Banca Etruria, così Renzi si vendicò. Stoppata la norma pro-Unicredit
Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit dal settembre 2010 al luglio 2016, ha davvero fatto arrabbiare il governo Pd e soprattutto il giglio magico renziano a causa del no che l'istituto oppose all’acquisizione di Banca Etruria nonostante il 'sondaggio' di Maria Elena Boschi al centro delle ultime polemiche.
A partire dalla fine del 2015 il governo Renzi comincia a sfornare un “decreto banche” dopo l’altro: in uno di questi si tenta di trovare una soluzione al problema delle Dta, le deferred tax asset, ovvero svalutazioni e perdite delle banche che si trasformano automaticamente in credito d’imposta calcolato nel capitale di vigilanza degli istituti. Per l'Unione europea, però, questa pratica è aiuto di Stato e allora bisogna inventarsi la solita norma che aggiri il divieto: come in altri Paesi, si decide che le Dta potranno essere usate per un certo numero di anni sborsando un canone annuale fissato per legge.
Il relativo provvedimento del governo Renzi arriva nella primavera 2016 ed è retroattivo, cioè incide sul bilancio 2015: a quel punto - siamo nel maggio del 2016 - l’Associazione bancaria italiana concorda col Via XX Settembre un emendamento per sanare la situazione e allineare la normativa italiana a quella degli altri paesi Ue (nuova disciplina valida dal 2016 al 2030). Un provvedimento atteso soprattutto da Unicredit, la banca che aveva più Dta a bilancio.
Racconta il senatore Augello del gruppo Idea rivolto a Ghizzoni, come si legge sul Il Fatto: “Questa vostra richiesta, di tutte le banche, viene accolta con favore da tutti: dalla commissione, dal relatore, dal governo e dal ministro del Tesoro. Perché è una cosa logica, tanto che vengono approvati degli ordini del giorno. Poi arriviamo alle votazioni e Padoan ci dice che c’era la contrarietà di Palazzo Chigi (racconto confermato da Padoan lunedì, ndr). Lei sa perché?”. Risposta del banchiere: “Francamente no. Fui sorpreso, anzi più che sorpreso ero incavolato, tanto che io stesso chiamai il ministero dell’Economia e chiesi spiegazioni per questo cambio di rotta che per Unicredit voleva dire pagare una cifra tra i 250 e i 300 milioni di ‘tasse sulle tasse’ visto che le Dta erano considerate utile. Dal Tesoro mi risposero che era prevalsa un’altra linea e non c’era nulla da fare”.
Una decisione “irrazionale”, insiste Augello. E Ghizzoni: “Non era un regalo alle banche italiane, significava solo equipararle a quelle estere. Io il motivo di quel cambiamento onestamente non l’ho capito”. Ancora Augello: “Lei sta dicendo che fu bloccata una legge mettendo le banche italiane in una posizione svantaggiata rispetto alle altre?”. Ghizzoni: “Sì, noi abbiamo sempre combattuto per avere normative identiche agli altri ordinamenti europei e sulle Dta si andava in quella direzione. Non averla approvata ha creato un grosso dispiacere alle banche, in particolare Unicredit”.
È il caso di ricordare che nel luglio di quell’anno, mentre Unicredit si preparava a un grosso aumento di capitale, Ghizzoni fu cacciato e che la nuova norma sulle Dta fu inserita - dopo molto penare e altre inspiegabili esclusioni tanto nell’estate 2016 che nella manovra d’autunno - nel decreto che ha stanziato 20 miliardi per Mps e le due venete all’inizio del 2017: a Palazzo Chigi, da qualche settimana, c’era Paolo Gentiloni. Un caso?