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Economia
Cina e Usa tra microchip e rinnovabili: una guerra fredda tecnologica

Microchip e sostenibilità: la rivalità tra Cina e USA nella nuova era tecnologica

La prima sessione settimanale sui mercati Usa ha mostrato un approccio cauto da parte degli operatori, con volumi di scambio al di sotto della media. Questo atteggiamento riflette una pausa di riflessione in attesa di sviluppi su inflazione, le dichiarazioni previste dai funzionari della Federal Reserve e l'avvio della stagione degli utili. Gli investitori hanno scelto di non impegnarsi attivamente, optando per una posizione di osservazione. Questa cautela non sorprende, considerando il robusto rally che ha caratterizzato i mercati dall'inizio dell'anno, senza significativi movimenti di correzione.

Le aspettative di inflazione a breve termine, secondo quanto riportato dalla Federal Reserve di New York, sono rimaste stabili per il terzo mese consecutivo, benché si sia registrato un aumento nelle previsioni a tre anni. Questi dati, insieme ai commenti di Austan Goolsbee, presidente della Fed di Chicago, che ha riconosciuto la forza dell'economia americana alla luce degli ultimi dati sull'occupazione, sembrano non aver inciso più di tanto sul sentiment degli investitori. Goolsbee ha anche evidenziato come l'inflazione persistente nei servizi abitativi rappresenti la prima minaccia per il panorama inflazionistico, sottolineando le sfide da affrontare nel riportare l'inflazione al target del 2% della Fed e quindi avvertito dei rischi di mantenere una politica troppo restrittiva per un periodo prolungato.

Nel frattempo, il mercato obbligazionario continua a esercitare pressioni sugli investitori. I rendimenti dei titoli decennali statunitensi hanno toccato i massimi dall'inizio dell'anno, riflettendo l'adeguamento dei mercati all'idea che i tassi d'interesse potrebbero rimanere elevati per un periodo più esteso. L'indicatore FedWatch del CME Group mostra che i trader attribuiscono una certezza del 100% al mantenimento dello status quo nella prossima riunione del FOMC del 1° maggio, ma hanno anche ridotto al 51% la probabilità di un taglio dei tassi di un quarto di punto a giugno, in calo rispetto al 61% della settimana precedente.

Il prezzo del petrolio rimane un punto focale critico per gli investitori, sensibili alle sue oscillazioni data l'importante impatto sull'economia globale e sui mercati finanziari. L'aumento quasi del 21% dei futures del greggio dall'inizio dell'anno ha innescato un cambio di prospettiva, sfidando la narrazione di una diminuzione dell'inflazione e spingendo le aspettative verso scenari più complessi. Questo rialzo ha infatti contribuito a ravvivare le preoccupazioni inflazionistiche, in un momento in cui il mercato sperava in segnali di stabilizzazione.

I movimenti recenti del prezzo del petrolio sono spesso interpretati attraverso il prisma delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente. Nonostante un incremento moderato del 6% dal 7 ottobre, il mercato del petrolio ha mostrato una volatilità notevole, con flessioni che hanno raggiunto anche il -16% in tale periodo. In questo scenario complesso, una possibile escalation delle tensioni in Medio Oriente potrebbe ulteriormente compromettere un contesto già teso, accentuando i rischi per l'economia globale. Tuttavia, allo stesso tempo, l'andamento dell'economia, che continua a mostrare segnali di resilienza contro le previsioni di un "soft landing", supporta un contesto in cui il prezzo del petrolio rimane elevato. Chi beneficia di tale situazione è certamente Riyad. Per l'Arabia Saudita, l'attuale livello dei prezzi del petrolio rappresenta una ragione di soddisfazione, consentendo al paese di superare ampiamente il proprio punto di pareggio fiscale.

Restando in ambito geopolitico, la posizione espressa dal Segretario al tesoro Janet Yellen durante il suo discorso in Cina segna un capitolo importante nel dialogo geopolitico ed economico tra Stati Uniti e Cina, soprattutto nel contesto della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile. La preoccupazione degli Stati Uniti riguardo ai sostanziosi sussidi cinesi nel settore della tecnologia verde, inclusi i pannelli solari e i veicoli elettrici, riflette la complessità delle dinamiche di mercato globale e l'intensità della competizione nel settore delle energie rinnovabili. La Yellen ha chiarito che, di fronte a questa situazione, gli Stati Uniti non escluderebbero l'adozione di tariffe come misura di risposta. Questa dichiarazione sottolinea la volontà dell'amministrazione americana di affrontare quello che percepisce come un campo di gioco non equo, causato da politiche di sostegno economico che potrebbero distorcere il mercato a favore delle imprese cinesi. Rischio invasione auto cinesi che da timore diventa sempre più realtà nelle preoccupazioni americane (ed europee).

Questo contesto si inserisce in un panorama più ampio di "guerra fredda tecnologica", dove il settore dei microchip diventa un terreno di confronto chiave tra le due potenze. I chip sono essenziali non solo per lo sviluppo dell'intelligenza artificiale e delle tecnologie consumer, ma rivestono un ruolo cruciale nella supremazia militare. In questo scenario, il sostegno degli Stati Uniti a Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), con l'obiettivo di potenziare la produzione di semiconduttori sul suolo americano, evidenzia l'importanza strategica di questa industria. L'investimento significativo da parte dell'amministrazione Biden in TSMC, con 6,6 miliardi di dollari in sovvenzioni e 5 miliardi di dollari in prestiti per espandere la produzione di chip in Arizona, rappresenta un passo decisivo verso il rafforzamento delle capacità produttive americane in un settore chiave.  

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Attenzione, infine, alle speculazioni sullo Yen. La situazione attuale della valuta giapponese, che ha registrato una debolezza significativa rispetto al dollaro americano, rappresenta un altro capitolo nella storia delle tensioni valutarie globali. Con il cross USD/JPY che si avvicina nuovamente al livello critico di 152, le dichiarazioni del ministro delle Finanze giapponese Suzuki segnalano un'attenzione crescente da parte delle autorità giapponesi verso movimenti di valuta che potrebbero essere considerati eccessivi o destabilizzanti per l'economia nazionale. La potenziale azione da parte del Giappone contro la debolezza dello yen non sarebbe senza precedenti. Il Ministero delle Finanze ha già dimostrato la propria volontà di intervenire sui mercati valutari in momenti chiave, come dimostrato dagli interventi per sostenere lo yen nel settembre e ottobre del 2022, quando la valuta aveva raggiunto livelli simili a quelli attuali. L'avvertimento del ministro Suzuki è quindi un segnale chiaro ai mercati sul fatto che il Giappone sta monitorando attentamente la situazione e non esiterà a intervenire se necessario.

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