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Culture
Templari, grandezza e caduta della Militia Christi. Il libro (Vita e Pensiero)

Di Gaetano di Thiène SCATIGNA MINGHETTI

Certamente alcuni diranno: “Ancora una pubblicazione sull’Ordine cavalleresco dei Templari nonostante la logorroica produzione sull’argomento?”. A questo interrogativo non si potrà non rispondere che sì; ancora un altro volume sulla “Militia Christi”; ancora un lavoro saggistico su questo Ordine monastico e cavalleresco che aveva come scopo fondativo la difesa dei pellegrini che si recavano a pregare presso i Luoghi Santi affrontando, prima di giungere a destinazione, una serie infinita di sacrifici e di privazioni, una sequela di pericoli e di ostacoli che avrebbero scoraggiato chiunque prima di intraprendere il cammino, ma non loro che, armati di una fede profonda e salda, non temevano nulla e non si spaventavano di nessuno.

            Questa volta, però, la situazione è diversa: non siamo di fronte a una delle solite opere a stampa di carattere divulgativo, a un documento corrivo e leggiero, dal taglio semplicistico, facilmente abbordabile. No! Qui si tratta, invece, di un testo che possiede tutti i crismi della serietà scientifica; ogni valenza che presenta un deciso rigore di metodo e si avvale di una severa articolazione di studi che denunciano una sedimentazione culturale e storica che non ricorre ad un taglio di facilistica facies ma di cui potersi servire anche verso coloro che cercano di superare alcune impasses che sorgono, naturaliter, in un organismo vivo che, comunque, senza jattanza di sorta, intende estroflettere, a largo spettro, l’azione eziologica che ha condotto l’Ordine dei Cavalieri Templari, prima ad assurgere a grande potenza nell’organismo sociale del medioevo e poi a subire un nefando processo che portò al suo proditorio annientamento e ad un’infame damnatio memoriae.

            Si tratta del volume, curato da G. Andenna – C. D. Fonseca – E. Filippini, I Templari – Grandezza e caduta della “Militia Christi”, Milano – Vita e Pensiero, 2017, nel quale diversi autori di vaglia, in alcuni saggi brevi, hanno voluto fornire al lettore la piena contezza delle diverse sfaccettature di un problema ancora oggi decisamente dibattuto per poi essere in grado di risolverlo con equanimità introiettandolo con tutte le regole necessariamente richieste dalla valorialità dell’argomento. Che, per tutte le superfetazioni e i topoi che si sono zavorrati lungo il corso dei secoli risulta gravato di calunnie e diffamazioni, di infamie e scelleratezze.

            Il volume nella eterogeneità del suo fine che si è proposto di scandagliare e dei risultati che ha inteso di voler conseguire, stabilisce alcuni imprescindibili punti fermi che sarà difficile ribaltare non soltanto per la severità filologica del proprio sostrato intellettuale e storico-culturale ma, e soprattutto, per la rigorosità dell’approccio ai vari temi e per la coerenza del loro svolgimento, sicché non si indugia sul sensazionalismo ma si procede risolutamente e con pacatezza, ponderazione e in specie senza sbavature di qualsiasi genere, nello sceveramento delle proposizioni che formano, per così dire, la tettonica della pubblicazione stessa. Si spazia così, in modo articolato ed intenso, dalle origini prime dei Milites Chirsti per approdare al terribile the ende dell’Ordine monastico-guerriero non senza avere analizzato, mano mano, gli ineludibili profili che fotografano la vicenda  umana e religiosa di questi difensori dei Luoghi Santi e dei pellegrini che in queste terre, rese sacre dal sangue del Signore, si recavano non soltanto con intenti espiatori ma altresì per “conoscere”, in presa diretta, gli scenari nell’ambito dei quali si erano venuti svolgendo i giorni ultimi del Redentore Divino a conclusione di un itinerario che condurrà alla tanto agognata, sfolgorante domenica di Resurrezione dopo aver attraversato i giorni foschi e terribili della passione e della morte come simbolo di riscatto dalle debolezze umane che obnubilano la mente di chi da esse vuole fortemente divincolarsi sebbene, con le sole proprie forze, talvolta risulta incapace di riuscire ad affrancarsi.

i templari
 

Si leggono così, tra i tanti e significativi contributi, lo studio di Cosimo Damiano Fonseca del “corpus normativo” dei Cavalieri del Tempio e l’imprescindibile riferimento a Bernardo di Chiaravalle che alla nuova esperienza di vita religiosa aveva voluto fornire una “struttura identitaria e [un’] impronta monastica in povertà di beni e in comunione di vita…” (p. 27); quelli di Nicolangelo d’Acunto sugli Hohenstaufen e i Templari e l’altro sul rapporto tra i monaci-guerriri e i re di Francia; ancora, quello di Franco Cardini, oggi di stringente momento per le implicanze che ne sono derivate alla società odierna, sulla relazione che intercorreva fra i Templari e l’Islam: “… la cattiva fama dei Templari - asserisce F. Cardini -,  … consentì … l’impianto dell’iniquo processo del quale il Tempio fu vittima. La calunnia della collusione tra i Cavalieri e l’Islam non fu concausa del tutto secondaria della tragica fine dell’Ordine” (p. 127). Mentre Barbara Frale e Kaspar Elm intervengono, rispettivamente, sulla figura del pontefice Bonifacio VIII Caetani (1294 – 1303) e sulla personalità politica del re di Francia, Filippo IV il Bello (1285 – 1314) in acerbo contrasto fra di loro tanto da arrivare, in una particolare contingenza, al vergognoso “schiaffo” di Anagni (1303) ed in seguito all’annientamento fisico e alla damnatio dei Cavalieri del Tempio; fatto per il quale il re di Francia poté impunemente incamerare le ingenti ricchezze sulle quali essi basavano la loro potenza politica e finanziaria e la propria opera di missione nei confronti dei pellegrini,  condensando nella “Inquisitio contra Templarios” lo spirito di rivendicazione indebita di un monarca avido e al contempo fortemente avverso alla linearità del comportamento ed all’onestà degli intenti che aveva sempre caratterizzato l’organizzazione e l’organigramma di un ordine monastico-guerriero  il quale, come pochi altri, può essere annoverato di diritto sul palco teatrico della storia non solo mediterranea ma altresì europea.

            Un volume, dunque, molto bene argomentato, che si legge d’un fiato; che stimola il desiderio di sapere per la sottile malìa degli argomenti in esso contenuti; per le riflessioni che vengono indotte sulla caducità  delle iniziative umane e dell’arrivismo che ne corrode con pervicacia subdola la più intrinseca essenza. Un volume, anche, supportato da un apparato biblio-iconografico di un notevolissimo spessore qualitativo. Per tanto sia tributato un plauso convinto  non solamente ai curatori ma bensì  agli autori stessi, sia singolarmente che tutti insieme.

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