Carige, spunta il nome di Bper. Ecco chi ha aperto il dossier
Si stringe su Carige. In attesa del piano industriale che arriverà il 27 febbraio iniziano a circolare i primi nomi che hanno aperto il dossier
di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni
Il dossier Banca Carige inizia a scaldarsi: se il finanziere Raffaele Mincione, socio dell’istituto al 5,4% ha confermato le voci di “un paio di banche” che lo stanno guardando aggiungendo però di non conoscerne i nomi e mentre da Genova i rumors riportano l'interesse anche di fondi d'investimento (fra cui la vecchia conoscenza Apollo Global Management), in ambienti bancari gli occhi sono puntati su Banca Popolare dell'Emilia Romagna.
L’istituto emiliano, reduce dall’acquisto per 220 milioni di Unipol Banca, sembrerebbe ideale dal punto di vista della pressoché nulla territoriale delle reti di sportelli, ma l’amministratore delegato Alessandro Vandelli ha subito messo le mani avanti: “Un conto sono le sovrapposizioni in termini di rete e di società prodotto ed è probabilmente vero” che tra i due istituti ce ne sarebbero poche ha ammesso il manager, che però poi ha aggiunto: “Altro tema è invece vedere la fattibilità di un’eventuale operazione, che sarebbe tutt’altro paio di maniche”.
Per ora dunque il management di Bper Banca resta concentrato sulla definizione del nuovo piano industriale, “sul resto vedremo”, visto che occorrerà almeno fino a fine anno anche solo per portare a termine l’integrazione di Unipol Banca.
Se non è una ammissione d’interesse, non è neppure una smentita dell’ipotesi che Bper sia tra i soggetti che avranno accesso ad una data-room che fino a qualche giorno fa sembrava doversi chiudere entro la prima metà di aprile per dar modo di arrivare a un’offerta formale entro giugno, ma che le ultime voci diano in netto anticipo sui tempi, forse nel tentativo, sicuramente gradito al governo, di chiudere la vicenda prima delle elezioni europee del 26 maggio.
Alessandro Vandelli
Vista la lunga serie di “no grazie” giunta dai principali istituti italiani, a contendere a Vandelli la conquista di Banca Carige potrebbero eventualmente essere altri istituti o fondi esteri. Tra le banche sono circolati più volte i nomi di Credit Agricole (che in Italia già controlla Cariparma e Friuladria) e Bnp Paribas (a cui fa capo Bnl), ma i due nomi hanno lo svantaggio di essere francesi, il che di questi tempi non aiuta.
Difficile poi, ma non impossibile, che riesca a spuntarla un fondo come Apollo Management (che nel 2014 acquistò per 310 milioni le attività assicurative di Carige), almeno stando a Mincione secondo cui “difficilmente chi si presenta come fondo riesca ad estrarre un’operazione di buon senso”, mentre l’aggregazione con un altro istituto potrebbe generare buone sinergie tenuto conto anche dei crediti fiscali.
Pietro Modiano e Fabio Innocenzi
Crediti fiscali su cui aveva richiamato l’attenzione dei commissari straordinari anche il rappresentante dei 26mila piccoli azionisti di Banca Carige, Silvio De Fecondo, indicando come fossero quantificabili in due miliardi: “Un miliardo attribuibile a crediti fiscali che Carige non ha potuto esprimere in quanto non è ancora in utile”, ma in caso di fusione e aggregazione sarebbe in grado di fare, più “un altro miliardo che in caso di fusione e aggregazione potrà esprimere perché potrà adottare modelli che le permetteranno di valorizzare il patrimonio, cosa che ora non può fare”.
Chi di certo non ha fatto, finora, un buon affare sono quelle banche che hanno sottoscritto, tramite lo schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) 320 milioni di bond tier 2 emesso da Banca Carige a fine novembre per ripristinare i coefficienti patrimoniali ma subito svalutato in maniera significativa in bilancio (Bper stessa ha svalutato completamente la propria esposizione indiretta, pari a 27,9 milioni) con una tempestività che ha “sorpreso” Mincione.
Raffaele Mincione
D’altro canto anche un’integrazione con un’altra banca presenta difficoltà che andranno superate prima che la vicenda possa chiudersi con un lieto fine. Banca Carige è solvibile e nessuno può pensare di comprarla per un euro simbolico come fece Intesa Sanpaolo con Bpvi e Veneto Banca, tanto più che ha un azionista rilevante, il gruppo Malacalza (27,55% del capitale).
Morale: il prezzo (che a Piazza Affari resta “congelato” a 0,15 centesimi per azione per meno di 85 milioni di euro di capitalizzazione) a cui l’operazione potrebbe avvenire andrà comunque contrattato e sarà una trattativa agevole, il che giustifica ampiamente la cautela di Vandelli.
Luca Spoldi
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