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Economia
Altolà all'inasprimento dei tassi. Il caso Huawei gioverà ai mercati

“Hai letto i giornali oggi? Dicono che il pericolo è passato, ma riesco a vedere il fuoco ancora acceso che brucia nella notte/troppi uomini troppe persone che creano troppi problemi… questa è una terra di confusione… Superman dove sei adesso?”, un Supermen che 30 anni fa i Genesis non riuscivano a trovare e che forse ai giorni nostri avrebbero identificato prima in Obama e ora in Macron. Super uomini di cui i mercati non hanno bisogno, perché sono loro stessi a comandare ed a dettare le leggi, trovando di volta in volta una figura di riferimento e di rappresentanza. Trent’anni fa era Ronald Reagan, oggi è Trump. Ma non è questo l’unico minimo comune denominatore con il passato, anche oggi come allora continuiamo a vivere in una terra di confusione, dove i giornali (di carta e di byte), ogni giorno diffondono una sequenza di notizie allarmanti che bruciano una tranquillità ormai consumata e che causano inquietudine.

Tensione costante, prima le incertezze sulle elezioni di Mid-term in Usa, il test per Trump, poi l’estenuante tiro alla fune tra Italia ed Europa, l’enigma Tria, la manovra e il deficit italiano, e prima ancora c’era l’appuntamento tra Kim e Trump, ora ci sono anche le agitazioni in Francia contro Macron e per finire lo Spread, sempre lui, una spada di Damocle piazzata sopra la nostra penisola, che il giudizio recente di Goldman Sachs era riuscito ad ingigantire.

Problemi che uno dopo l’altro pensavamo di aver risolto non l’hanno detto i giornali, ma i problemi sembravano superati, quando poi spunta “l’incidente cinese”, l’arresto della top manager di Huawei, Meng Wanzhou, numero due del gruppo e figlia del fondatore, arrestata dalle autorità canadesi, accusata di fare affari con l’Iran, paese attualmente sotto embargo.

Gelo sui mercati, una mazzata improvvisa per le borse con crolli superiori al 3%, borse che avevano appena preso una boccata d’ossigeno grazie al presunto accordo/armistizio tra Usa e Cina sul tema caldo dei dazi. Una reazione assurda su notizie ancora avvolte nel mistero, perché a differenza di quanto annunciato inizialmente dai media, l’arresto di Meng non è avvenuto nella giornata di giovedì, ma già sabato scorso, proprio in concomitanza dei colloqui di pacificazione tra Xi Jinping e Trump, possibile che nessuna delle parti fosse a conoscenza dei fatti? Subito si è diffuso un clima di panico, la fantasia più pessimistica è corsa ad immaginare nuove tensioni tra le due super potenze: niente più accordo sui dazi, anzi inasprimento della guerra commerciale e nuove ritorsioni, sia politiche che economiche.

In verità, la situazione è molto meno grave di come ci viene dipinta. Usa e Cina, almeno dal punto di vista economico, hanno disegni diversi ma convergenti, e sono legate da un cordone ombelicale che crea interdipendenza. Gli Usa sono il grande consumatore di prodotti cinesi e grande debitore, ed a sua volta la Cina è il grande creditore e il più grande cliente degli americani. Il deficit tra i due Paesi, nei primi nove mesi del 2018, ha raggiunto la cifra di 300 miliardi di dollari, a favore di Pechino. Se salta uno, a ruota viene giù anche l’altro, e soprattutto saltano i progetti vitali, che da parte di Trump sono quelli di dimezzare il deficit con la Cina (probabilmente si raggiungerà un accordo per arrivare a un terzo di riduzione) e di imporre a Pechino un’economia di libero mercato, e da parte cinese il grande sogno di Xi Jinping di trasferire e spalmare l’enorme ricchezza raggiunta dagli abitanti della costa nelle zone rurali e povere dell’entroterra del grande impero. Un legame, che tra veri o presunti dissidi, non si può recidere ora. Infatti già oggi, abbiamo sentito dichiarazioni volte a raffreddare i dissapori ed orientate verso un possibile accordo. Le borse hanno fiutato l’allentamento della tensione, chiudendo la settimana con un principio di rimbalzo, in Asia questa mattina, e in Europa con rialzi però inferiori al punto percentuale. Si recupera, ma con circospezione. Un rimbalzo a cui ha dato una grossa mano la fiammata del petrolio. Più 4% per l’oro nero, grazie all’accordo trovato dai grandi produttori sul taglio di 1,2 milioni di barili al giorno. Meno offerta, con una domanda sostenuta grazie a una crescita economica che rimane tonica, fa salire il prezzo e alimenta le speranze di inflazione. Inflazione che deve tornare, perché a differenza del pensiero comune che la indica come un pericolo, è invece il carburante dell’economia, perché più sale e svaluta il denaro, e più il denaro circola e fa crescere il commercio e i guadagni.

Ma non sono questi gli unici timori per i mercati, infatti in questi giorni è uscito l’ormai tradizionale rapporto previsionale di Saxo Bank, chiamato “Outrageous Predictions” che annuncia un 2019 disastroso, ricordando al mondo che viviamo nella terra della confusione, di più, nella terra dei potenziali disastri. Siete pronti?

Nell’ordine: disastro Brexit, disastro Italia, Germania kaputt, Netflix ultra junk, una tassa sui trasporti e se tutto questo non dovesse bastare, ci aggiungiamo anche un dato scientifico con la super eruzione solare.

Ben vengano i problemi, come dice il proverbio “ogni impedimento crea giovamento”, perché tutte queste previsioni catastrofiche, non sono altro che il riassunto di quanto vissuto negli ultimi anni, ricordate? Il referendum sulla Brexit, la crisi del Btp e Monti, il terrorismo dell’Isis, l’elezione di Trump, il referendum sulla Catalogna e su Renzi, il pericolo Corea del Nord e la crisi cinese, tutti impedimenti che hanno richiamato l’attenzione e la cura delle banche centrali, che attraverso gli stimoli monetari hanno saputo, come un balsamo, curare ogni ferita. Una cura, quella dei tassi zero e dei quantitative easing, che doveva durare solo pochi mesi, massimo due anni e che invece, causa questa serie di pericoli (veri o presunti) si è prolungata per molti anni, a tutto beneficio di mercati obbligazionari e delle borse.

E mentre sentiamo ancora suonare “Land of confusion” dei Genesis, se “appizziamo” le orecchie, sentiremo che in sottofondo la melodia è un’altra, una canzone che ci accompagna da anni e che ancora non ha nessuna intenzione di abbandonarci. E' "Hotel California” degli Eagles, ricordo la traccia “…rilassati disse l’uomo della notte, noi siamo programmati per ricevere, tu puoi lasciare l’Hotel tutte le volte che vuoi, ma non potrai mai abbandonarci”, che fuor di metafora rappresenta l’attuale politica monetaria delle banche centrali, dove l’Hotel California raffigura l’attuale situazione di tassi zero, una politica che prima o poi dovrà essere abbandonata, ma sarà difficile uscirci. Ed infatti, anche questa volta, con il programma Bce giunto a conclusione e proiettato verso un aumento dei tassi per l’estate del 2019, e con una Fed decisa a un’accelerazione sui rendimenti, ci si trova con nuovi allarmi, a dover rivedere tutti i piani, se non a rinviare a data da destinarsi tutti i programmi di aumento.

Perché se è vero che l’inflazione porta tassi d’interesse alti, ma fa “girare” l’economia, quanto si vive bene, ancora, con il denaro gratis. Per chi denaro ne ha.

@paninoelistino   

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    huawei mercati




    
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