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Culture
Vincenzo Pezzella racconta le sue 4 vite in una (Ed. Guida)

Tre vite in una. Anzi, quattro: l’impiegato di banca, il giornalista, l’addetto stampa in Bankitalia, il magistrato. Sono le quattro vite che Vincenzo Pezzella, magistrato, ripercorre raccontando la storia del Paese negli ultimi cinquant’anni nel corso della sua attività professionale. Estensore di numerose sentenze per gravi fatti di camorra, nonchè quella con cui Alberto Stasi è stato assolto per il reato di pedopornografia, Pezzella racconta attraverso un viaggio, tra il pubblico e il privato, la scoperta di luoghi (la Milano da bere degli anni Ottanta e di Mani Pulite, l’Unione Sovietica di Andropov, la Napoli del Festival nazionale dell’Unità del 1976, il tribunale di Marano con la giustizia che muore, Lucca e le sue mura) e personaggi, noti e meno noti, con cui è venuto a contatto nel suo variegato percorso professionale. Da Carlo Azeglio Ciampi a Giancarlo Siani, da Ferdinando Ventriglia a Franzo Grande Stevens, da Corrado Ursi a Paolo Lecaldano, mitico fondatore della Bur.  Insieme con chi ci ha lavorato si schiudono così le porte di luoghi normalmente inaccessibili, come Palazzo Koch, la sede della Banca d’Italia, o l’Ispettorato Generale del Ministero della Giustizia e si può conoscere il dietro le quinte di un’aula di giustizia.

Il libro, Toghe, banchieri e rotative, edito da Guida, presentato in anteprima presso le sale dell’Anfiteatro romano di Santa Maria Capua Vetere, secondo per dimensioni solo al Colosseo e sede della scuola dei gladiatori, racconta le difficoltà, per un giovane, trent’anni fa, come oggi, di approcciare alla professione giornalistica. Che sono le stesse per entrare in magistratura. Ce ne spiega, dal di dentro, le modalità, teoriche e reali, di accesso. Ci racconta le esperienze giovanili nella Napoli dei vicerè Di Donato-De Lorenzo-Pomicino, da Il Gazzettino Campano a Il lavoro nel Sud, da Napolinotte a Napoliguide, ai primi timidi approcci ai quotidiani nazionali, da Il Sole 24 ore a La Repubblica. Scopriremo, poi, le scuole per la preparazione al concorso in magistratura e i segreti dell’esame, il tirocinio, il lavoro quotidiano di un giudice e la lentezza della giustizia. E poi l’importanza del binomio indissolubile cultura-legalità per la prevenzione dei crimini, in quanto le leggi da sole non bastano se i cittadini non le fanno proprie nelle loro coscienze prima ancora che pretenderne l’applicazione.

Si affrontano anche temi scomodi e si cerca di offrire delle risposte. Quanto contano le correnti in magistratura? Esistono davvero le toghe rosse? Quanto guadagna davvero un magistrato? E un funzionario della Banca d’Italia? Davvero i giudici lavorano poco? Perché è finita Mani Pulite? Perché, alla fine, Eurodisney non fu più costruita ad Afragola? E poi il maxi-processo Spartacus contro le ecomafie. Al riguardo, Giuseppe Borrelli, procuratore aggiunto della DDA di Napoli, ha lanciato un appello allo Stato nel corso della presentazione del volume: “Ci vuole grande cautela nel parlare di ridimensionamento del clan dei Casalesi. Basti pensare che solo negli ultimi quindici giorni abbiamo arrestato circa cento esponenti di fazioni riconducibili a quel clan. In oltre vent’anni di azioni inquirenti e giudicanti di contrasto al clan dei Casalesi è stato fatto tantissimo, sono state vinte importanti battaglie di legalità (come la riduzione del legame tra il clan e le amministrazioni locali o l’indebolimento del tessuto imprenditoriale dell’organizzazione criminale), ma sarebbe un grave errore pensare di aver vinto la guerra ed abbassare la guardiaPer vincere la guerra al  ‘sistema camorra’ non basta l’azione della magistratura, perché in Campania, ma non solo, ci sono condizioni economiche, sociali e culturali così difficili da favorire il proliferare del ricorso alle strade dell’illegalità e su questo terreno è soprattutto lo Stato che deve intervenire”.

Eduardo Cagnazzi

                                                 

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