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Economia
Alitalia, il 'de profundis' dei piloti: 'Con i ricavi aumentano le perdite'


Il destino di Alitalia preoccupa sempre di più chi ci lavora, nonostante la stampa italiana continui a dare per probabile se non per scontato, nonostante le smentite ufficiali, una discesa in campo di Atlantia (che tra l’altro controlla Aeroporti di Roma, uno dei due hub, con Malpensa, da cui Alitalia opera) nel salvataggio della compagnia aerea tricolore nella veste di partner industriale di riferimento, accanto a Ferrovie dello Stato.

Una discesa in campo peraltro condizionata ad una soluzione che consenta di seppellire l’ascia di guerra tra i Benetton e il governo per quanto riguarda le vicende della revoca delle concessioni autostradali (che pare farsi ogni giorno più improbabile), del blocco degli investimenti programmati da Autostrade per l’Italia ma ancora da approvare dal ministero, dei nuovi modelli tariffari disposti dall’Autorità dei trasporti e della gestione della ricostruzione del ponte Morandi (da cui Atlantia è stata esclusa pur rimanendo per ora proprietaria della struttura).

Se ieri i sindacati avevano ribadito la richiesta ai commissari e al ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio di non limitarsi ad operare in ottica di salvataggio ma di rilancio, puntando ad un ampliamento del perimetro di attività della compagnia (che negli ultimi mesi sta dando qualche segnale positivo in particolare grazie al rilancio del lungo raggio), oggi sono i piloti, in particolare la Federazione nazionale del trasporto aereo (Fnta, che riunisce le sigle Anpac, Anpav e Anp) a lanciare l’allarme, sottolineando come “le cicliche smentite dei possibili soggetti coinvolti” ovvero “Poste Italiane, Leonardo, Eni e per finire ieri Atlantia”, assieme alle “non decisioni del governo, stanno accelerando la fine di Alitalia in chiaro contrasto con gli annunci e le promesse fatte ai lavoratori dal titolare del Mise”.

Durante l’incontro di ieri coi commissari straordinari di Alitalia e Di Maio, aggiungono i piloti in una nota, “è stato consegnato ai sindacati un segnale di allarme per la cassa in rapido esaurimento ed un appello accorato perché aumenti il pressing sul governo”. Questo vuol dire, secondo i piloti, che “di fatto l’azione dei commissari è esaurita” e tutto quel che si poteva fare è stato fatto. Anzi, “paradossalmente” le attuali azioni messe in campo per l’ormai prossima estate produrranno un “incremento dei ricavi ma a fronte di un aumento delle perdite”.

Come anche Affaritaliani.it ha già sottolineato, nei comunicati dell’ex compagnia di bandiera italiana non si fa cenno, infatti, dell’andamento dei profitti o delle perdite: l’ultimo accenno riguardava il “mini-utile” di 2 milioni di euro segnato alla fine del terzo trimestre 2018 ma dopo di allora nulla è filtrato circa il risultato netto nei due successivi trimestri. Per i piloti, tuttavia, i dati forniti “sono allarmanti ma chiarissimi: 5 milioni di biglietti venduti e ricavi dalle vendite per 350 milioni, con una cassa totale poco superiore a 450 milioni” rispetto ad “oltre un miliardo da restituire allo stato” tra rimborso del prestito-ponte (900 milioni) e interessi (10% annuo) da pagare sullo stesso.

Con questi numeri secondo l’Fnta “per Alitalia non vediamo nessun lieto fine” salvo non vi sia una auspicata “inversione di tendenza immediata”. Il nodo resta in effetti l’ingresso di un socio privato che apporti una robusta iniezione di capitali. Il miliardo citato da Fnta servirebbe solo per mantenere lo “status quo” ma non risolverebbe alcuno dei dubbi circa il futuro della compagnia, che se vorrà continuare a espandersi nel lungo raggio dovrà prepararsi a sopportare nuove perdite operative (ogni nuova rotta a lungo raggio richiede mediamente dai due ai tre anni per andare a break-even) prima di poter registrare consistenti benefici in termini di flussi di cassa e margini reddituali.

In tutto il costo di un vero rilancio di Alitalia potrebbe aggirarsi sui 2 miliardi (che si sommerebbero ai 9 miliardi di contributi pubblici già bruciati negli ultimi decenni), sempre che la concorrenza delle “low cost” non si intensifichi ulteriormente, il prezzo del petrolio e dei carburanti per aerei non vada alle stelle e i sindacati accettino qualche ulteriore taglio al costo del personale, piloti compresi. Un punto quest’ultimo su cui nessuno finora ha voluto alzare il velo, proprio come sull’andamento in termini di utili o perdite dei conti di Alitalia: semplice coincidenza?

 

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