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Economia
Bce, a rischio la fase 2 del Qe nell'era Draghi:Francia con i falchi del board
Foto: IPA

Ce la farà Mario Draghi a concludere il suo “regno” di otto anni alla guida della Banca centrale europea con una nuova raffica di stimoli per rianimare la crescita dei prezzi che attira gli investimenti e cercare di far ripartire l’economia dell’Eurozona, sempre più stagnante come confermano anche gli ultimi dati macro in arrivo dalla Germania? 

Bce
 

Il dubbio è lecito perché se per una ulteriore limatura dei tassi sui depositi (già oggi pari a -0,4%) il mercato continua a ritenere possibile una luce verde già alla prossima riunione del board, il 12 settembre, per la ripresa del quantitative easing (il programma di acquisto di bond sul mercato) le perplessità in seno al consiglio sembrano aumentare.

Dopo le perplessità già espresse dai governatori delle banche centrali tedesca, austriaca e olandese, anche Francois Villeroy, numero uno della Banca di Francia, si è mostrato scettico in merito alla necessità di un’immediata ripresa del programma d’acquisto. Il che significa che il cuore politico ed economico di Eurolandia, un’area che produce la metà del Pil e in cui risiede circa la metà dei cittadini dell’Eurozona, è contrario e andrà ancora convinto, mentre a favore restano per ora solo la Spagna e la Finlandia, con una posizione defilata da parte dei governatori di tutti gli altri paesi.

Draghi
 

Tra gli ultimi ad esprimersi in merito, il governatore della banca centrale dell’Estonia ha dichiarato, ad esempio, di ritenere che non ci siano motivazioni consistenti per una immediata ripresa del QE, mentre il suo collega slovacco ha richiamato la necessità di una “ampia convergenza” per poter varare un simile provvedimento. “E’ necessario agire già ora? La questione andrà discussa”, ha da ultimo sottolineato Villeroy.

Le altre opzioni a disposizione dell’ex governatore della Banca d’Italia, oltre a rendere ancora più negativi i tassi sui depositi (nel tentativo di indebolire l’euro più ancora che di ulteriormente ridurre i tassi di mercato, già oggi negativi per l’intera curva tedesca, ovvero negativi sino alla scadenza dei due anni nel caso italiano), resterebbero la fornitura di ulteriori prestiti a lunga scadenza a tassi nulli o negativi alle banche, o il rafforzamento delle guidance sul proseguimento della politica monetaria “rilassata”.

In quest’ultimo caso si tratterebbe di fatto di un passaggio del testimone a Christine Lagarde, che da novembre subentrerà a Draghi alla guida della Bce e che potrebbe trovare meno ostico convincere l’asse Parigi-Berlino a concedere una ripresa degli acquisti di titoli di stato, soprattutto se emergessero ulteriori segnali di rallentamento o se i colloqui commerciali tra Usa e Cina, che riprenderanno a ottobre, non dovessero produrre alcun esito positivo.

La verità, notano alcuni analisti, è che per la Bce è sempre più difficile fare “tutto ciò che è necessario”, pur volendolo, perché gli spazi d’azione dopo anni di politiche rilassate sono ormai molto ridotti e nel caso di una futura recessione  rischierebbe di restare del tutto priva di munizioni, a differenza della Federal Reserve che avendo interrotto gli acquisti di bond e rialzato leggermente i tassi oggi può tornare ad abbassarli senza neppure dover riprendere gli acquisti di titoli, per sostenere la ripresa.

Che il vento sia se non mutato, almeno calato sembra essersi accorta anche Morgan Stanley: in una recente nota la banca d’affari americana, che in precedenza aveva detto di prevedere acquisti per 45 miliardi di euro al mese, ha ridotto la previsione a 30 miliardi aggiungendo che l’annuncio potrebbe essere rinviato. Altre banche d’affari come Goldman Sachs e Abn Amro, continuano invece a prevedere che alla fine il quantitative easing europeo riprenderà, ma nessuna sembra volersi sbilanciare troppo sui tempi.

Sullo sfondo oltre alle perplessità circa l’effettivo peso degli acquisti di titoli effettuati dalla Bce sull’andamento dei tassi di mercato, in particolare sul tratto a lungo della curva, restano i dubbi sull’effetto complessivo di misure che se da un lato hanno indubbiamente favorito aziende e famiglie che hanno cercato (e ottenuto) nuovi prestiti, aumentando però così il livello complessivo di indebitamento delle stesse, dall’altro hanno agito in buona misura come una patrimoniale occulta, ma non troppo, sul risparmio, offrendo rendimenti reali negativi persino a fronte di un’inflazione che resta ampiamente al di sotto degli obiettivi della stessa Bce.

 

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