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Economia
Cdp, parte il riassetto renziano. Miccichè al posto di Costamagna. I rumors

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

La campagna elettorale è già partita. L'uscita di Matteo Renzi sull'Europa, fino ad oggi uno dei tasti dolenti (assieme all'immigrazione) dei sondaggi che vedono il Pd in sofferenza, non è soltanto uno sguainare la spada da parte dell'ex premier di fronte agli annunci belligeranti di Beppe Grillo sulle Regionali del 5 novembre in Sicilia (primo vero banco di prova dei partiti prima delle Politiche del 2018) e allo scatto in avanti di un galvanizzato Silvio Berlusconi (alla ricerca di un difficile accordo di governo con la Lega) dopo il voto delle ultime Amministrative. 

guzzetti bazoli ape
 

Chiedere a Bruxelles di ritornare per 5 anni ai parametri di Maastricht, con un deficit/Pil al 2,9%, liberando almeno 30 miliardi per i prossimi 5 anni significa anticipare il cuore del motore di quella che potrebbe essere, nella testa di Renzi, la prossima azione di governo. Un'azione che nei desiderata dell'ex inquilino di Palazzo Chigi intende riprendere il filo del discorso lì dove si era interrotto (a dicembre del 2016 con le dimissioni post-referendum) e finanziare la sforbiciata da 45 miliardi (in un triennio) alla pressione fiscale, annunciata a settembre 2015, che avrebbe dovuto rimettere in moto stabilmente la crescita italiana.  

Sul piano della crescita, c'è un'altra incompiuta che Renzi ha a cuore e che rappresenta l'altra gamba della politica economica che mira a imprimere un'accelerazione al Pil e a sottrarre il Paese al ricatto del debito. Ed è il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti che l'ex premier vorrebbe, e questo non è un mistero, simile alla Kwb tedesca. Una Cdp in salsa teutonica, cioè, più simile a una banca di Stato. Vero motore della crescita che finanzia l'aumento delle dimensioni e l'internazionalizzazione delle aziende tricolori, crea campioni nazionali e impiega il risparmio postale degli italiani in operazioni di sistema. Senza andare a bussare la porta alle varie Jp Morgan o Mittal, salvatori stranieri, di turno.

conferenza dimissioni renzi (6)
 

Il pensionamento a giugno 2015 di Franco Bassanini e di Giovanni Gorno Tempini per far insediare i più dinamici guzzettiani Fabio Gallia e Giuseppe Costamagna è figlio, spiega chi segue da vicino le vicende del colosso finanziario di via Goito controllato all'84% dal Tesoro e per un altro 16% dalle fondazioni italiane di origine bancaria, proprio di questa logica. Una mission che però è rimasta un po' incompiuta per il sorgere a inizio 2016 delle grane bancarie che, fra non performing loan, Mps e banche venete, hanno costretto Cdp agli straordinari per tirare via le castagne dal fuoco al Tesoro. 

Ora, con le elezioni alle porte e in vista dell'arrivo di un nuovo governo, pare che il grande riassetto di Cdp per assegnarle una concreta operatività di politica industriale sia già partito.

Lo dimostrano le grandi manovre per creare il terzo polo italiano dell'asset management in cui Cdp, con Poste e Banco Bpm, mira a tutelare la grande risorsa del nostro Paese. Ovvero quel risparmio da gestire con finalità tricolori che, già lo scorso anno con l'acquisizione di Pioneer da parte di Amundi, ha lasciato oltre 140 miliardi nelle mani dei francesi. E' importante, invece, che la regia degli impieghi resti in Italia. Ed è altrettanto importante, sono sempre i piani del riassetto, che tutte le Sgr della Galassia Cdp (a cominciare da Cdp equity, quell'ex IQ made in Italy venture fatta in jv con i petrodollari del Qatar) siano operative ed efficaci veicoli di mercato. La berlinese Kwb insegna. 

gaetano miccichè
 

Pare però che il vento di cambiamento che soffia in Via Goito non faccia dormire sonni tranquilli all'attuale amministratore delegato Fabio Gallia. Non soltanto perché sembra che la coppia di vertice Gallia-Costamagna debba ora fronteggiare le ire del presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, prima vecchio sponsor e alleato e che sta chiedendo conto della disastrosa partita di Atlante: per la propria raccolta, infatti, il fondo gestito da Questio Sgr di Alessandro Penati ha bussato alla porta anche delle fondazioni italiane, finendo però per azzerarne gli investimenti.

Gallia non dorme sonni tranquilli anche perché in via Goito c'è aria di riassetto pure nelle poltrone.

A differenza di Costamagna, banchiere ormai maturo conosciutissimo dai grandi fondi anglosassoni, il cui nome in passato è circolato in quasi tutti i dossier per andare a guidare i grandi gruppi finanziari italiani e che non è interessato a una riconferma (ha una sua profittevole società di consulenza, AdviseOnly), Gallia invece è nel pieno della propria carriera. 

Ex Bnl che qualcuno  fra gli azionisti di UniCredit voleva anche alla guida del gruppo per sostituire il dimissionario Federico Ghizzoni, per Gallia il ruolo di amministratore delegato in Cdp ha rappresentato il primo grande incarico al di fuori una media banca retail. Un'occasione da non sprecare che può rappresentare un trampolino di lancio per altri palcoscenici.

E così, se Costamagna tornerebbe volentieri a fare consulenza da vecchio saggio della finanza, il banchiere alessandrino invece reclamerebbe un ruolo nella prossima infornata di nomine pubbliche. 

marco morelli
 

E dove, se non in Mps, che a trazione pubblica vedrà l'addio del presidente Alessandro Falciai? Certo, restano degli interrogativi sull'eventuale convivenza con l'operativo Marco Morelli che Andrea Guerra, nella precedente versione di consulente economico di Palazzo Chigi voleva direttore generale al posto di quel Vincenzo La Via (di nomina lettiana), dirigente che di lì a qualche mese sarebbe finito sul bancone degli imputati per il processo sui derivati del Tesoro.  

Morelli a Siena deve appena dimostrare tutto il suo valore riportando in Borsa e alla redditività la banca più antica del mondo (ci sono pure i soldi dei contribuenti da far fruttare) e Gallia avrebbe soltanto un ruolo di rappresentanza.

Accetterà? Chissà che non decida di ritornare in Bnl, come presidente però, dove Luigi Abete, a capo della banca finita sotto le insegne dei francesi di Bnp-Paribas, sta per terminare l'ultimo anno dei suoi innumerevoli mandati. E questo, dice chi segue da vicino il complesso risiko bancario, è sicuramente quello finale.       

abete
 

Per il posto di Costamagna, invece, pare s'offra il presidente di Banca Imi Gaetano Miccichè. Secondo i rumor che circolano nella City milanese, sembra che l'esperto banchiere si senta un po' stretto nel ruolo dopo la nomina del giovane e promettente Mauro Micillo ad amministratore delegato della banca d'investimento e braccio corporate di Intesa-Sanpaolo.

Quello di Miccichè, dopotutto, è un curriculum blasonato che calza a pennello per la nuova mission che Renzi ha in testa per Cdp.

C'è di più: pare che il presidente di Banca Imi, proprio per aver curato piccole partite ma molto delicate dal punto di vista politico come il riassetto del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore, goda di una certa considerazione presso l'entourage renziano. Con Miccichè al posto di Costamagna il riassetto della nuova banca di Stato avrebbe messo in ordine tutti i tasselli.

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