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Economia
Ceta, la battaglia miope della Lega. L'export corre. Anche per i formaggi
Roberto Maroni, Attilio Fontana, Matteo Salvini e Paolo Grimoldi

La Lega torna all’attacco sul Ceta, (Comprehensive economic and trade agreement), un trattato internazionale di ampio respiro tra Canada e Unione europea che prevede, accanto ad altre forme di cooperazione, un accordo commerciale di libero scambio. Il trattato, in vigore in forma provvisoria, il 21 settembre 2017, è in attesa della successiva fase di ratifica da parte degli Stati membri della Ue, ma sta creando qualche mal di pancia ai produttori italiani di merci di qualità come il Parmiggiano, formaggio che subisce la concorrenza di prodotti di Italian sounding.

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Incurante dei benefici complessivi per tutto l’agroalimentare italiano (l’export verso il Canada è in costante crescita e sfiora gli 850 milioni di euro di valore) e per tutti gli altri settori merceologici a livello europeo (+15% le esportazioni nel 2018, con un guadagno di 5,3 miliardi di euro di valore rispetto alla media dei tre anni precedenti; tra i settori più favoriti farmaceutico, macchinari, auto e nell’agroalimentare boom di oltre il 30% dei formaggi), il Carroccio in ottica elettorale sovranista cavalca alcuni dati parziali per demolire l’impatto complessivo dell’abbattimento dei dazi doganali a livello comunitario con il Canada, in un momento in cui la politica “muscolare” di Trump ha innescato la frenata della crescita economica a livello mondiale. Una frenata sotto gli occhi fi tutti (chiedere alla Germania e al manifatturiero italiano).

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Paolo Grimoldi

“A due anni esatti di distanza dall’entrata in vigore a livello europeo, a titolo provvisorio, del Ceta, secondo un’analisi di Coldiretti le nostre esportazioni nel mercato canadese di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, due eccellenze della Pianura Padana e portabandiera del Made in Italy nel mondo, sono crollate del 32%, come era prevedibile e come temevano i nostri produttori in quanto accordi di libero scambio fatti in questo modo favoriscono l'aumento del falso Made in Italy danneggi il nostro export e quindi i nostri agricoltori. Questo crollo del nostro export rappresenta un danno enorme per i nostri produttori, agricoltori e allevatori e si traduce anche in una perdita di posti di lavoro”, tuona Paolo Grimoldi, deputato della Lega e componente della Commissione Esteri della Camera.

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Che prosegue, dimostrando di non conoscere come funzionano gli atti comunari (l'accordo è in vigore in forma provvisoria): “L’Italia sta applicando il Ceta senza che il Parlamento italiano lo abbia ancora ratificato, anche se  il ministro dell’Agricoltura, la Bellanova, sostiene che l’accordo è già in vigore. Non è così e voglio proprio vedere, se e quando la ratifica del Ceta approderà in Parlamento, chi e con che faccia voterà per questo trattato tafazzista, che sta già ammazzando il nostro agro alimentare: chi lo voterà dovrà poi risponderne ai nostri produttori, allevatori e agricoltori”.



Ovviamente, oltre a non elencare i benefici a livello macroeconomico per tutto il Paese che discendono dal Ceta, Grimoldi dimentica, o meglio non dice che è partito un dibattito per modificare l’accordo esistente per la parte agricola: una sorta di Ceta 2, una sorta di allegato al Ceta, da negoziare con il Canada ed esplicitamente rivolto a tenere meglio conto delle esigenze e della distintività di ampie realtà dell’agricoltura europea. In modo, da non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca. Che sarebbe l’effetto della battaglia poco lungimirante della Lega.

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