pazzoidi, avventurieri, dissoluti, ubriaconi, pervertiti, erotomani e drogati abbiamo incontrato sulla strada delle Muse? Caravaggio, Cellini, Cervantes, Gesualdo Da Venosa, Casanova, Wilde, De Sade, Baudelaire, Verlaine, Van Gogh, Huxley, Kerouac, Bukowski, solo per citarne alcuni. Eppure l’avversione di questi soggetti verso un’esistenza borghese non ha affatto inficiato il valore oggettivo della loro produzione. Un analogo criterio di valutazione andrebbe perciò applicato anche al vile, turbolento, libertino Pitigrilli. 

La sua carriera da ribelle inizia precocemente. Ancora ragazzino, esplora i misteri del sesso con la cameriera degli zii. Adolescente, mette incinta una signorina di buona famiglia e i parenti della fanciulla disonorata devastano la casa dove lui abita insieme ai genitori. L’insana passione per la gelosissima e vendicativa poetessa Amalia Guglielminetti si concluderà in tribunale. Nel 1932 Pitigrilli sposa Deborah Senigallia. La relazione si arena quasi subito. La moglie, che gli ha già dato un figlio, viene liquidata per lettera: “Non sono fatto per vivere da consorte.”

Il male, dunque, lo tenta di continuo, affiora sovente in lui, gli aleggia attorno.

Non è quindi forse un caso se le sue massime più brillanti riguardano appunto la dicotomia della coscienza, il dilemma fra verità e menzogna, la lacerazione dell’incoerenza, il coraggio e gli ideali che svaporano nel tempo, le ipocrisie della politica. Qualche esempio: “La contraddizione, l’obiezione, il commento sono inutili, perché è noto da secoli e secoli che in ogni concetto vive l’embrione del suo opposto, in ogni verità è chiuso il germe del suo contrario.” “Con nessuno osiamo essere impudicamente bugiardi come con noi stessi.” “Una menzogna ripetuta, col tempo, diventa verità.” “Il Male, ottovolante dalle imprevedibili curve e dagli inevitabili abissi sul quale, quando si è lanciati, non ci si arresta, a meno di trascinare nella catastrofe i carrelli che ci seguono e la gente sottostante che guarda.” “Si nasce incendiari e si muore pompieri.”

Vita e scritti di Pitigrilli, di preferenza, gravitano intorno a questi astri tematici.

Con ogni probabilità, l’autore conosceva i suoi nodi, intuiva la propria natura demonica, l’unica gabbia dalla quale non sarebbe riuscito a evadere. Con lucidità, amarezza, rassegnazione, e una punta di ironia, ne prende atto. Le espressioni che usa si traducono così in un grido di rivolta. Nella consapevolezza che la libertà è un’utopia. Ammesso che nessuno ci comandi, siamo comunque schiavi di pulsioni e paure, burattini nelle maglie del destino, prigionieri di un corpo mortale, condannati a un estenuante e sterile gioco delle parti. Persino in amore. E, in tale ottica, il cinismo e l’arroganza che lo contraddistinguono potrebbero addirittura configurarsi come il precipitato di un’inconfessabile disperazione.

A comprovare il suo passaggio in questa selva di sentimenti oscuri, alcuni frammenti paradigmatici: “Si nasce sempre troppo presto. O troppo tardi.” “Frequento i campo-santi per ambientarmi.” “Di augurabile, in amore, non ci sono che gli amori sciagurati, quelli che si concludono senza lasciare rimpianti.”

Se ora però abbiamo potuto seguire da vicino le tracce di Pitigrilli sui sentieri della parola, il merito è di Anna Antolisei, giornalista e scrittrice torinese, al suo attivo una decina di pubblicazioni fra narrativa e poesia, presidente della Aipla, Associazione italiana per l’aforisma e del Premio internazionale per l’aforisma Torino in sintesi, nonché vice-presidente del Premio internazionale di poesia Rodolfo Valentino. Per resuscitare Pitigrilli dall’oblio di un acefalo, bilioso giustizialismo antifascista, e collocarlo viceversa in una più corretta prospettiva critica, Anna Antolisei ha affrontato un immane lavoro di ricerca. Ha vagliato una gran mole di profili biografici sull’autore e tutto l’apparato esegetico disponibile. Ha inoltre compulsato una cinquantina di volumi a firma di Pitigrilli, in prevalenza romanzi o raccolte di novelle, editi perlopiù da Sonzogno, in un arco temporale compreso tra il ‘20 e il ‘74. Si è calata in questa miniera di materiale e, con la sua lente da esperta di aforismi, ha estratto centinaia di pepite splendenti. In un’accurata, coinvolgente introduzione, ha infine tratteggiato un inedito ritratto di Pitigrilli, soffuso di una nuova e più morbida luce. Il frutto della sua fatica intellettuale è stato raccolto e pubblicato da Joker, nell’aprile 2018, con il titolo di “Pitigrilli - un aforista in ombra

Pitigrilli si è sentito finalmente un po’ compreso e, dall’oltre-tomba, ringrazia commosso Anna Antolisei per la puntuale, coraggiosa rivisitazione postuma.

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