Banche, l'ombra del downgrade in Borsa. In una settimana in fumo 8 miliardi
La politica entra a gambe tese sui mercati e nelle tasche degli investitori.Lo spread sale e i bond vigilantes si innervosiscono. Ko le quotazioni delle banche
di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni
Una serie di bozze di “contratti di governo” che hanno finora previsto misure il cui costo oscilla tra i 100 e i 125 miliardi di euro secondo l’Osservatorio conti pubblici italiani (Cpi) guidato dall’ex commissario alla spending review Mario Cottarelli, a fronte delle quali finora sono state indicate coperture certe per appena 500 milioni di euro impensieriscono i bond vigilantes e mandano al tappeto le quotazioni delle banche italiane, tra l’altro le più dipendenti tra tutte quelle europee dai rifinanziamenti elargiti in questi ultimi anni dalla Bce. Banche che hanno in pancia il 20% dei titoli del debito pubblico italiano.
A pesare è anzitutto il rischio di un downgrade del rating sovrano italiano che potrebbe significare, a cascata, un peggioramento anche del merito di credito dei vari istituti e dunque un costo del funding più elevato: se ieri il responsabile dei rating sovrani di Moody’s, Dietmar Hornung, aveva segnalato di stare monitorando gli sviluppi per valutarne l’impatto sulla sostenibilità del debito, oggi è stata Dbrs (che ha attualmente una valutazione “BBB” sull’Italia) a giudicare “inverosimili” le proposte fiscali emerse dalle bozze di contratto di governo, in quanto metterebbero a rischio il rapporto debito/Pil.
Così rispetto alla chiusura di venerdì scorso a Piazza Affari il comparto bancario ha finora bruciato circa 7,85 miliardi di euro di capitalizzazione, ossia in media circa il 6,4%. All’interno del settore c’è però chi è riuscito a contenere i danni, almeno percentualmente, e chi ha sofferto maggiormente. Intesa Sanpaolo, ad esempio, ha sì visto calare di oltre 2,2 miliardi la propria capitalizzazione, ma ha contenuto a meno del 4,5% il calo percentuale.
Al contratrio Mps (di cui il governo sembra voler ridefinire piano industriale e governance, non rispettando l'accordo con la Commissione di Bruxelles che prevede l'uscita dello Stato dalla banca una volta completato il piano di ristrutturazione) ha accusato il calo percentuale maggiore (-9,4%) pur perdendo “solo” 310 milioni di euro di capitalizzazione.
Un andamento che ha spinto anche i bancari dell'istituto senese a emettere una nota indirizzata a M5S e Lega per sottolineare che "fare dichiarazioni rispetto a futuri ipotetici scenari, a mercati aperti, ad una societa' quotata in borsa rischia di riversarsi negativamente sulle azioni".
Settimana da dimenticare anche per un colosso come Unicredit (3,39 miliardi bruciati, pari al 9,3%) e la piccola Banca Sistema (15 milioni in meno di capitalizzazione, che però significano il 9% in meno). Sono riusciti a contenere i danni meglio di tutti Banca Carige (15 milioni in meno di capitalizzazione, pari a un calo del 3,2%) e Banca Profilo (5 milioni in meno, ossia -4%), ma poteva andare peggio anche a Bper Banca (145 milioni in meno, -6,4%), Banca popolare Sondrio (115 milioni in meno, -7% circa), Mediobanca (580 milioni in meno, -7%) e Banca Intermobiliare (5 milioni in meno, -7,7%).
Non altrettanto sono riuscite a fare Banco Bpm (355 milioni in meno, -8,7%) e Credito Valtellinese (70 milioni in meno, pari però a quasi un 9% di calo). Considerando che mentre a Piazza Affari le banche battevano in ritirata lo spread tra Btp e Bund decennali è passato dall’1,323% di venerdì all’1,604% attorno a cui oscilla in queste ore e che il rendimento sui titoli italiani è in parallelo salito dall’1,885% al 2,22%, provocando un crollo delle quotazioni del Btp decennale benchmark (il febbraio 2028) da 101,17 a 98,25 (-2,88%), la gestione delle trattative Lega-M5S attorno al “contratto di governo” sembra essere stata una vera entrata a gamba tesa della politica sui mercati finanziari e dunque nelle tasche degli investitori, anche italiani.