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Culture
In un libro tutta la verità sull'attività alla Scala di Luca Ronconi

LUCA RONCONI. Gli anni della Scala

L’attività di Luca Ronconi alla Scala viene per la prima volta indagata in un libro edito dagli Amici della Scala, a cura di Vittoria Crespi Morbio, con testi di Angelo Foletto e Cesare Mazzonis.
Il ricco apparato iconografico del volume ricostruisce la complessità degli spettacoli di Ronconi: segue i movimenti scenici, visualizza il lavoro dietro le quinte, pone in rilievo la sontuosità dei costumi e la fantasmagoria delle macchine sceniche.
 
Il libro si struttura su due dimensioni.

Una prima prospettiva segue il divenire degli allestimenti, che Ronconi concepisce come continua metamorfosi: le sequenze delle immagini compongono un’illusione quasi cinematografica di consequenzialità, seguendo lo sviluppo del “teatro della meraviglia” in ogni sua fase.
La seconda prospettiva spezza invece la continuità attraverso le zoomate sui protagonisti: Ronconi ha dato la propria impronta a un’epoca della storia scaligera grazie alla collaborazione con direttori e cantanti: vediamo Mirella Freni, Nicolai Ghiaurov, Josè Carreras, Piero Cappuccilli nell’atemporale Don Carlo con le scene di Damiani;  Placido Domingo, Renato Bruson, nel tenebroso Ernani allestito da Ezio Frigerio; Cecilia Gasdia, Lucia Valentini Terrani nella fantasmagoria surreale del Viaggio a Reims architettata da Gae Aulenti.

Dov’è il regista in tutto ciò? Ronconi amava celarsi dietro la propria arte, forse per timidezza di natura, forse perché il ruolo del demiurgo è troppo delicato per potersi rappresentare visivamente. Ma Ronconi c’è: è colto quasi senza volere, dietro le quinte, mentre osserva il farsi dello spettacolo dalla platea, mentre dona le proprie indicazioni. E soprattutto c’è in quanto soffio e ispirazione di ogni scena, di ogni immagine: fino al punto in cui quell’immagine, oggi, si fa eco.
 
Prefazione...

Scriveva in un saggio di tanto tempo fa Franco Quadri, acutissimo critico che fu tra i primi a intuire la genialità di Luca Ronconi, «è rimasto un isolato, a un suo livello aristocratico».
Passione, creatività, ricerca, rigore, coraggio sono stati i principali caratteri portati da Ronconi nella sua immensa attività registica, sia nel teatro di prosa sia nella lirica, fin dagli esordi. Se nel teatro di prosa si confrontava con la parola, nella preparazione di un’opera lirica ricercava in essa gli aspetti più profondi, talvolta nascosti; voleva dare alla musica, all’opera una visione nuova, per carità non attuale, ma contemporanea.
Era solito dire: «Non bisogna essere troppo legati all’attualità che è deperibile. Occorre essere contemporanei. La contemporaneità è una complessa percezione del presente, per questo è duratura». Naturalmente la ricerca avveniva in stretta collaborazione con il direttore d’orchestra e lo scenografo (tranne in un caso): a tavolino proposte, obiezioni (talvolta di carattere musicale), soluzioni concordi, perché è auspicabile ci sia armonia tra coloro che lavorano in un’opera. E ogni spettacolo, come si può vedere in questo libro, commosso omaggio degli Amici della Scala al grande regista, loro socio onorario, era un fatto sorprendente, innovativo, coinvolgente.
Nella sua presenza scaligera, proprio al debutto, ci fu anche una “provocazione” rivoluzionaria e fu un evento memorabile nella storia del teatro. Bisogna risalire al lontano 1974 in occasione di Valchiria, vigilia del Ring wagneriano, quando la tradizione radicata a Bayreuth venne scardinata da un’impostazione registica  contemporanea. Alla fine il pubblico in sala si divise letteralmente in due nette fazioni: da un lato gli scandalizzati urlanti, dall’altra gli ammiratori convinti osannanti e plaudenti, una delle serate più elettrizzanti che la Scala abbia mai vissuto. Ma era troppo presto per rovesciare una messa in scena codificata da tempo nel regno wagneriano. (Qualcuno però ci provò di nuovo. Due anni dopo due grandi artisti compivano proprio a Bayreuth la rivoluzione).
Nella storia del teatro Ronconi sarà ricordato non solo come uno dei più grandi registi contemporanei, appassionato, innovativo, ricercatore ma anche come un aristocratico (forse a lui questo aggettivo non piacerebbe) rivoluzionario.
 
Anna Crespi

 

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