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Economia
Affitti da record e mutui troppo cari: cresce l'emergenza abitativa in Italia

Affitti da record e mutui troppo cari: cresce l'emergenza abitativa, e le famiglie sono sempre più povere

Nel nostro Paese è in aumento chi non riesce a pagare la rata o la pigione. E tanti finiscono spesso in povertà. Questa è l'Italia, in particolare, delle famiglie con figli a carico che ormai vivono in affitto senza potersi permettere la casa di proprietà, circa 5,2 milioni (ovvero il 20,5% del totale) secondo Istat. Una percentuale che, riporta L’Espresso, è in crescita: nel 2018 era attorno al 18%, segno dell’insostenibilità crescente dell’accesso alla casa per questa fascia della popolazione. L’ascensore sociale non è solo fermo. Torna indietro. E le famiglie scivolano nella soglia della povertà assoluta che si intreccia a quella abitativa. Soltanto nel 2021 in Italia l’11,5% dei nuclei familiari con minori si è trovato sotto il livello di spesa in cui non può permettersi beni e servizi che consentano un tenore di vita minimamente accettabile. Una percentuale che quando vivono in affitto sale al 28,2%.  

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"I dati Istat sulla povertà assoluta ci parlano del 45% di famiglie che vive in affitto", spiega a L’Espresso Silvia Paoluzzi, portavoce nazionale di Unione Inquilini. «C’è un problema strutturale nel nostro Paese e questo si vede nei dati sugli sfratti, pubblicati ogni anno dal ministero dell’Interno: 150 famiglie che ogni giorno sono sfrattate con la forza publica, senza garantire loro il passaggio di casa in casa che invece è sancito nei trattati internazionali".

La precarietà abitativa in Italia tocca in maniera particolarmente grave anche la vita dei minori: "In Italia 150.000 minori sono stati sfrattati assieme alle loro famiglie senza nessuna garanzia", continua Paoluzzi. I Comuni non hanno strumenti per garantire il passaggio di casa in casa, a fronte di famiglie che spendono in media quasi il 60% del proprio stipendio per pagare l’affitto. E se le misure strutturali mancano, il governo Meloni sta anche dismettendo quelle poche garanzie che erano rimaste. È la critica di Unione Inquilini: "Sono mancate politiche abitative negli ultimi trent’anni, nell’ultima legge di bilancio non è prevista alcuna misura di sostegno contro la precarietà abitativa. E, come è già stato annunciato da Matteo Salvini, non è prevista la costruzione di nuovi alloggi pubblici o lo stanziamento per il recupero dei 70 mila alloggi popolari. È stato anche cancellato il contributo all’affitto che permetteva alle famiglie di sopravvivere quando si trovavano in difficoltà. Abbiamo sempre sostenuto che questa misura fosse insufficiente e dovesse essere affiancata da provvedimenti strutturali. Ma questo governo l’ha cancellata completamente".

I dati sui mutui restituiscono l’immagine di un Paese dove, paradossalmente, ottenere una locazione di affitto è diventato più complicato di accendere un mutuo: il reddito familiare richiesto per affittare una casa in Italia si aggira intorno ai 28.319 euro netti all’anno, rileva un’indagine pubblicata da Idealista. Si tratta di una cifra del 33% superiore a quella necessaria per sostenere la rata del mutuo per l’acquisto della stessa abitazione – una casa con due stanze da letto, la tipologia più richiesta – stimato in 21.363 euro netti. A questa cifra bisogna aggiungere un risparmio minimo di 40.682 euro, richiesti come acconto.   

Anche l’affitto richiede delle garanzie, difficili da dimostrare in un Paese abitato soprattutto da precari. Ed è proprio qui che scoppia il cortocircuito di questo tempo, lo spiega ancora Paoluzzi: "Da quando è stato abolito l’articolo 18, le giovani generazioni sono state destinate alla instabilità e si indebitano pur di accendere un mutuo, anche se i tassi ora sono notevolmente cresciuti, piuttosto che trovare una locazione che richiede garanzie che non hanno".

La situazione italiana è una polveriera, per capirlo basta scorrere l’ultima nota dell’Ufficio Studi e Ricerche della Fisac-Cgil che fotografa dinamiche unite al rallentamento dell’economia e al perdurare di un livello elevato di inflazione, bassi salari e calo degli investimenti delle imprese che hanno determinato una brusca frenata delle erogazioni di finanziamenti per la casa ma anche di prestiti alle società che hanno preferito utilizzare liquidità esistente per finanziare il loro circolante. Il cuore della questione lo ricordano i dati dell’Ocse: l’Italia è il Paese dove si è registrato il più forte calo dei salari reali rispetto all’inizio della pandemia (-7% alla fine del 2022) e la discesa è proseguita nel primo trimestre del 2023 (-7,5% su base annua). Da questo resoconto, commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito, "emerge che rinnovare i contratti, recuperando la perdita del potere di acquisto e redistribuendo la produttività, è possibile ed è necessario, come abbiamo dimostrato col rinnovo relativo al settore bancario. Ma pesano le scelte sbagliate di questo governo, a partire dalla manovra di bilancio, che continueremo a contrastare, dando continuità alla nostra mobilitazione per un’altra politica economica, sociale e contrattuale".

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