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Economia
Bayer paga a caro prezzo le nozze con Monsanto. Crollo in Borsa, persi 75 mld

Bayer, il lento declino del gigante di Leverkusen

La pandemia e l’inflazione hanno abbattuto molti miti, soprattutto nel Vecchio Continente. L’industria high tech, quella che dei microchip, del silicio, dei grandi social sta passando tutta nel Continente americano, in parte in Giappone, Corea del Sud e in pochi altri paesi fortunati mentre, la zona euro, arranca tra dipendenze energetiche ed industrie forse un po’ troppo obsolete.

Esempio perfetto di questa, speriamo momentanea, decadenza è la Germania, adesso ufficialmente in recessione tecnica. Quel parco industriale tedesco che brillava per tecnologia, affidabilità e precisione da  qualche tempo sta perdendo colpi.

Nel panorama delle super aziende germaniche, una volta considerate delle corazzate, spicca la discesa di un gruppo considerato di "classe Top", parliamo di Bayer la perla di Leverkusen. Nel 2016 l’azione del Gruppo superava di poco i 100 euro, ora  non arriva a 27 euro. Ma dove è nato quello che poi si è rivelato un vero e proprio “nightmare“ che sembra non avere fine.

Bayer, il 2016 l'anno del grande deal di Monsanto

L’anno fatidico fu il 2016 quando l’allora Ceo Werner Baumann, in sintonia con tutto il  CDA (un po’ meno con i dipendenti sorpresi e non del tutto convinti della bontà della scelta) decise l’acquisto, record per l’industria tedesca, del Gruppo Monsanto per 66 miliardi di dollari. Sulla carta l’idea funzionava perchè dall’operazione sarebbe nato un leader globale di sementi e agrochimica con una pipeline di prodotti vincenti nell’agrobusiness, dagli antibiotici ai semi geneticamente modificati, fino ai pesticidi. 

Un accordo che in Italia mise sul “chi va là’ anche la Coldiretti: “Una realtà che dovrebbe controllare il 24 per cento del mercato dei prodotti per la chimica e il 30% di quello delle sementi. Con l'acquisizione di Monsanto da parte della Bayer, dopo la fusione tra DuPont e Dow Chemical e l'acquisizione di Syngenta da parte di ChemChina, il 63% del mercato delle sementi e il 75% di quello degli agrofarmaci è concentrato nelle mani di sole tre multinazionali con un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori". Senza contare le critiche di tutto il mondo degli ecologisti.

Bayer e Monsanto, le nozze tra il diavolo e l'acqua santa 

Un nome, quello di Monsanto, che già ai tempi non era dei più apprezzati soprattutto  per tutta una serie di problematiche legate ad alcuni suoi prodotti. Ma in primis le “probabili” rassicurazioni dei più importanti studi legali internazionali sulle potenziali vittorie legali contro le cause sui prodotti Monsanto e come secondo le capacità indiscusse del Gruppo di gestire le situazioni di crisi fecero mettere la firma al mega accordo. Un accordo che in termini di immagine molti definirono tra l’acqua santa e il diavolo.

Bayer esperta, potente, con un'immagine e prodotti da dieci e lode, Monsanto, ricca certo di prodotti avanzati e utili ma ritenuti in alcuni casi discussi per quanto riguarda la salubrità. Ma nessuno all’epoca si sarebbe immaginato quanto velenoso si sarebbe dimostrato, nel tempo, il boccone acquistato a caro prezzo. Nel pacchetto acquistato c’era infatti anche il diserbante Roundup accusato da diversi agricoltori, soprattutto nordamericani, di essere responsabile dello sviluppo di tumori.

E negli Stati Uniti i giudici sono sempre inflessibili contro i grandi gruppi, e durissimi contro quelli non americani. Le multe sono stratosferiche. Le ultime due cause, in Missouri e a Philadelphia per ripagare due agricoltori che lamentavano di aver avuto lesioni in un caso e preso il cancro nel secondo per l’utilizzo del Round up sono state “bombe” da 1,5 miliardi di dollari la prima e 2,3 miliardi la seconda. Niente da fare le sentenze fanno giurisprudenza, qualcuna si è riusciti a vincerla ma la maggior parte, fino ad ora, un disastro per il Gruppo. E il tutto si riflette continuamente sull'azione.

Bayer, americano il nuovo Ceo Bill Anderson

Il nuovo Ceo, l’americano Bill Anderson, proveniente da Roche sta correndo ai ripari. "Per i prossimi 24-36 mesi, la società dedicherà le sue energie a costruire una forte pipeline di prodotti farmaceutici, affrontando i contenziosi, riducendo il debito e continuando a implementare il suo nuovo modello operativo radicale Dynamic Shared Ownership (DSO) per migliorare le prestazioni. Al fine di ridurre i rischi legali e le relative incertezze, la società sta aggiornando la propria strategia e perseguendo nuovi approcci sia dentro che fuori dalle aule giudiziarie. Bayer affronterà anche il suo debito. L'azienda mira a raggiungere un rating  attraverso una crescita redditizia e una modifica pianificata della sua politica dei dividendi. Bayer ha proposto di pagare il minimo legale richiesto per tre anni, come annunciato in precedenza".

Il Gruppo prevede un fatturato per il 2024 compreso tra 47 e 49 miliardi di euro. Un EBITDA prima delle voci straordinarie tra 10,7 e 11,3 miliardi di euro e un utile core per azione compreso tra 5,10 e 5,50 euro. E sul fantasma che gira da tempo? L’eventuale scissione? "La nostra risposta è "non ora”, e questo non deve essere frainteso come "mai", ha detto sibillino il Ceo. Ma la case history da università non è destinata a finire tanto presto e alcune Big Pharma, Pfizer in primis, sono sulla sponda del fiume ad attendere.






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