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Economia
Cdp, supercedole alle Fondazioni. Malcontento M5S. Il cambio di mission

di Luca Spoldi
e Andrea Deugeni

La mission industriale di Cdp in salsa cinquestelle? Non è solo una questione di banca pubblica. O Meglio, è vero che il pallino dei movimento guidato da Luigi Di Maio è legato al fatto che a differenza della Germania non esiste una vera banca pubblica capace di fare da braccio armato di politica industriale allo Stato e di intervenire, sostenendolo, nel tessuto economico del Paese. Ma non c'è solo la nuova mission - passare cioè da un approccio finanziario ad uno maggiormente industriale nella gestione di Cdp e che il neo amministratore delegato Fabrizio Palermo, proiettato al vertice dell'istituzione dal M5S, è chiamato a mettere nero su bianco con il nuovo piano industriale in dirittura d'arrivo - alla base del cambio di rotta previsto per la Cassa nella fase del governo gialloverde.

Di Maio Conte ape

 

Secondo alcune fonti finanziarie attive nel mondo del private equity di alto livello, un altro piccolo fattore, di natura tecnica e che ha creato delle tensioni fra i pentastellati e le Fondazioni bancarie, è legato alla decisione, presa nel 2016 dal governo Renzi, di variare, incrementandola, la remunerazione che il Tesoro garantisce a Cdp sulle disponibilità liquide depositate sul conto corrente fruttifero n. 2981. Una decisione che ha fatto storcere il naso al M5S per il grosso flusso di risorse (che "cadono dal cielo" senza rischio) che il pubblico gira agli Enti, coinquilini della politica della potente istituzione di Via Goito e con cui, a giudicare dai rumors che rimbalzano nel Palazzo, non corre buon sangue.

giuseppe guzzetti
 

Col decreto legge 2016/18 (concernente la riforma delle banche di credito cooperativo, oltre che la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio) venne infatti introdotta la possibilità per il ministero dell’Economia di adeguare con decreto di natura non regolamentata il tasso di remunerazione di detto conto di tesoreria, denominato “Cdp Spa - gestione separata”.

In teoria la finalità era di adeguare la remunerazione “ai livelli di mercato, in relazione all’effettiva durata finanziaria delle giacenze del conto medesimo, tenendo conto altresì del costo effettivo delle passività che lo alimentano” (la raccolta di risparmio che Cdp fa attraverso gli sportelli di Poste Italiane). In pratica su quasi 149,1 miliardi di liquidità presente sul conto a fine 2017, in crescita rispetto ai 147,85 miliardi di fine 2016, Cdp ottiene una remunerazione semestrale variabile pari alla media ponderata dei rendimenti dei Bot a 6 mesi (20% di ponderazione) e dei Btp a 10 anni (80% di ponderazione).

CDP
 

Questo signfica, secondo i dati pubblicati dal ministero stesso, che a fronte di un rendimento medio dei Bot a 6 mesi pari allo a-0,347% e dei Btp a 10 anni pari al 2,14%, il Tesoro ha remunerato le somme della gestione separata di Cdp l’1,6424%, ossia circa 2,45 miliardi a fronte di un utile d’esercizio 2017 di 2,3 miliardi della stessa Cdp Spa (4,462 miliardi l'utile netto consolidato del Gruppo Cdp), distribuito sotto forma di dividendo agli azionisti per un totale di 1,345 miliardi. Un risultato del tutto analogo si era già visto nel 2016, con 1,7 miliardi di utili a fronte di una cifra pressochè analoga girata come interessi sulla liquidità.

Ora: se Cdp fosse interamente posseduta dal Tesoro si tratterebbe solo di partite di giro, “artifici contabili” utili ad abbellire, se necessario, i conti pubblici italiani. Ma tra i soci di Cdp, col 15,93%, vi sono 61 fondazioni bancarie di cui quattro sopra l’1%: Fondazione di Sardegna (azionista di Bper, socia di Cdp all’1,67%), Compagnia San Paolo (azionista di Intesa Sanpaolo, socia Cdp all’1,609%), Fondazione Cariplo (azionista sempre di Intesa Sanpaolo, socia Cdp all’1,558%) e Fondazione CRT (azionista di Unicredit, socia Cdp all’1,5%).

(Segue...)

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