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Economia


“Le autorità italiane hanno adottato una strategia su diversi fronti al fine di rafforzare il sistema italiano”, tuona il Fondo Monetario suo Global Financial Stability Report di inizio ottobre “ma gli sforzi del governo italiano per facilitare il credito e gli acquisti di sofferenze potrebbero non essere sufficienti a ridurle nella quantità e alla velocità necessaria per rafforzare il sistema”.

“Affrontare le sfide e le difficoltà delle banche deboli è importante al fine di ridurre la pressione sul settore bancario italiano nel suo complesso, e affrontare le mancanze di capitale delle banche deboli è necessario per assicurare la stabilità del sistema e il sostegno all’economia” conclude.

Secondo il FMI il pareggio strutturale di bilancio dell’Italia sarà raggiunto solo nel 2020, due anni più tardi del 2018 atteso in precedenza. L’Fmi affronta la questione nelle tabelle del suo Fiscal Monitor, da cui emerge che le previsioni sono di un deficit dello 0,9% nel 2018 e un pareggio con un ritardo di due anni.

Parliamo di un argomento e di un tema di grande attualità che in questo momento particolare è sotto i riflettori, ed è stato oggetto di un seguitissimo dibattito moderato a Milano da Alessia Potecchi, presidente dell’Assemblea metropolitana del PD, alla presenza, fra gli altri, di uno degli storici politici di tradizioni laico-socialiste, Giorgio Benvenuto, nel suo ruolo di presidente delle due Fondazioni Buozzi e Nenni.

Il tema era: il mondo del credito e delle banche. Si stanno aprendo in questo scenario nuove prospettive e anche nuovi assetti.

Le questioni di fondo del sistema bancario italiano riguardano in generale, da una parte, la persistente debole dinamica del nostro sistema economico, dall'altra, in particolare si riferiscono ai crediti in sofferenza o di scarsa redditività, alla debole capitalizzazione, ad una frequente incapacità di gestione degli istituti spesso non corrispondente alle necessità dell'economia e a quelle del nostro Paese. In questo scenario sono maturati una serie di interventi tesi a consolidare il sistema bancario. L'Europa, la Banca Centrale Europea, il governo Renzi hanno affrontato di petto la situazione con una serie di misure legislative innovative, che hanno coinvolto anche il sistema delle banche cooperative e delle banche popolari. Un punto di forza di questa strategia è la spinta all'aggregazione tra le banche. La fusione tra le banche in Italia oggi è necessaria. La crescita dimensionale consente di affrontare in modo migliore la trasformazione digitale e informatica e di assistere il sistema delle imprese anche oltre i confini nazionali per l'export. Le nuove banche dovranno puntare sull’innovazione tecnologica e sullo sviluppo dei servizi, fermo restando che le loro mission resteranno quelle di tutelare e valorizzare il risparmio. Le banche devono inoltre valorizzare e sviluppare la professionalità dei loro dipendenti che spesso rappresentano una platea composta da ingegni e da saperi e competenze sui quali contare e investire.

Matteo Renzi ha fatto alcune affermazioni sulla necessità di ridurre gli organici delle banche. In quelle parole non c'è una minaccia, non c'è una disattenzione. Occorre un processo di consolidamento per rimanere competitivi sul mercato. Il cambiamento tecnologico sarà enorme: c'è però lo spazio per far svolgere ai lavoratori bancari nuove funzioni, per dare ai clienti servizi con maggiore professionalità. In questa direzione il potere contrattuale dell'Italia e del governo Renzi è forte. L'Europa è ancora sotto lo shock della Brexit. Si sta facendo strada la paura di un cedimento del fronte italiano: eloquente, una vignetta in prima pagina dell'Economist del 9 luglio che mostra un autobus con i colori italiani che sta in bilico su di un precipizio. C'è insomma sempre di più la consapevolezza che la possibile caduta dell'Italia potrebbe far saltare il sistema dell'euro. Renzi non è incauto. Ha aumentato, anche con gesti clamorosi, la pressione sulla Merkel per determinare una svolta nella politica europea.

ECCO CHE COSA E' EMERSO DAL CONVEGNO DI MILANO - Le considerazioni di Giorgio Benvenuto

Il Governatore della Banca d'Italia in una recente intervista su Il Foglio ha ricordato che in Italia in otto anni il Pil è caduto del 10%, la produzione industriale e diminuita del 25%, gli investimenti sono crollati del 30%. Visco ha anche sottolineato, riprendendo una vecchia affermazione di Padoa Schioppa (" l'euro non è il punto di arrivo, è una tappa sulla strada dell'integrazione politica e sociale europea) che una moneta non può sopravvivere se non è l'espressione di uno Stato. In questo scenario si colloca la vicenda delle banche in Italia. Non possiamo, infatti dimenticare che il sistema bancario ha garantito per anni il finanziamento delle piccole e medie imprese impossibilitate a ricorrere alla Borsa per reperire credito. Lo scenario economico e sociale è completamente mutato con la globalizzazione e colla finanziarizzazione. La politica e i corpi intermedi (sindacati, imprese, professioni, eccetera) ne hanno sottovalutato gli effetti, aggravati anche dalle nuove procedure sulla legge di stabilità decise dall'Unione Europea. La normativa del Bail-in, varata in modo incauto dall'Europa e subita con colpevole disinvoltura dall'Italia (il parere del parlamento europeo  è stato incredibilmente approvato quasi all'unanimità  dai diversi gruppi politici italiani) ha scompaginato tutto (dalle logiche di mercato a quelle di sistema; dagli interventi strutturali a quelli estemporanei). La normativa sempre più stringente (siamo alla vigilia di Basilea tre) continua ad imporre eccessi di patrimonializzazione alle banche, restringendo così gli spazi per erogare il credito. La politica dei diversi governi della seconda repubblica nei confronti del sistema bancario è stata altalenante. Si è passati di volta in volta dall'acquiescenza e dalla subordinazione alla persecuzione e alla demonizzazione delle banche. Non si può dimenticare la Robin tax ideata da Tremonti e la singolare applicazione dell'abuso di diritto sulle operazioni bancarie che spesso ha finito per essere una vera e propria forma di estorsione. Ora la situazione è aggravata dal progresso tecnologico. Sarà sì graduale , ma inesorabile. Lo spazio si restringe per gli intermediari tradizionali. Diminuiranno le filiali. Gli esuberi saranno enormi, se non si procederà ad una gigantesca operazione di formazione e riqualificazione professionale. Cosa fare? Studi della Banca d'Italia e dell'ABI hanno registrato che l'80% dei crediti deteriorati delle banche è causato in Italia da fattori strutturali. Il recupero per via giudiziaria dei crediti non è in linea con quello europeo (in Italia ci vogliono 1224 giorni, in Europa ne sono sufficienti 584). Il sistema fiscale E punitivo. L'Iva infragruppo si applica solo al sistema bancario. Le banche che pagano i contributi per la disoccupazione al  Naspi non ne possono usufruire per i loro esuberi: vi devono supplire con mezzi propri aggiuntivi. La normativa è troppo stringente: è un vero e proprio "tsumani" che complica, ritarda, asfissia l'attività quotidiana degli istituti di credito. Queste anomalie vanno una volta per tutte eliminate. Altro problema è rappresentato dalla proliferazione in Italia di Authorithy (Banca d'Italia, Consob, Antitrust , Privacy, eccetera) che alla prova dei fatti si sono dimostrate e si dimostrano incapaci nel prevenire e nel contrastare i disastri che si sono verificati negli ultimi anni a partire dal Monte dei Paschi, dalla Banca dell'Etruria e dalle banche popolari venete. Anche qui occorre procedere ad una forte semplificazione con la riduzione delle authority in linea con l'Europa. In conclusione in Italia si deve sviluppare un'iniziativa politica autorevole e concreta per realizzare una politica di sviluppo. Non possiamo perdere tempo. La situazione economica e sociale a forza di rinvii non matura, marcisce. La linea dell'austerità ha dei costi sociali economici politici enormi. Risorgono in Europa tendenze sempre più aggressive che innalzano le bandiere dell'isolazionismo,  del protezionismo, del nazionalismo. Prendono vigore nuove formazioni politiche antisistema che indeboliscono i valori della solidarietà e della coesione che erano, sono e devono continuare ad essere il DNA dell'euro. È il momento di pensare, di fare, di realizzare le riforme. La BCE ha istituito una tax-force per monitorare la realizzazione delle riforme. È una decisione che va accompagnata da una rigorosa e coerente azione delle forze politiche e sociali. Un deciso cambiamento che permetta di realizzare non il meno peggio ma il meglio.

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