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Economia
Banche, crisi come in Scandinavia. Quella somiglianza in agguato...
Credito Valtellinese

La crisi bancaria in Scandinavia dei primi anni Novanta, pesante e drammatica, mi fa venire in mente una locuzione latina assai amata da chi si cura con l’omeopatia: similia similibus curantur. Tradotta letteralmente significa “i simili si curino coi simili”. E poiché una citazione (e un debito) tira l’altra, mi viene in mente anche un classico di Cottarelli quando a sua volta riprende una frase di G. Persson, ex-primo ministro svedese, “Chi è in debito non è mai libero” (Den som är satt i skuld är icke fri). Anche noi siamo in debito – anzi: siamo i campioni mondiali del debito – ma la nostra crisi è assai diversa da quella scandinava. Anche se l’illusione della somiglianza consolatoria è sempre in agguato.

 

Come nelle fiabe, tutto ebbe inizio negli ormai più che lontani anni Novanta. L’innesco lo diede l’atteggiamento iper-lassista che rese le regole più lasche di una sagola troncata di netto. La deregolamentazione finanziaria fu festeggiata dai manager bancari come l’avvento della cornucopia, l’opportunità straordinaria per aumentare i profitti. Ma, proprio come Topolino apprendista stregone in “Fantasia” di Walt Disney, dirigenti ingordi e sprovveduti finsero di non sapere che la crescita delle quote di mercato e di profitto fa (sempre) rima con aumento del rischio. E se non sai gestirlo il rischio presenta prima o poi il suo conto impietoso.

 

La crisi bancaria travolse tutti i paesi nordici ad eccezione della Danimarca. Morse in profondità con la ferocia di un tirannosauro al punto da diventare un esempio paradigmatico per dare spiegazione a quella ancora più grave del 2008. Errore, perché le crisi avevano origini e natura assai diverse. Quella del 2008 fu prevalentemente dovuta al crollo dei prezzi di una quantità di asset finanziari, mentre quella scandinava da squilibri di natura macroeconomici, ovvero eccesso di debito e di spesa, e da consistenti sofferenze bancarie. Detto in parole più semplici, i debitori finali non erano in grado di onorare i loro debiti.

 

Notate le somiglianze, uniti i puntini come nella “settimana Enigmistica”? La crisi bancaria italiana sembra avere una certa parentela con quella nordica. Gli elementi in comune sono molti e ci sono tutti: squilibri macroeconomici,eccesso di debito e di spesa, elevate sofferenze bancarie. Le somiglianze e le parentele però finiscono qui, sono solo nell'origine e non nelle soluzioni che prendono strade diverse. I saggi vichinghi avendo compreso per tempo che tamponare le passività e iniettare liquidità non era sufficiente, hanno deciso di passare alla terapia intensiva pompando antibiotici ad ampio spettro nel corpo del malato, creando cioè bad bank e provvedendo alla nazionalizzazione degli istituti di credito decotti. Terapie dolorose come la chemio ma altrettanto efficaci costate alla Svezia un drammatico -3% del Pil; tuttavia una volta superata la bufera, rivendute le banche ristrutturate, la cura ha portato l'attivo nei conti dello Stato. In Italia siamo al decimo anno di crisi. Qualcuno sostiene di vedere le luci in fondo al tunnel ma forse era l’effetto di un mojto di troppo.

 

L’elogio di Cottarelli rivolto alla Svezia (sì, ho preso una “cotta” per quest’uomo colto, capace e rigoroso, la cui signorilità è di un’eleganza stridente rispetto all’andazzo attuale) è il riconoscimento ad un paese che liberandosi dalla schiavitù del debito pubblico ha saputo mettersi al riparo da attacchi speculativi.

Dalla crisi di Bear Sterns e dal fallimento di Lehman Brothers, oltre a incrementare il debito pubblico lo stato italiano cosa ha fatto?

A parte la scellerata (nei tempi e nei modi) legge sul "bail-in" di buono, nulla. L'unico intervento pubblico è stato fatto su Mps, un pronto soccorso avvenuto dopo grande spargimento di sangue, sia per correntisti, per gli obbligazionisti, per gli azionisti e per una comunità intera. Un pronto soccorso attivato quando il paziente era già deceduto. Un intervento con grave ritardo, criticato dalla maggioranza del pubblico, non per i tempi ma per i modi, ignorando che proprio con questa strategia quelli del nord avevano salvato il sistema portando guadagni nelle casse dello Stato. Guadagnare da una crisi, si può fare! Fecero qualcosa di simile negli USA, proprio nella terra del libero mercato, dove le casse federali comprarono i titoli tossici e gli asset svalutati per poi rivenderli una volta passata la crisi.

In Italia la responsabilità di agire è stata tutta del privato che ha operato rianimando il sistema con massicce iniezioni di capitale (le vitamine!) e ha eliminato con un'opera di disintossicazione, tutti i crediti inesigibili che affaticavano il normale svolgimento delle attività bancarie. Operazioni faticose e dolorose, che lo stato avrebbe potuto facilitare con la costituzione di una "bad Bank nazionale", sicuramente guadagnandoci con il ritorno dell'espansione economica, invece di regalare le plusvalenze ai già ricchi fondi avvoltoio del Connecticut.

L'unico aiuto, come fu per la Svezia, è arrivato dalla Banca Centrale, un aiuto però parziale perché lassù hanno stampato denaro anche di notte, svalutando la moneta, quaggiù ci siamo limitati all'espansione monetaria che ha portato i tassi sotto zero e le plusvalenze sui titoli di Stato.

Possibile che 10 anni di lacrime, sangue e sofferenze non siano state sufficienti per superare la crisi?

La matrice nell'origine, per tutte, è sempre la stessa, ad un certo punto le briglie sul sistema vengono allentate, la vigilanza diventa negligente,  si concede più di quanto si potrebbe, e chi dovrebbe controllare, improvvisamente si addormenta al volante. Le soluzioni invece sono sempre differenti, solo in un particolare convergono: ritrovare la fiducia.

È forse la mancanza di questo prezioso elemento che non permette un investimento stabile e di medio termine su asset come le azioni bancarie che oggi, 10 anni dopo il picco, hanno un valore infinitesimale rispetto ai massimi, su istituti risanati e puliti.

Un caso su tutti è il Credito Valtellinese, la cui perdita di valore è incalcolabile, e dove oggi è presente la più grande varietà dell'ornitologia finanziaria speculativa, ma nessun piccolo risparmiatore. No, quello arriverà una volta che le possibilità di guadagno saranno agli sgoccioli.

Ed è proprio per questo che mi chiedo e vi chiedo, ora che siamo ancora in tempo, se sia stato più sciocco comprare le Tiscali a 1.000€ o se lo sarà non aver comprato le Creval sotto i 10 cents?

@paninoelistino

Tags:
crisi banche





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