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Culture
"Risonanza Cinese" al Complesso del Vittoriano. La mostra
Wang Keju - La brezza serale del vasto deserto, 2011 Olio su tela, 140x160 cm

di Maura Babusci

 

In prima assoluta a Roma i grandi capolavori della pittura a olio cinese con oltre 150 opere di 62 artisti, scelti tra i maestri più rappresentativi della Cina del ‘900. La mostra Risonanza Cinese, appena inaugurata presso l'Ala Brasini del Complesso del Vittoriano, rappresenta una panoramica completa attraverso una specifica tecnica pittorica, che si prefigge si raccontare l'evoluzione dell'arte di pari passo ai cambiamenti strutturali che hanno interessato la Cina negli ultimi 30 anni. Il percorso approda a Roma dopo il grande successo di pubblico ottenuto a Parigi, al Palais Brongniart e presso il Museo dell’Accademia di Belle Arti di Cina (Hangzhou) e sarà visitabile fino al 9 di settembre.

 

Ad essere rappresentata è una sorta di epopea, una grandiosa immagine di una cultura individuata nei suoi valori più significativi, valori che la portano a uno scambio intenso e profondo con il nostro mondo. Un mondo non più visto come lontano e poco comprensibile, ma vicino e condivisibile per molti aspetti, senza per questo rinunciare alle proprie radici più vere e più profonde. Nicolina Bianchi, curatrice dell'esposizione assieme a Claudio Strinati e Zhang Zuying, sottolinea come il percorso a partire dal titolo:“Alluda a una sorta di riverbero globale dell'universo Cina e si configuri come un originale cross road a rappresentare l’inedita saldatura con la tradizione del Rinascimento italiano e del Romanticismo pittorico dell'800 europeo”. Esperienze culturali e sociali legate ai numerosi viaggi e delle ricorrenti frequentazioni delle Accademie d’Arte europee, che gli artisti cinesi intraprendono già dagli inizi del XX secolo, portano questi interpreti alla fruizione di nuove forme espressive (fra cui il linguaggio creativo e stilistico contemporaneo della pittura a olio appunto), rielaborate per rappresentare la loro personale visione della vita, della cultura e dello spirito tradizionale.

 

Come spiegato dallo storico dell’arte Claudio Strinati “La pittura a olio un secolo fa voleva dire Occidente, e proprio per questo dobbiamo considerare l’assimilazione della tecnica da parte degli artisti cinesi come un evento storico epocale”. Obiettivo del percorso è dunque esaltare le influenze dell'arte del vecchio continente sulla produzione cinese, ma soprattutto il dialogo e le nuove sinergie fra Oriente ed Occidente, una sorta di inquietudine creativa sovranazionale. Osservando molti quadri in mostra viene in mente, come sottolineato dallo stesso Strinati, il fenomeno rappresentato dalla nuova generazione di musicisti cinesi che, negli ultimi venti-tenta anni, si sono dedicati con risultati eccezionali allo studio del pianoforte. Solo cent'anni fa sarebbe sembrato impossibile, per differenze culturali, che alcuni pianisti della nazione asiatica potessero essere considerati i massimi esecutori della musica di Mozart, Beethoven, Liszt o Prokofiev. Oggi è normale, apprezzato dalla critica e dal pubblico di tutto il mondo, che musicisti di particolare talento, attraverso una formazione internazionale, penetrino così a fondo in quello specifico linguaggio da farlo rivivere al più alto livello di comprensione, consapevolezza ed emozione.

 

Qualcosa di analogo può dirsi proprio per le opere figurative esposte a Roma. Certamente possiamo sostenere che la tensione spirituale e morale che vediamo in tanti di questi ritratti scaturisca da una profonda assimilazione del pensiero del confucianesimo che permea la cultura cinese, ma altrettanto certo è che questa cultura trova un punto di incontro immediato e perfetto con gli ideali di bellezza e di elevazione del Rinascimento italiano, così come in certi orientamenti del pensiero occidentale che risalgono ad esempio a Platone e all'antica Grecia e che influenzano fortemente anche il nostro presente. Attraverso arte, bellezza e filosofia, il fatto che la globalizzazione interessi non solo l’economia, ma la maniera stessa di rapportarsi al mondo, nella pratica quotidiana come nel laboratorio dei linguaggi, risulta evidente dal modo con il quale gli artisti cinesi si muovono nel superamento sia della centenaria tradizione calligrafica, sia nella rivisitazione dell’iperrealismo dei primi anni Sessanta verso un realismo più aderente alla realtà contemporanea; sebbene siano evidenti, come già evidenziato, le influenze del naturalismo romantico della seconda metà dell’Ottocento: dai Macchiaioli (Fattori, Boldini, Lega, Signorini) alle atmosfere della Scuola di Barbizon al Divisionismo di Segantini o al nuovo realismo figurativo della Russia postzarista.

 

Così una radice comune permette agli artisti cinesi di venire verso di noi con quell'interesse e quel rispetto che solo l’arte talvolta può conseguire nel più generale dibattito di natura sociale. Zhan Jian Jun, Jin Shang Yi, Zhang Zu Ying, Luo Zhong Li e Yang Feiyun, Quan Shanshi, Xu Jiang e Chao Ge sono solo alcuni degli artisti presenti nella mostra, con scene di vita quotidiana, ritratti, paesaggi e vedute dal linguaggio pittorico imbevuto di armonia e forte temperamento estetico. Le opere sono suddivise in tre sezioni che raccontano il significato della vita, il pensiero umanistico e la terra dell’anima.

 

 

 

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