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Economia
BlackRock aderisce alla finanza etica: stop investimenti in produttori d'armi

Basta investimenti in società coinvolte nel business delle armi: l’ultimo a decidere in tal senso è BlackRock, società di investimenti statunitense che gestisce oltre 6 .300 miliardi di dollari di patrimoni che ha deciso, dopo l’ennesimo massacro in una scuola statunitense, a Parlkand, in Florida (17 morti), che non solo cederà le partecipazioni in produttori di armi civili o militari presenti finora nei sui fondi,  come Sturm Ruger  & Co. (di cui il fondo possiede quasi il 17%) e American Outdoor Brands (l’ex Smith & Wesson, di cui possiede oltre l’11%), ma anche quelli in rivenditori come Wal Mart Stores (di cui ha in portafoglio il 2,16%) o Dick’s Sporting Goods (ne possiede circa il 6,5%), nonostante le due catene distributive abbiano già annunciato che non venderanno più pistole e fucili ai minori di 21 anni.

 

La decisione di BlackRock segue quella di altri grandi investitori, come il più grande fondo pensione olandese, Abp, che a inizio anno ha promesso di liberarsi di tutti i propri investimenti, stimati nell’ordine dei  3,3 miliardi di dollari (ossia meno dell’1% dei 400 miliardi di euro gestiti dal fondo pensione), nei colossi delle armi nucleari, oltre che del tabacco, entro la fine dell’anno. Lo scorso anno aveva fatto da battistrada il fondo sovrano norvegese (il Government Pension Fund of Norway, gestito da Norges Bank Investment Mangement), riducendo fortemente le proprie partecipazioni nei tre principali produttori di armi statunitensi, ossia American Outdoor Brands (di cui possedeva solo più lo 0,15% a fine anno), Dick’s Sporting Goods (scesa all’1%) e Vista Outdoor (0,7%).

 

Da notare tuttavia che mentre è possibile che tali partecipazioni siano state ulteriormente ridotte, non risulta al momento che il fondo sovrano norvegese abbia preso la decisione formale di non investire più nel settore delle armi civili, come invece ha già deciso di fare da anni per quanto riguarda le armi nucleari e le bombe a grappolo (oltre che il carbone e il tabacco). Prima ancora, nel 2011, aveva deciso di adottare i principi Esg (investimenti responsabili in termini ambientali, sociali e di governance, ndr) e pertanto di non investire più in produttori di armi il fondo pensione californiano Calpers, tra i primi 10 fondi pensione al mondo con oltre 348,5 miliardi di dollari di patrimonio.

 

Lo stesso fondo da quest’anno ha poi deciso di seguire gli ancora più rigidi criteri Sdgs (obiettivi di sviluppo sostenibile) dell’Onu, mentre il fronte “etico” antagonista della Nra (National rifle association, la potente lobby dei costruttori di armi americani) si è arricchito ulteriormente, con la First National Bank di Omaha che ha deciso di non emettere più carte di credito col marchio della stessa Nra, al pari di quanto deciso dal gruppo assicurativo MetLife, mentre Bank of America per ora ha promesso solo di “riesaminare” i rapporti con il “numero limitato” dei propri clienti “che producono armi d’assalto per uso non militare”. Un attivismo che si spiega non solo in termini di minore e maggiore “distanza politica” all’America pro-armi di Donald Trump, ma anche con la volontà di non trovarsi esposti nei confronti di gruppi sempre più a rischio di azioni risarcitorie.

 

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