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Culture
Sol LeWitt, il primato dell’idea sulla forma
Sol LeWitt Autobiography, 1980 Fotografie in bianco e nero montate su carta Black and white

di Simonetta M. Rodinò

 

Le opere di Sol LeWitt non possono essere considerate sculture, né opere pittoriche e neanche strutture architettoniche, si tratta piuttosto di Structures forme inserite nello spazio.

 

Nel decennale della scomparsa dell’artista americano, tra i fondatori e personaggi chiave dell’arte concettuale, mancato 79enne a New York, la Fondazione Carriero ospita da oggi l’antologica  “Between the Lines”: una selezione di sette famosi Wall Drawings a 15 sculture come Complex Form e Inverted Spiraling Tower, fino alla serie fotografica Autobiography.

 

Il progetto espositivo, curato da Francesco Stocchi e Rem Koolhaas, esplora la relazione del lavoro di LeWitt con l’architettura, data anche la peculiarità dei magnifici e singolari spazi milanesi della Fondazione.

 

Secondo Solomon “Sol” LeWitt, per il quale  compito dell’artista è formulare il progetto, la cui esecuzione invece può essere affidata a chiunque, purché si rispettino le istruzioni stabilite, è il primato dell’idea sull’esecuzione, attribuendo così maggior rilievo al concetto e al processo rispetto all’oggetto -  segnando l’inizio della progressiva riduzione al grado primordiale dell’opera d’arte -.

 

L’idea dunque è più importante della forma stessa, dell’opera finale. Ecco perché egli ricerca nello spettatore un coinvolgimento di tipo mentale, piuttosto che emozionale.

Precisione, simmetria, sospensione,  serialità dei avori e silenzio sono le cifre stilistiche.

 

Seguendo le stanze dal piano terreno al secondo, s’incontrano le figure geometriche del Cubo, esplorate a partire dagli anni '60.

“Io non ho inventato il cubo, la piramide o altre forme geometriche. (La mia arte non si occupa di inventare forme, ma usarle come materiali da costruzione). Ho usato il cubo”, scrive nel 2007

 

Negli anni ‘70-‘80 LeWitt si trasferisce in Italia, a Spoleto, dove acquista una seconda casa. Qui inizia a creare Wall Drawings e a lavorare direttamente sul muro. 

Per spiegarli afferma: “Il disegnatore e la parete iniziano un dialogo. Il disegnatore si annoia ma in seguito, grazie a questa attività priva di senso, trova la pace o l’infelicità. Le linee sulla parete sono il residuo di questo processo…”.

 

È a partire dagli anni '80, e proseguirà anche nei decenni successivi, che l’artista si concentra sui Concrete Blocks, o Complex Forms: strutture in legno bianco.

 

Ecco poi la serie fotografica Autobiography: le immagini in bianco e nero ritraggono l’interno del suo loft newyorkese stipato di suppellettili domestiche. Una sorta d’inventario degli oggetti di sua proprietà. Altri scatti offrono informazioni più personali: il gatto seduto, scaffali in cui si vedono i titoli dei libri o le etichette delle musicassette, bottiglie di vino … “Nel loft c’era tutto … le mie pentole, le mie forbici, i tostapane, gli strumenti per dipingere, cartoline, disegni, libri, nastri e dischi, oggetti che la gente mi spediva o che io raccoglievo e dappertutto c’erano lavori realizzati da me e tutti insieme formavano la mia autobiografia.”

 

 

“Between the Lines”

Fondazione Carriero - via Cino del Duca 4 - Milano

17 novembre 2017 - 23 giugno 2018

Giorni e orari: da lunedì a sabato dalle 11 alle 18

Infoline:  02 36747039

Ingresso libero

www.fondazionecarriero.org

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Tags:
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