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Dipendente guardone viola account di 6.000 donne per cercare foto e video osé

Usava i privilegi di accesso come dipendente di Yahoo per rovistare tra migliaia di account alla ricerca di immagini e video intimi delle giovani ed ignare utenti del servizio di posta elettronica del noto provider americano, ma alla fine è stato scoperto ed arrestato.

Interrogato dal tribunale federale di San Jose in California a seguito delle indagini dell'FBI che lo aveva individuato, un ingegnere informatico di 34 anni ha ammesso di aver violato oltre 6.000 account Yahoo, prendendo di mira principalmente donne più giovani, comprese amiche personali e colleghe di lavoro.

E la sua brama di guardone non si placava nello sbirciare trai dati gestiti dall'azienda per cui lavorava, perchè una volta entrato negli account delle malcapitate, utilizzava le informazioni che vi recuperava per violare anche quelli di Facebook, Gmail, DropBox, e iCloud, per poi salvare tutti i filmati e le foto a sfondo sessuale di suo gradimento su un hard disk che teneva a casa.

E se dopo essere stato messo alle strette dal suo datore di lavoro, che aveva rilevato delle attività sospette sul suo account aziendale, l'ingegnere aveva inizialmente provato a scagionarsi distruggendo il computer e il supporto removibile in cui conservava tutto il suo repertorio di materiale osé, trovatosi di fronte alla giustizia ha poi ammesso tutto.

Accusato dal tribunale di intrusione ad un sistema informatico e di intercettazioni telematiche, per evitare fino a cinque anni di carcere e il rischio di prendere un'ammenda di 250.000 dollari oltre ai potenziali risarcimenti, il trentaquattrenne ha chiesto il patteggiamento dichiarandosi colpevole solo per il primo capo d'imputazione, ed è stato rilasciato con l'obbligo del versamento di una cauzione da 200.000 dollari.

Per quanto possa preoccupare questa deprecabile vicenda per quello che è riuscito a fare di nascosto un singolo dipendente infedele che aveva accesso ad una enorme mole di dati come quelli gestiti da Yahoo, c'è però da constatare che spesso nelle aziende questo tipo di problemi vengono affrontati solo quando il danno è stato già fatto. E a quel punto si può solo cercare il responsabile, mentre nel frattempo le vittime impotenti si trovano a dover pagare le amare conseguenze della violazione della loro privacy.  

Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy - @Nicola_Bernardi

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