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Economia
Borse, preparatevi allo scoppio della bolla. Gli hedge fund cavalcano l'Orso

Wall Street ai massimi (+11% da inizio anno), Europa ed Asia in recupero, persino la piccola e fragile Italia che vede il Ftse Mib che da inizio anno guadagna oltre il 25%. Per i gestori dei fondi hedge, più “aggressivi” per definizione rispetto a case d’investimento “mainstream” come State Street, Vanguard o Pimco, la tentazione di scommettere sul futuro ribasso è sempre più forte.

Ray Dalio, fondatore e gestore di Bridgewater (il principale al mondo, con oltre 160 miliardi di dollari di patrimonio in gestione), ha ad esempio appena sottoscritto contratti di assicurazione per 1,5 miliardi di dollari per proteggere il portafoglio da 150 miliardi di dollari del fondo tramite “put option”, ossia opzioni di vendita a un prezzo prefissato ed entro una data certa, in questo caso fine marzo 2020. 

Come dire godetevi pure il rally di fine/inizio anno, ma state pronti a uscire rapidamente prima che i mercati inizino a tornare sui propri passi. Tutto tace, come sempre, in casa Renaissance Technologies, con 110 miliardi di dollari il secondo maggiore fondo hedge al mondo dopo Bridgewaters fondato nel 1982 dal genio matematico James Simons che negli ultimi 30 anni è riuscito a guadagnare in media il 66% all’anno. 

Simons segue una strategia basata esclusivamente su modelli matematici e non fa pubblicità alle sue decisioni d’investimento, che possono essere scoperte “ex post” solo grazie ai modelli 13F con cui a ogni fine trimestre i fondi comunicano alla Sec le avvenute variazioni del loro portafoglio. A fine settembre le prime 10 posizioni (tutti investimenti da 1 miliardo di dollari o più) erano state tutte incrementate e per scorgere qualche presa di profitto si doveva scendere alla tredicesima posizione (Starbucks).

Al contrario Carl Ichan, quinto più ricco gestore di fondi hedge al mondo, sta da tempo scommettendo contro i mercati ma finora la cosa non gli ha portato molta fortuna. Il suo fondo ha infatti perso nei primi nove mesi dell’anno il 15,6% e se i mercati continueranno a rimanere vicini ai loro massimi attuali rischia di perdere ulteriormente quota entro fine anno. Questo non ha scoraggiato il celebre investitore attivista, che oltre ad avere una posizione “corta” del 16% a inizio novembre ha poi piazzato un’ulteriore scommessa, da 400 milioni di dollari, contro la capacità delle grandi catene di centri commerciali di ripagare i propri debiti. 

La scommessa sembra favorita da due trend: da un lato i tassi in America stanno iniziando a risalire dopo aver toccato e mantenuto a lungo i loro minimi storici, dall’altro il numero di chiusure di centri commerciali negli Usa ha già superato le 4 mila unità rispetto alle poco meno di 1.700 chiusure dello scorso anno.

Scommesse negative ormai da mesi anche per un altro nome storico del settore degli hedge fund, Citadel (32 miliardi di dollari di masse gestite), che punta in particolare contro le banche europee, in previsione dei danni causati agli istituti da interessi che restano vicini ai minimi storici. Sulla sua scia si sono mossi anche altri hedge fund, tra cui Marshall Wace, che con oltre 27 miliardi in gestione è il quindicesimo maggior gestore al mondo.

Non sembra essere troppo positivo neppure Steven Cohen gestore miliardario (è anche proprietario della squadra di baseball dei New York Mets) cui fa capo Point72 Asset Management (oltre 75 miliardi di dollari) che in pochi giorni a inizio dicembre ha più che dimezzato la sua partecipazione in Metro Bank Plc passando dal 16,5% a solo il 6,5% pur rimanendone il principale socio-investitore. 

Vero è che sempre Cohen ha incrementato le esposizioni su Pioneer Natural Resources, Restaurant Brands International e US Foods Holding. Più che “orso”, Cohen sembra dunque impegnato in una classica rotazione di portafoglio su titoli e mercati. Chi invece sta diventando decisamente negativo è Asia Research & Capital Management, gestore di fondi hedge di Hong Kong che senza dare troppo nell’occhio in questi ultimi due anni ha accumulato posizioni “corte” sulla britannica Premier Oil, rendendo  noto solo a inizio dicembre che la posizione è nel frattempo lievitata a 132 milioni di sterline, equivalente ad una scommessa al ribasso sul 17% del capitale della compagnia petrolifera attiva nel Mare del Nord.

Battuti dai mercati “toro” e sempre meno amati dai grandi investitori, che li giudicano strumenti troppo volatili e costosi a fronte delle extraperformance che sono stati in grado di generare in confronto a Etf e fondi comuni “ordinari”, i gestori dei fondi hedge stanno solo cercando una rivincita confidando nelle consuete prese di beneficio di inizio anno e nelle incertezze che ancora permangono riguardo la Brexit e la conclusione dei colloqui commerciali tra Usa e Cina, o vedono una recessione in arrivo? Nei prossimi mesi la risposta e, soprattutto, l’esito della scommessa degli “orsi”.

Luca Spoldi

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