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Economia
Cina, Pil 2019 in rialzo del 6,1%. Dazi e domanda interna presentano il conto

La debolezza della domanda interna e gli oltre due anni di guerra commerciale con gli Stati Uniti presentano il conto alla Cina: la secondo economia mondiale infatti è crescita nel 2019 del 6,1%, un dato che conferma il rallentamento in atto e che prosegue dal 2018 quando l’espansione era stata del 6,8%, inferiore rispetto alla media degli ultimi 10 anni. Il tasso di crescita, che comunque si situa dentro il range stimato dal governo di Pechino che per quest’anno aveva previsto un'aumento del prodotto interno lordo tra il 6% e il 6,5%, è il più basso degli ultimi 30 anni. 

Il responso dell’Ufficio nazionale di Statistica giunge a poche ore dalla firma dell'accordo di fase uno sul commercio con gli Usa di Donald Trump, intesa che ha determinato una tregua nella disputa tariffaria tra le due grandi economie: da Washington, dov’era in missione per la sigla dell’accordo, il vice primo ministro cinese, Liu He, aveva previsto una crescita cinese superiore al 6%. 

"Dobbiamo anche essere consapevoli che la crescita economica e commerciale globale sta rallentando", ha spiegato in conferenza stampa Il commissario dell'Istituto nazionale di statistica Ning Jizhe. Il dato complessivo del 2019 si è potuto giovare di una certa vivacità della produzione industriale che a fine anno ha accelerato rispetto ai mesi precedenti. 

Nel mese di dicembre, infatti, l'apporto delle grandi imprese con un fatturato annuo di almeno 2,8 milioni di dollari ha battuto le attese di un rialzo del 5,9% ed è avanzato ulteriormente rispetto al +6,2% di novembre, facendo salire la produzione del 6,9% finale.  Dall'inizio dell'anno sino a dicembre, il trend del dato è stato di una crescita del 5,7% su base annua, meglio del +5,6% atteso e del +5,6% del periodo gennaio-novembre del 2019. 

Le Borse asiatiche hanno accusato il colpo, anche perché sullo sfondo restano le incertezze sui futuri rapporti tra Usa e Cina sul fronte commerciale. Deboli infatti i listini cinesi di Shanghai (+0,05%) e Shenzhen (-0,3%) che viaggia in calo. Sotto la parità anche Hong Kong (-0,03%) mentre sono in lieve rialzo Seul e Mumbai (+0,1%). Il listino di Tokyo invece ha chiuso in rialzo (+0,45%), con il Nikkei che è tornato sopra la soglia dei 24 mila punti, grazie ai nuovi massimi di Wall Street, e la debolezza dello yen, dando slancio ai titoli che più dipendono dall'export. Sul mercato valutario la divisa nipponica si è assestata ai minimi in 8 mesi sul dollaro, trattando a 101,20, e a 122,67 sull'euro.

Intanto, Bruxelles promette battaglia all'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel caso in cui l'accordo commerciale Cina-Usa creerà "distorsioni" nel mercato che danneggino le società del Vecchio Continente. L'ambasciatore europeo a Pechino, Nicolas Chapuis ha infatti assicurato che l'Ue "monitorerà l'attuazione" della fase uno del'accordo che firmato mercoledì dal presidente americano e da Liu He.

"A nostro avviso, gli obiettivi quantitativi non sono compatibili se provocano distorsioni negli scambi commerciali. Se così fosse, andremo al Wto per risolvere la questione", ha avvertito Chapuis che ha anche precisato che durante una riunione al ministero degli Esteri cinese gli sono state comunque fornite "assicurazioni formali sul fatto che il business europeo non subirà alcun danno dall'accordo Cina-Usa".

 

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