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Economia
Capolinea per La Perla, finisce in liquidazione la lingerie di alta gamma
Naomi Campbell

Capolinea per La Perla, la crisi è iniziata a giugno 2023 quando i sindacati hanno evidenziato la mancata attuazione degli investimenti promessi per rilanciare il brand 

Capolinea per La Perla, l’azienda bolognese, leader della lingerie di alta gamma. Maurizio Atzori, giudice delegato del tribunale di Bologna, ha infatti appena decretato la liquidazione giudiziale di La Perla Global Management Srl, nominando Luca Mandriola quale curatore e convocando i creditori il prossimo 22 maggio per l’esame dello stato passivo. Il tribunale felsineo, quindi, ha deciso per la misura più radicale e non per l’amministrazione straordinaria per la società che fa capo al fondo olandese Tennor del discusso finanziere tedesco Lars Windhorst, oramai fuori dai giochi almeno a livello giudiziario, pur avendo il controllo del 100% del capitale.

LEGGI ANCHE: Lingerie, svolta La Perla: arriva la nomina dei custodi. Marchio sequestrato

Peraltro Atzori lo scorso 15 gennaio aveva disposto l’estensione del sequestro del marchio a tutto l’asset societario di La Perla Management Uk, e nominato Luca Mandrioli e Andrea Monari custodi per la gestione della società. L’istanza era stata presentata dagli avvocati Bruno Laudi e Francesco Pizzuti per conto della Filtcem-Cgil e dei lavoratori de La Perla Management UK Ltd dopo l’invio dei liquidatori inglesi di una mail che annunciava l’intenzione di procedere alla liquidazione dell’asset e alla vendita del marchio “per realizzare la massima soddisfazione dei creditori ed escludendo quindi la continuità aziendale”.

Lo scoppio della crisi per il brand fondato nel 1954 da Ada Masotti e diventato, sotto il comando del figlio Alberto, il punto di riferimento mondiale della lingeria di fascia alta, risale a giugno scorso, quando fu evidenziata dai sindacati la mancata attuazione del piano di investimenti da 60-70 milioni di euro promesso da Windhorst per rilanciare l’azienda. Da allora, a fronte delle buone intenzioni rimaste sulla carta, la situazione è peggiorata dal punto di vista economico e finanziario e si è fatta più complessa anche da quello giudiziario, dapprima con la messa in liquidazione, con sentenza di un tribunale inglese, della società britannica del gruppo per il mancato pagamento di 2,8 milioni di sterline (pari a 3,2 milioni di euro al cambio di oggi) di imposte. Ed è stato, quello in Inghilterra, il primo episodio giudiziario prima del passaggio al tribunale del capoluogo emiliano per l’istanza di fallimento presentata da parte di un fornitore.

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