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Economia
Assunzioni, un dl per faciltare tempi determinati e stagionali
di Piero Righetti
 
A pochi giorni dal termine ultimo per l'approvazione della Finanziaria 2019 non sono state ancora ufficializzate le disposizioni per la concreta attuazione dei due punti più qualificanti del programma di governo: pensioni a quota 100 e reddito di cittadinanza. E questo sia perché, nonostante la proposta Conte-Di Maio-Salvini di possibile riduzione del deficit dello 0,36% (secondo le ultime fonti addirittura di mezzo punto), le competenti(?!) Autorità europee non hanno ancora sciolto le loro pesanti riserve sulla nostra manovra, sia perché continua, nonostante le smentite, il braccio di ferro 5Stelle-Lega su ulteriori modifiche da apportare alla Legge di Bilancio.
La realtà è che, a parte il problema delle pensioni a quota 100, per il quale una soluzione concreta e approfondita c'è da tempo (anche con ipotesi alternative), quello che non è stato ancora approfondito del tutto è il problema del Reddito di cittadinanza - ancora più teoria che pratica - per la cui concreta attuazione sembra si navighi ancora a vista. Ogni giorno cambiano infatti gli Uffici che dovrebbero garantirne e soprattutto controllarne l'attuazione: una volta dovrebbero essere gli inutili, tranne poche eccezioni, Centri per l'impiego - da tempo al collasso e per i quali si vorrebbero assumere ex novo almeno 4.000 dipendenti, interamente da formare e da collocare in uffici in gran parte fatiscenti e privi di moderne e valide strumentazioni - un'altra l'Inps (che però ha ben altri compiti)), un'altra le Agenzie per il lavoro, un'altra ancora l'Anpal, un'altra infine - lancio io l'idea - l'abbinamento ai biglietti della Lotteria di Capodanno (perché no?).
Mentre dunque ancora si discute su questi due fondamentali snodi del programma, esperti del settore e forze sociali, datoriali e sindacali, stanno richiamando l'attenzione sulla necessità di apportare alcune importanti modifiche al Decreto Dignità (e alla sua legge di conversione, la n. 96 del 9 agosto 2018) a suo tempo proposto da Conte, Di Maio e Tria.
A parte il fatto che l'art. 3, comma 1 di queste disposizioni è già stato dichiarato incostituzionale (e quindi non più applicabile) dalla Suprema Corte con una rapidità che ha lasciato tutti basiti, esperti e forze sociali sottolineano l'urgenza e la necessità di apportare alcune correzioni al Decreto Dignità, almeno per ciò che concerne le "modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato" contenuta negli articoli 1 e 2 del decreto stesso.
È stato infatti rilevato - e confermato dall'Istat proprio in questi giorni - che le disposizioni da poco introdotte, ed espressamente finalizzate a "contrastare fenomeni di crescente precarizzazione in ambito lavorativo", rischiano addirittura di "precarizzare" ulteriormente sia le persone ancora senza occupazione sia quelle attualmente occupate con un contratto temporaneo. Le eccessive restrizioni e i vincoli apposti con il Decreto Dignità alle causali e alla durata dei contratti a tempo determinato dovrebbero portare infatti al licenziamento a fine anno di 50.000/60.000 persone.
Causali troppo restrittive e un aggravio della contribuzione dello 0,5%, da versare in caso di rinnovo degli attuali contratti, stanno causando infatti il licenziamento di quasi tutti coloro che hanno il contratto in scadenza. Se questa nuova normativa non cambia, e da subito, molti di questi precari resteranno senza occupazione e verranno sostituiti, nella migliore delle ipotesi, da altrettanti nuovi lavoratori precari.
Una soluzione però ci potrebbe essere introducendo queste modifiche:
- aumentare il numero delle causali che legittimano le assunzioni a tempo determinato affidandone il compito alla contrattazione collettiva nazionale;
- esentare chi assume lavoratori interinali o lavoratori stagionali dall'obbligo di versare il contributo aggiuntivo dello 0,5%;
- rilanciare e modernizzare le tipologie e le causali per le quali si possono assumere lavoratori stagionali demandando anche questo compito alla contrattazione collettiva nazionale.
In un'economia di fatto stagnante e a rischio recessione, il rilancio e l'ampliamento dei contratti di lavoro stagionali (le cui causali sono ancora ferme a quelle contenute in un D.p.r. di 60 anni fa, il n. 1525 del 1963, e quindi in gran parte ormai desuete e superate) permetterebbero infatti a molte aziende, in un periodo di incertezza qual è quello attuale, di assumere nuovo personale senza incorrere nel rischio di non poterlo poi facilmente licenziare se non più necessario e senza dover versare una contribuzione molto più elevata.
L'ampliamento delle causali e soprattutto il loro adeguamento alle attuali realtà lavorative potrebbero essere apportati anche abbastanza rapidamente ricorrendo alla contrattazione collettiva, contrattazione collettiva che in questo campo ha già permesso l'assunzione di decine di migliaia di persone in settori importanti come il trasporto aereo, il turismo e l'agricoltura.
Perché allora non varare un decreto legge in questo senso senza aspettare il lento e macchinoso iter della Finanziaria e delle sue leggi collegate?
Basterebbero un po' di coraggio e una maggiore chiarezza di idee.
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