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Culture
Premio Strega, quegli accordi in Fondazione. Regista riconosce solo amici e...

 

ROMA – Chi destreggia festeggia. Nessun adagio è più adatto alla Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, alle stanze e ai terrazzi al quarto piano di via Fratelli Ruspoli. Parioli, core de’ Roma (quella coi soldi, però). Dove ogni anno, a metà giugno, si consuma lo stanco rituale del passaggio dalla “dozzina” alla “cinquina”, quando tutto ormai è stato già deciso e i votanti (questa platea così eterogenea, così corruttibile) non sono altro che soprammobili un po’ agée. Domenica scorsa (nel corso di Libri Come), il Comitato direttivo del Premio Strega ha annunciato la “dozzina” dei libri che quest’estate si contenderanno un po’ di zafferano, forse un po’ di scontrini in libreria e certamente tanta vanità.

Stefano Petrocchi
 

E a destreggiare come sempre c’era lui, Stefano Petrocchi: direttore della Fondazione Bellonci, profetico autore del romanzo La polveriera (guardacaso pubblicato da Mondadori, 2014) in cui racconta senza audacia gli inciuci consumati in quelle stanze. Alcuni addetti ai lavori sembrano non avere dubbi: «Se lui vuole, vai avanti. Altrimenti ti fermi». Quasi la stessa voce in capitolo della Alberti Strega, che il premio lo finanzia ogni anno. Al punto che si temeva di trovare in “dozzina” anche il romanzo La donna capovolta di Titti Marrone (Iacobelli Editore), tra le 57 proposte avanzate dagli Amici della Domenica. Perché? Perché l’editore è lo stesso del libro della compagna di Petrocchi, Serena Ferraiolo che lavora sempre alla Fondazione Bellonci. Per fortuna pericolo scampato, ma non che le scelte compiute dal Comitato direttivo siano esenti da vizi. Tutt’altro. Ecco com’è andata, lasciando perdere colossi editoriali, vincitori annunciati e chi in “dozzina” doveva andarci per forza.

Il ruolo delle università romane.

Fondazione Bellonci 2
 

Chi s’aspetta che forniscano un contributo di scienza, accademia e sapienza, è avvisato: potrebbe restare molto deluso. Il romanzo Quella metà di noi di Paola Cereda (Giulio Perrone Editore) è stato presentato in gara da Elisabetta Mondello, che insegna “Letteratura italiana contemporanea” alla Sapienza. E che fa Giulio Perrone, l’editore per cui il romanzo è stato pubblicato? E’ docente a gettone di “Economia e gestione delle imprese” proprio alla Sapienza (nel corso in cui Petrocchi, sempre lui, tiene incontri, lezioni e seminari). Chi è stato a giudicare Quella metà di noi? Valeria Della Valle, docente di “Linguistica italiana” alla Sapienza fino al pensionamento; Gabriele Pedullà, ordinario di “Letteratura contemporanea comparata” a Roma Tre; e Giovanni Solimine, presidente della Fondazione Bellonci nonché ordinario di “Biblioteconomia” alla facoltà di Lettere e Filosofia sempre della Sapienza. Indipendentemente dal valore del romanzo che nessuno mette in discussione, il piccolo editore Giulio Perrone evidentemente sa di poter contare su una fitta rete di agganci, probabilmente la stessa che l’ha portato a bissare il risultato dello Strega 2017 (quando col romanzo Le notti blu di Chiara Marchelli riuscì ad entrare nella “dozzina”).

Fondazione Bellonci 1
 

Su questo gioco di coincidenze pare abbiano alzato la voce in più occasioni Elido Fazi (editore della omonima Fazi, casa editrice di grande forza, intuito e coraggio) e Giuseppe Russo (direttore editoriale di Neri Pozza), lamentando l’esistenza di un “pacchetto chiuso” senza rispetto per le altre proposte. Il ruolo di Petrocchi? Dal direttore del Premio Strega ci si aspetterebbe di più: potrebbe sollevare un’eccezione di opportunità, quanto meno di eleganza, ma stando ai rumors pervenuti dal Comitato pare si sia limitato a registrare la volontà degli accademici. Facendo squadra, come sopra, come sempre. 

Le direttive di voto cambiate due volte (in corsa).

Strega Alberti 2
 

Sempre da indiscrezioni pervenute durante le riunioni – molteplici, a conferma di un accordo tutt’altro che unanime – del Comitato direttivo, si è appreso che siano state almeno due le direttive di voto per procedere con la selezione della “dozzina”. Una prima avrebbe falcidiato e scontentato i grandi editori, ad esempio quelli che si sono presentati con 5 proposte (come Mondadori e La Nave di Teseo): consisteva nella selezione di un solo libro per sigla editoriale (scelta che avrebbe salvato, come in effetto poi ha salvato, Addio fantasmi di Nadia Terranova, risparmiandola al sacrificio di essere sopraffatta da Fedeltà di Marco Missiroli, per restare in ambito Stile Libero ed Einaudi). Una seconda direttiva invece preferiva il libro alla sigla o casa editrice (e a tutti è parsa come il tentativo di tenere in “dozzina” Roberto Cotroneo e il suo Niente di personale). Invece non è andata così, perché pare che questo Comitato direttivo – che ha fatalmente concluso il suo triennio – si sia spaccato su diversi nomi: certamente su Cotroneo, ma anche su Covacich, su Cavina, su Abate e Santangelo, e su quello di diversi outsider presenti tra i 57. L’unico che alla fine è stato recuperato è stato Mauro Covacich, alla sua terza partecipazione al Premio Strega, con il romanzo Di chi è questo cuore (La Nave di Teseo).

Neri Pozza, Marangoni e l’editoria romana.

Università La Sapienza
 

Sacrificato il bel libro di Francesca Diotallevi Dai tuoi occhi solamente (Neri Pozza), la casa editrice vicentina si è vista approvare in “dozzina” il romanzo Lux di Eleonora Marangoni presentato non senza trionfalismi da Sandra Petrignani. Dando per scontate le doti narrative, letterarie e stilistiche della Marangoni, che con lo stesso libro s’è aggiudicata anche la terza edizione del Premio Neri Pozza (su cui la concentrazione di interessi sembrerebbe quasi simile a quello dello Strega), il fatto è che la Marangoni viene data “in quota parte” a certa editoria romana, sostenuta e sorretta – anche qui – da un fitto sistema di rappresentanze che Petrocchi si guarda bene dal governare. Anzi, che alimenta.

Una “dozzina” di amici e parenti.

Insomma rispondendo alle logiche illustrate poco fa, la “dozzina” del Premio Strega 2019 è la seguente: Valerio Aiolli, Nero ananas (Voland), proposto da Luca Formenton; Paola Cereda, Quella metà di noi (Giulio Perrone Editore), proposto da Elisabetta Mondello; Benedetta Cibrario, Il rumore del mondo (Mondadori), proposto da Giorgio Ficara; Mauro Covacich, Di chi è questo cuore (La nave di Teseo), proposto da Loredana Lipperini; Claudia Durastanti, La straniera (La nave di Teseo), proposto da Furio Colombo; Pier Paolo Giannubilo, Il risolutore (Rizzoli), proposto da Ferruccio Parazzoli; Marina Mander, L’età straniera (Marsilio), proposto da Benedetta Tobagi; Eleonora Marangoni, Lux (Neri Pozza), proposto da Sandra Petrignani; Cristina Marconi, Città irreale (Ponte alle Grazie), proposto da Masolino d’Amico; Marco Missiroli, Fedeltà (Einaudi), proposto da Sandro Veronesi; Antonio Scurati, M. Il figlio del secolo (Bompiani), proposto da Francesco Piccolo; Nadia Terranova, Addio fantasmi (Einaudi), proposto da Pierluigi Battista. Il favorito? Attenzione a rispondere con troppa semplicità il nome del riminese Marco Missiroli, perché il padrone di casa Stefano Petrocchi ha fortemente voluto e tenuto alla partecipazione di Antonio Scurati, promettendogli (così dicono i bene informati pariolini che frequentano via Ruspoli) un “congruo risarcimento” delle vittorie mancate per un soffio gli altri anni. 

57 libri in 10 giorni, un record talmente assurdo da non essere vero.

Infine una parola sulla brutale semplicità con cui sono stati fatti fuori nomi importanti della narrativa italiana, come Mauro Corona, Carmine Abate, Roberto Pazzi, Cristiano Cavina, Laura Pariani ed Evelina Santangelo. O libri dall’apprezzabile coraggio come quelli di Davide Grittani (La rampicante), Gianluca Barbera (Magellano), Stefano Corbetta (Sonno bianco), Veronica Tommasini (Mazzarrona), Michele Vaccari (Un marito), Paolo Tebaldi (Arenaria). Per nessuno di essi una spiegazione, una motivazione. Nel leggere chi invece era passato, la scrittrice Melania Mazzucco – presidente del Comitato direttivo – ha dovuto sbirciare su dei fogli di carta, guardare bene chi e cosa stava citando, a conferma del fatto che 57 libri in 10 giorni non stati letti da nessuno (ma proprio da nessuno!) del Comitato direttivo del Premio Strega. E più il solito Petrocchi si affanna, sui social e pubblicamente, a dire il contrario, più appare evidente che una partecipazione così simile a quella di una fiera della piadina (57 libri, record di sempre) non se l’aspettavano nemmeno loro. Bene hanno fatto Feltrinelli (ormai al quinto anno di assenza), Sellerio, Sem, NN e diversi altri marchi a prendere le distanze, a starne fuori. Se non interverranno radicali cambiamenti, Petrocchi resterà alla guida di una manifestazione vuota, vecchia e inutile, senza più significato umano (giacché quello letterario l’ha perso ormai da tempo).

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