Borsa, svanisce l'euforia pro-Brexit. L'Ue ora vittima di America First
Dopo la Cina, il Vecchio Continente nel mirino di Washington
Non c’è stata solo la gelata del tweet di Trump sull’accordo con la Cina dopo la grande euforia di ieri a raffreddare le Borse europee che finalmente dal suono della campanella di stamattina possono ragionare su uno scenario sulla Brexit più chiaro, ma anche anche i timori che l’”America First” trumpiano, dopo l’accordo con la Cina sulla fase uno, voglia dire Europa.
Il Vecchio Continente “ha barriere peggiori della Cina" aveva tuonato Donald Trump a inizio novembre prima di tornare a indirizzare poco tempo fa i suoi strali Oltreoceano verso Francia, Austria e Italia per l'introduzione della web tax che colpisce i giganti americani del tech.
A detta di alcuni analisti, gli operatori cominciano a temere che ora l'attenzione del presidente Usa potrebbe spostarsi verso l’Europa. E in ballo non ci sono i colossi automobilistici tedeschi, punta di diamante di Corporate Germania e motore economico dell’Eurozona, ma anche alcuni settori di punta dell’agroalimentare francese e italiano.
Dopo la promessa delle case automobilistiche tedesche di ingenti investimenti nei loro stabilimenti americani creando 25 mila nuovi posti di lavoro, il 13 novembre Trump ha prorogato di altri sei mesi la decisione sull’introduzione di tariffe del 25% sull’export di quattroruote Ue negli States, flussi che secondo il Dipartimento americano del Commercio, potrebbero mettere a rischio la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e minare “la superiorità tecnologica dell’automotive Usa nel lungo termine”.
Non è escluso quindi che nel 2020 prima dell’apertura della campagna elettorale, il tycoon newyorkese in cerca di una riconferma per il secondo mandato possa tornare a sventolare la minaccia dei dazi contro l’Europa per proteggere la manifattura americana. Risparmiati i vini, l'olio d'oliva, la pasta e le conserve, per l'Italia i prodotti osservati speciali inseriti nella black list del Dipartimento americano sono i formaggi pregiati come il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e il Pecorino, su cui scatterebbero dazi del 25%.
E ancora prosciutti, crostacei, molluschi, agrumi, succhi e liquori. Il conto per l'Italia dell'offensiva commerciale tariffaria di Trump, secondo stime di Ministero degli Esteri, varrebbe circa 480 milioni di euro, lo 0,9% dell'export made in Italy verso gli Stati Uniti. E a far riaprire il "file dazi Italia" nelle discussioni dello studio ovale potrebbe essere già il primo gennaio, quando entrerà in vigore la nuova web-tax che deve assicurare entrate per circa 400 milioni di euro.
@andreadeugeni
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