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Culture
"Sotto un altro cielo". La recensione
"SOTTO UN ALTRO CIELO" (LAURANA EDITORE)

di Alessandra Peluso

Il mare è da sempre considerato elemento di viaggio, di libertà, di moto, basti pensare alle peripezie di Ulisse; e, in questa dimensione si alternano i racconti di Dacia Maraini, Renato Fiore, Francesca Pansa, per citarne alcuni, e ancora,  i contributi di Paolo Di Paolo, Michela Marzano e Alessandro Di Meo, raccolti nell’emozionante libro “sotto un altro cielo” curato da Claudio Volpe, edito da Laurana Editore.  

Si ritenta il viaggio nell’immensità del mare, si invoca la speranza per tutte quelle esistenze che vorrebbero cercare una vita migliore e devono attraversare il maestoso e spesso spaventoso mare. Non è un caso che il testo abbia inizio con l’incipit di Orazio: «Cras ingens iterabimus aequor». E a tal punto, vengono in mente i versi del poeta Kavafis: «Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi / o Posidone incollerito: mai / troverai tali mostri sulla via, / se resta il tuo pensiero alto…». A questo, forse, avranno pensato anche gli autori di “sotto un altro cielo”.

È un libro intriso di speranze, paure, fughe, di migrazioni, di sogni. Parla soprattutto di viaggi questo libro, che appare come un mappamondo, un attraversamento di un mare per raggiungere prima o poi la terra ferma, un approdo sicuro. Tuttavia, ogni essere umano è un Ulisse che parte, a volte costretto a cercare un altro cielo, una possibilità, e poi magari ritornarci in quella terra assassina, teatro di guerra, di conflitti, ma pur sempre la propria terra, dalla quale provengono le radici. È appassionante, avventuroso, molte le sfaccettature da cogliere in “sotto un altro cielo”, i dettagli, i luoghi da conoscere, i personaggi avviliti, ma coraggiosi.

E poi, dopo aver compiuto con i protagonisti il viaggio, si giunge nei luoghi dell’anima e qui il lettore si scontra o si incontra con il proprio sé, riflette aiutato dalle parole guida di Paolo Di Paolo che sostiene: «Bisognerebbe partire dall’ignoranza. Da ciò che non sappiamo, da ciò che non capiamo. È l’unico modo per rompere l’inganno degli stereotipi e dei pregiudizi, per mettersi al riparo dal rischio della presunzione» (p. 147). E infatti, la questione risiede nel presumere, sapere prima di avere una conoscenza e informazione adeguata sui migranti che da Sud a Nord si spostano, proprio come i nostri emigranti italiani, perché da un bel po’ di anni a questa parte, forse dall’unità d’Italia in poi, sono le popolazioni del sud ad emigrare al nord e non certo per passatempo, ma per cercare la vita. Così, accade, che ci si è strappati alla propria terra senza nessuna speranza di tornarci un giorno, si racconta l’esilio interiore e quelle radici perse (Michela Marzano). 

Non è dato sapere se chi parte ritorni, come quell’esigenza o persino necessità, dettata da Marcello   Veneziani, o anche da Massimo Recalcati, ma, a ben comprendere, leggendo il libro, il lettore dovrebbe sgomberare la mente da false congetture, e interrogare il cuore, certamente non si lascerebbe travolgere da slogan folkloristici di alcune fazioni politiche. La vita non ha colore, né lingua, né religione, è vita e ha lo stesso valore e la medesima dignità a qualsiasi essere umano essa appartenga.     

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