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Economia
Banche venete, quel buco in divenire: 8 domande senza risposta sul salvataggio


Detto altrimenti, non si capisce con quale logica le “autorità europee” – personalmente sospetto la Commissione UE più della BCE – preferiscano la soluzione adottata che costa al contribuente più di quella rifiutata, posto che le stesse autorità proclamano la priorità di proteggere il contribuente. Mi perdonerete la pedanteria, ma la ricapitalizzazione precauzionale avrebbe comportato un onere per il bilancio pubblico di 4,7 miliardi meno la quota attribuibile all’investitore privato, assicurando la continuità aziendale e dunque la possibilità di rivendere la partecipazione acquisita, mentre la soluzione adottata prevede un’uscita secca di 5,2 miliardi. Non tragga in inganno la fiducia, manifestata dal Governo, di poter recuperare tale somma nel tempo attraverso i proventi della liquidazione. Ammesso e non concesso che questo accada nella misura prevista, ciò che faranno i liquidatori, cedendo i crediti deteriorati alla Sga, l’avrebbero potuto fare anche gli amministratori delle due venete opportunamente ricapitalizzate stipulando lo stesso accordo con la stessa Sga.

Ma c’è altro punto, toccato dal questionario della Banca d’Italia, che merita un approfondimento. Si tratta della radicale differenza tra le attuali aspettative di recupero dei crediti deteriorati attraverso la Sga e il valore che venne attribuito alla stessa categoria di attivi con la risoluzione delle quattro banche nel 2015. Temo che la risposta offerta dalla Banca d’Italia non sia completa. La Commissione UE aveva allora imposto un presunto valore di mercato delle sofferenze, pari al 18%, dettato dagli interessi della ristretta oligarchia di soggetti pretendenti l’affare, mentre oggi accetta una soluzione diversa per le due banche venete. Ma perché oggi, nel 2017, e non nel 2015, al Monte dei Paschi le sofferenze si vendono tutte e subito a un prezzo del 20-21% del loro valore nominale quando per le due venete ci si attende un recupero del 46,9%? Non si poteva adottare a Siena una soluzione analoga a quella adottata a Vicenza e a Montebelluna?

Voglio pensare che la ragion di Stato – che punta a evitare nelle sfavorevolissime condizioni ormai date il fallimento disordinato delle due banche e le sue nefaste conseguenze – abbia suggerito le reticenze sulle quali mi sono intrattenuto a difesa della dignità intellettuale della Commissione Industria, Commercio e a Turismo del Senato. E tuttavia è nostro dovere – un triste dovere – constatare come l’intera vicenda delle crisi bancarie faccia emergere una preoccupante debolezza del nostro Paese nei negoziati internazionali. Una debolezza preoccupante in vista delle ventilate modificazioni dei principi contabili internazionali che potranno ulteriormente insidiare i bilanci di banche e assicurazioni italiane.

In conclusione, mi si sia consentita l’osservazione che avevo preannunciato. Il testo che ci trasmette la Camera non contiene alcuna manleva per gli amministratori e i sindaci che sono stati nominati dal Fondo Atlante nelle due banche venete per porre rimedio alle cattive gestioni precedenti, oggetto anche di inchieste della magistratura. Questi amministratori e sindaci hanno fatto il possibile nelle condizioni date. In particolare, hanno risolto buona parte dei contenziosi che, diversamente, avrebbero reso ancor più ardua ogni soluzione.
Non aver previsto questa manleva, relativa naturalmente a queste banche oggetto di liquidazione coatta amministrativa, infligge un danno ingiustificabile alla reputazione professionale e ai requisiti di onorabilità di persone che, con l’avallo informale della Banca d’Italia e del Tesoro, erano state chiamate a un incarico nel pubblico interesse. Una tale disattenzione da parte del legislatore scoraggerà in futuro i migliori professionisti dall’accettare simili incarichi da parte della mano pubblica.

*Senatore, presidente della Commissione Industria a Palazzo Madama: relazione sul Dl banche venete

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banche veneteotto domande senatore massimo mucchetti banche venete





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