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Economia
Brexit, un'altra storia: l'analisi del libro di Bepi Pezzulli

Brexit, un'altra storia

La democrazia è nella sua qualità o non è.

E l’informazione è sostanza della democrazia.

L’attualità si fa presto storia data la velocità e l’ipertrofia delle vicende collettive. Per cui la conoscenza esatta dei fatti modifica instantaneamente  la storia : ai fatti le masse reagiscono in tempi rapidi quasi instantanei, e il corso delle cose cambia il corso delle vite

La Brexit è uno dei fatti collettivi che più si presta al criterio di verifica del rapporto storia-attualità, ossia di quale verità ci guidi nel capire la storia.

Per divenirne divenirne protagonisti o altrimenti subirne una narrazione strumentale ai pochi.

Nell’estate di quest’anno appare uno dei pochi libri capaci di dare una iniezione di adrenalina alle menti che vogliono dirsi attente e libere

Bepi Pezzulli ne è l’autore ma è una personalità su cui dovrebbero accendersi fari di un’attenzione importante, politica e mediatica.

In omaggio alla propria intellettualità definisce pensiero unico il mainstream sulla Brexit e giustamente ne prende le distanze.

Avvocato d’affari italo-britannico con partecipazioni in studi legali di altissimo livello in USA e UK nonché Advisor di diverse istituzioni finanziare ed economiche italiane, Pezzulli ha il coraggio di concepire, strutturare e lanciare un ‘idea provocatoria in una narrazione straordinariamente credibile, la Brexit è stata voluta e studiata dagli inglesi. E sarà un successo.

Per farlo parte da un punto: chi e cosa hanno determinato l’uscita dall’Unione europea?

Se il popolo britannico, attraverso il referendum, o piuttosto l’alleanza tra una frangia euroscettica ben posizionata nelle istituzioni britanniche preoccupata per la deriva pangermanica dell’Ue e gli hedge funds inglesi preoccupati per gli squilibri nel bilancio commerciale dell’Ue.

Esiste chiara l’evidenza che queste forze hanno cominciato a lavorare dietro le quinte molto prima della consultazione pubblica, con il preciso scopo di rilocalizzare l’economia britannica su finanza cinese e finanza islamica. Per perseguire la suggestione dell’Impero Britannico 2.0, l’U.K. ha intessuto importanti rapporti con due potenze asiatiche, la Cina e l’Arabia Saudita parallelamente alla Brexit. Pechino offre a Londra la possibilità di diventare il terminale Occidentale della Belt and Road Initiative (Bri) di Xi Jinping, e piantare così l’Union Jack sulla Nuova Via della Seta. In cambio, il renminbi è stato fatto entrare nel paniere delle monete di riserva del Fmi, grazie allo sviluppo di un pool di liquidità cinese sulla piazza finanziaria di Londra. Le garanzie sulle contrattazioni sono assicurate da un accordo tra banche centrali: Bank of England (Boe) e People’s Bank of China (Pboc). La China Construction Bank (Ccb), invece, gestisce la fase di liquidazione e regolamento delle transazioni denominate nella valuta cinese sul territorio britannico. Quanto all’Arabia Saudita, la posta in gioco è Aramco, la compagnia petrolifera di stato, da privatizzare nel 2019, subito dopo la Brexit, per finanziare la Visione 2030 di Mohammed Bin Salman.

Lo yuan è entrato nel paniere del FMI nel giorno del 67° anniversario della Rivoluzione cinese; la nomina di David Cameron a capo del fondo infrastrutturale Anglo-cinese è avvenuta nell’anniversario della Rivoluzione gloriosa che restaurò sul trono inglese Guglielmo III d’Orange. Londra è nota per scegliere date simboliche per segnalare il completo dominio dei processi. Non c’è stato nulla di casuale nella Brexit. Ma al contrario, una strategia precisa concepita nell’Ottobre del 2012.

La Brexit è stata una scelta al tempo stesso di riposizionamento e di maggiore autonomia e libertà. Il disegno, mai completamente abbandonato, di fare di Londra la nuova Singapore dell’Atlantico, rendendola così una sorta di zona franca per il transito dei grandi flussi d’investimento ha avuto un peso determinante nel leave. Del resto, l’unica reazione possibile alla crescente forza della Germania, sostenuta dal suo surplus commerciale e dall’asse con i francesi, era quello cercare nuovi sbocchi a livello globale, e riposizionarsi tra gli Usa ad Occidente e la Cina ad Oriente, recuperando un ruolo centrale nel commercio internazionale. Che piaccia o no, poi, l’irrigidimento delle regole europee su banche e investimenti è stata un’ulteriore spinta a lavorare per il distacco, pena il crollo della redditività degli operatori finanziari di tutto il mondo che hanno sede nella City.

Preso atto di tutto questo, l’Italia deve adoperarsi per trarne il miglior beneficio avviando nuovi rapporti bilaterali con il Regno Unito. Il nuovo governo avrà il compito di costruire questo ponte. E da come sarà capace di interpretare tale ruolo dipenderà un pezzo del futuro del paese.

Questo saggio racconta episodi inediti, cita testimonianze e ritrae i principali esponenti di quelle élite che hanno spinto verso la Brexit, a cominciare da Mark Wheatley, autore della prefazione, il quale siede nel Governo della City ed è un attore fondamentale nel dialogo anglo-italiano.  Fortemente consigliato

BEPI PEZZULLI

“L’altra Brexit. Geopolitica & Affari”.

Prefazione di Mark Wheatley.

I libri di Milano Finanza.

Milano, 2018. (170 pp.)

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