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Culture
Renato Mambor in mostra: pittura, fotografia, installazioni
Renato Mambor - spostamenti, 1965

di Simonetta M. Rodinò

Visionario, artista, attore, performer, Renato Mambor, nato a Roma nel 1936, matura nella città eterna del cinema neorealista che si impone grazie a registi come Visconti, Rossellini, De Sica, Fellini. Che creano quel fermento di rinascimento artistico destinato ad affermarsi a livello internazionale. Proprio nel mondo del cinema comincia la sua carriera: figurando nella pellicola felliniana “La Dolce vita” e successivamente in spaghetti western. Poi la svolta.

“Renato Mambor. Connessioni invisibili” è la retrospettiva, dedicatagli dalla Galleria Gruppo Credito Valtellinese\Refettorio delle Stelline di Milano, che presenta un’ottantina di lavori, datati dai primi anni Sessanta sino al 2014, con le ultimissime creazioni.

Sono opere che documentano la pluralità di linguaggi di Mambor. Sì, perché una delle caratteristiche principali della sua personalità è la molteplicità delle esperienze. Curioso insaziabile, alimenta la propria pittura con una notevole varietà di tecniche e di espressioni artistiche, mescolando alla pittura performance, sculture, fotografie e installazioni.

“La mia storia degli anni Sessanta è la storia di un tentativo di comunicare attraverso un’immagine, un segno che avesse sul piano della comunicazione un ampio grado di oggettività, fino ad arrivare nel 1970 all’esperienza dell’evidenziatore”.  Con questa affermazione dell’artista, riportata sul un pannello, si apre l’esposizione, curata da Dominique Stella.

Comincia dunque la sua attività con l’invenzione di un’immagine figurale fredda e spersonalizzata, attraverso l’uso di sagome statistiche, segnali stradali, ricalchi fotografici, stampigliatura di timbri e rulli. Le sagome piatte bidimensionali escludono i tratti somatici, ogni segno di profondità o di calligrafia.

Ecco poi i “Ricalchi”, una sorta di rebus che esigono dallo spettatore la capacità di individuare il nome dell’oggetto. Seguono le “Azioni fotografate”, stampe in bianco e nero in cui usa il proprio corpo per creare immagini di realismo psichico.

Più tardi negli acrilici su tela scinde le componenti pittoriche - materia, forma e colore - in contenitori denominati Filtri.

Dalla metà degli anni Settanta abbandona le arti visive per dedicarsi al teatro. Riprenderà a dipingere negli anni Ottanta.

Compagno di strada di Pascali, Ceroli, Schifano, Festa, Kounellis, con cui aveva fatto parte della Scuola di Piazza del Popolo, Mambor, pop, seriale, spirito poliedrico, ha popolato tante gallerie con i suoi uomini calco, silhouettes a volte ridotte ad ombra chiara o scura, a volte colorate e quasi in movimento.

Sagome anonime alla ricerca della verità?

“La ricerca del vero è un’esperienza che va lasciata decantare, depositare e che va poi recuperata e sottolineata perché noi tendiamo invece a vivere più di codici che di esperienze reali”, afferma in un’intervista nel 2012. Morirà due anni dopo.

 

 

“RENATO MAMBOR. Connessioni invisibili”

Galleria Gruppo Credito Valtellinese - Corso Magenta  59 - Milano

Durata : fino al 25 marzo 2017

Orari: da martedì a venerdì 13.30-19.30; sabato 15.00-19.00

Ingresso libero

Infoline: +39 0248.008.015

galleriearte@creval.it – www.creval.it

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Tags:
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