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Economia
Arriva il rating di affidabilità per le imprese semplificazione o altri oneri?

L'impatto del rating di affidabilità per le imprese: rivoluzione o nuovo peso burocratico?

Nel 2023 tenere in piedi un’impresa è, senza esagerare, come superare ogni giorno le Colonne d’Ercole e muoversi costantemente tra quei limiti. La recente analisi del centro studi di Confindustria “Congiuntura Flash” mostra una frenata brusca del Pil italiano nel secondo trimestre del 2023. In pratica è rimasto fermo e a oggi 120mila imprese potrebbero chiudere.

Per loro arriva il rating di affidabilità che nasce con un intento positivo, semplificare i controlli, ma rischia di trasformarsi nel solito carico di burocrazia per le aziende.

In attuazione della delega al governo di cui all'art. 27, comma 1, della legge 118/2022 è previsto il decreto legislativo, al vaglio del Consiglio dei ministri, recante la semplificazione dei controlli sulle attività economiche, disciplinando il settore e tutte le articolazioni che introducono e rendono applicabile il rating.

In sostanza, per non avere controlli a sorpresa o invasivi da parte dello Stato le imprese verranno sottoposte ad una sorta di classificazione volontaria. Si prevede che degli organismi di certificazione accreditati avranno il compito di indicare il livello di affidabilità, in modo da evitare imprevisti, sanzioni a ripetizione, accertamenti ripetuti e simili, introducendo un quadro più certo e stabile.

Per farlo si prevede che l’impresa volontariamente metta in piedi un sistema d’identificazione delle proprie caratteristiche e non solo.

Ci sono parametri economici come la solidità, cioè l’insieme degli asset aziendali, la consistenza di beni e attività, il rapporto di indebitamento, la produttività, cioè la capacità dell’azienda di fare fatturato a confronto con altre imprese dello stesso settore, la liquidità disponibile e la redditività, cioè la capacità di creare valore e conseguire profitto. Ma anche parametri ambientali, della salute e sicurezza pubblica e della sicurezza dei lavoratori.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, (Pnrr) prevede questo passaggio necessario. Per non avere controlli imprevisti e che gravano in termini di oneri si dovrà risultare a basso rischio.

La certificazione, che passa tramite una serie complessa di procedute di messa a disposizione dei propri dati, può portare ad una riduzione delle verifiche. Il dato verrà riportato in un fascicolo di impresa a disposizione delle amministrazioni che potranno consultarle, tenendone conto. Le imprese a basso rischio saranno sottoposte a controlli che dovrebbero sempre risultare superiore a anno. Ma il quadro resta ancora incerto.

Di solito la difficoltà di questo settore che ha a che fare con i rating è sempre costruire un sistema coerente con la ratio della norma, che dia certezza agli operatori economici, senza introdurre adempimenti eccessivamente onerosi per la raccolta delle informazioni necessarie alla costruzione del sistema, con effetti opposti rispetto agli auspici, come spesso è già accaduto.

Se un’impresa è basso rischio non sono neanche escluse la possibilità di controlli fiscali, anche se si è messo in moto un sistema volontario di accesso. Il carico di imprevisti dallo Stato dovrebbe essere meglio regolato anche se i processi sono tutti ancora da definire nei dettagli e quindi è poco chiaro se per le imprese aumenteranno gli oneri o se ne semplificherà l’esistenza.

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