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Economia
Banche divise sul contratto dei lavoratori. Blitz della Fabi sul Tfr

C’è un colpo di scena nella partita per il rinnovo del contratto di lavoro dei 300.000 bancari italiani. Riuniti a Roma, i rappresentati di Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Unisin e Uilca hanno deciso di chiedere all’Abi una proroga dell’attuale contratto nazionale fino al prossimo 31 maggio. Ma non solo. Con la richiesta di rinvio del contratto del 2015, scaduto il 31 dicembre 2018, le sigle pretendono dalle banche il pagamento del Tfr al 100%. La faccenda riguarda lo sconto, concesso nel rinnovo dell’attuale contratto, che stabiliva una riduzione della base di calcolo.

Per le banche si è trattato di vantaggi piuttosto consistenti: secondo alcune stime, infatti, nel 2017 Intesa ha avuto risparmi per circa 50 milioni di euro annui, UniCredit 28, Banco Bpm e Mps una quindicina ciascuno, Ubi circa 13, Bnl attorno ai 9. Denaro rimasto nelle casse dei big del credito e che, adesso, sta per tornare a disposizione dei lavoratori. Una buona notizia per i bancari, dunque, che potrebbero recuperare un po’ di quattrini, circa 7-800 euro a testa l’anno.

In percentuale, il risparmio delle banche sul trattamento di fine rapporto viene valutato attorno all’1,4-1,5% annuo. Ma cosa è successo? Perché i sindacati hanno cambiato strategia? Cosa cova dietro le quinte? Secondo indiscrezioni, la scelta è maturata nei giorni scorsi, quando si è preso atto delle crepe interne al settore, da una parte e dall’altra del tavolo. Il giorno dopo la firma del verbale del 29 gennaio - che metteva in piedi un percorso, una sorta di “accordo quadro” volto a individuare la possibilità di trovare una convergenza fra Abi e sigle sugli argomenti importanti da discutere nel negoziato - sia dal fronte sindacale sia da quello bancario c’è chi ha sparato contro l’accordo sulla cosiddetta “agenda dei temi”.

Da parte sindacale, sono apparse dichiarazioni pubbliche che disattendevano completamente quanto tutte le sigle avevano sottoscritto e concordato il giorno prima; mentre da parte degli istituti di credito, c’era chi considerava, nei corridoi, l’accordo quadro solo un vantaggio per i grandi gruppi bancari. Di qui, il cambio di linea e la posizione unitaria, concordata ieri mattina nel corso della riunione tra i segretari generali dei sindacati, convocata per dare un’accelerazione fortissima alla definizione della piattaforma, in linea con l’indicazione - espressa pubblicamente nei giorni scorsi - del segretario generale della Fabi, Lando Sileoni, la sigla sindacale più rappresentativa nel mondo del credito. La piattaforma unitaria – questo l’impegno preso ieri dalle associazioni di rappresentanza dei lavoratori – sarà sottoposta e votata dalle assemblee dei bancari entro il 30 aprile e poi presentata in Abi.

Nel documento unitario dei segretari generali, oggetto ieri di comunicato stampa, insieme con lo stop allo sconto sul Tfr, viene chiesta anche la proroga del contratto nazionale fino al 31 maggio 2019. L’Abi, attraverso una dichiarazione del presidente del Casl (Comitato affari sindacali e del lavoro), Salvatore Poloni, ha confermato l’incontro a Roma previsto per il 13 febbraio, quando i sindacati ribadiranno la posizione unitaria presa ieri sul Tfr. La riduzione della base di calcolo delle cosiddette liquidazioni, si ragiona sul fronte sindacale – era provvisoria, legata a un particolare momento di difficoltà dell’industria bancaria, oggi superata - ma adesso i sindacati ne chiedono, con decorrenza 1 gennaio 2019, il pagamento.

Lo sgravio sul tfr, nel dettaglio, era stato introdotto con l’articolo 81 (comma 6) dell’attuale contratto. Sta di fatto che ora si apre una partita difficile perché le banche, come si mormora in Abi, sono divise fra loro: c’è chi preferisce il dialogo col sindacato e relazioni industriali basate sulla concertazione e chi, al contrario, cerca platealmente lo scontro. La cronaca degli ultimi giorni, tuttavia, offre qualche spunto di riflessione: la faccenda va in archivio come una lezione per chi rappresenta determinati organismi che, con una superficialità disarmante, nega un istante dopo quello che ha firmato.

Ma non è tutto. In Abi, fa notare chi segue da tempo il mondo delle trattative sindacali in ambito bancario, troppe situazioni sono cambiate: non ci sono più personaggi autorevoli come Francesco Micheli o Alessandro Profumo, che per anni hanno guidato le relazioni sindacali; e non c’è più un esperto di relazioni industriali, memoria storica della stessa Associazione bancaria, come Giancarlo Durante. Sul fronte sindacale, ci sono due segretari generali nuovi, Giuliano Calcagni della Fisac Cgil e Riccardo Colombani della First Cisl.

Ma il problema, soprattutto per quanto riguarda le banche, rivelano gli sherpa di Palazzo Altieri, è l’assenza di una vera politica industriale capace di costruire soluzioni e risposte, sia per i grandi gruppi bancari sia per le realtà di dimensioni più piccole. Sul fronte sindacale, invece, la situazione interna di alcune organizzazioni crea diversi disagi ad alcuni segretari generali che sono costretti in Abi ad avere una posizione e verso i propri dirigenti sindacali una di segno completamente opposto.

Secondo indiscrezioni, il colpo di scena improvviso e inaspettato, è da attribuire a Sileoni: sarebbe stato, infatti, proprio il numero uno della Fabi, nell’incontro di ieri tra i segretari generali a sparigliare, letteralmente, il tavolo, stufo della posizione ondivaga di qualche organizzazione sindacale e dell’assenza di una vera politica industriale da parte del Comitato sindacale di Abi. Colombani della First Cils, in maniera coerente col suo predecessore Romani, a ruota. 

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