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Economia
Confindustria, Boccia lancia un piano da 250 miliardi. Proposta per i partiti

Un piano di cinque anni, la durata di una legislatura, per creare 1,8 milioni di posti di lavoro, una riduzione di più di 20 punti del rapporto tra debito pubblico e Pil, una crescita del prodotto interno lordo reale vicino a 12 punti percentuali e una crescita dell'export consistentemente superiore alla domanda mondiale. E' quanto propone Confindustria nel documento finale delle Assise generali, appuntamento voluto da Vincenzo Boccia, presidente dell'associazione dell'Aquilotto e che ha coinvolto circa 7 mila imprenditori accreditati. Lavori che hanno puntato su tre temi centrali: lavoro, crescita e riduzione del debito pubblico.

L'associazione degli imprenditori ritiene che questi obiettivi possano essere raggiunti attraverso l'impiego e il reperimento in cinque anni di 250 miliardi di euro. La precondizione è che non si smontino "riforme fondamentali" e se si attua "un programma di medio termine basato su modernizzazione, semplificazione ed efficienza".

La proposta per il dibattito elettorale del 4 marzo, racchiusa nelle 28 pagine del documento finale, si fonda su "tre missioni Paese con effetti quantificati sull'economia reale, tre attori principali e sei assi prioritari di intervento". Secondo l'associazione degli imprenditori gli attori di questo processo sono "le imprese, l'Europa, la politica nazionale". Per Confindustria bisogna agire su "sei assi prioritari: Italia più semplice ed efficiente; prepararsi al futuro; un Paese sostenibile; l'impresa che cambia e si muove nel mondo, fisco a supporto di investimenti e crescita; Europa miglior luogo per fare impresa".

Nel dettaglio, le tre missioni-Paese sono "un'Italia che include, attraverso la creazione di opportunita' di lavoro, soprattutto per i giovani; un'Italia che cresce, di piu' e in modo costante; un'Italia che rassicura, con il graduale rientro del debito pubblico". Le azioni da mettere in campo - da parte sono "molteplici" e "dovranno svilupparsi su sei assi prioritari di intervento". Il primo asse vede "una Italia piu' semplice ed efficiente; con rinnovata attenzione ai tempi di realizzazione delle cose che si decidono di fare", snellendo la burocrazia, semplificando i processi decisionali, migliorando i tempi della giustizia e le infrastrutture con uno Stato che passa da "mero erogatore di servizi a uno Stato promotore di iniziative di politica economica".

Il secondo asse e' "la preparazione al futuro attraverso scuola, formazione e inclusione giovani per un piu' facile ingresso al mondo del lavoro". Il terzo e' relativo alla sostenibilita' attraverso "investimenti assicurazione sul futuro nell'ottica di avere un Paese piu' competitivo e meglio connesso al suo interno e verso l'esterno", puntando quindi sulle infrastrutture in quanto "la dotazione infrastrutturale non e' solo precondizione per la crescita ma svolge anche un ruolo sociale come forte elemento di inclusione". Il quarto punto riguarda le imprese in particolare, che devono accettare "di aprire il capitale, di assumere competenze innovative, di diventare eccellenti in ogni funzione aziendale" e di "affacciarsi su nuovi mercati" e in questo quadro "spetta alla politica spetta individuare meccanismi di accelerazione dei cambiamenti e incentivarli e premiare le imprese virtuosi". Il quinto asse e' relativo al fisco, che deve essere di "supporto agli investimenti e alla crescita e premiare le imprese che investono, assumono e innovano", ribadendo l'importanza di un "totale azzeramento degli oneri per i tre anni per i giovani al primo impiego".

Infine, il terzo asse riguarda l'Europa, che e' "il miglior luogo per fare impresa" e deve porsi come "istituzione che semplifica la vita dei cittadini supportando lo sviluppo della conoscenza, della ricerca e dell'innovazione". In questo quadro la richiesta all'Europa "di emettere eurobond finalizzati al finanziamento di progetti comuni e dunque a vantaggio di tutti i Paesi dell'Unione ai fini di una maggiore integrazione", una Europa "che sia capace di imporre misure correttive nel caso ci siano scostamenti consistenti dagli obiettivi concordati". Gli effetti sull'economia nel piano di Confindustria sono "stati stimati assumendo che non vengano toccati gli assi portanti di alcune riforme degli anni passati (Jobs Act, riforma Fornero ad esempio) e che le misure proposte inizino a essere implementate gia' dal primo anno in modo da aumentare la competitivita' ed efficienza delle imprese e della pubblica amministrazione, nonche' la dotazione in termini di infrastrutture, qualita' del capitale umano, di ricerca e innovazione".

In particolare, "sulla base delle stime, si potrebbero avere in cinque anni 1,8 milioni di occupati in piu', di cui piu' di 800mila come effetto delle proposte di Confindustria" e questo "porterebbe il tasso di occupazione al 63% contro il 60,9% atteso in mancanza delle misure indicate". Per Confindustria, "l'aumento dell'occupazione sarebbe determinato dalla crescita del Pil reale di piu' del 2% all'anno, piu' che raddoppiando il tasso di crescita a politiche invariate dal terzo anno in poi". Nel complesso, quindi, come detto, "il valore cumulato del Pil che si aggiungerebbe rispetto allo scenario base sarebbe di 5,2 punti, circa 90 miliardi di euro di maggiore Pil". Una maggiore occupazione e una crescita del Pil "inciderebbero favorevolmente sui conti pubblici e in particolare sul rapporto debito/Pil". Di conseguenza, "alla fine del periodo, il rapporto debito/Pil scenderebbe di piu' di 21 punti, dall'attuale 131,6% al 110,5%. Rispetto allo scenario a politiche invariate si tratta di oltre 14 punti di Pil di minor debito, 170 miliardi di euro". Infine, "la maggiore competitivita' delle imprese italiane, acquisita grazie agli interventi proposti, spingerebbe ulteriormente l'export, ovviamente assumendo un quadro geopolitico stabile" e la stima di Confindustria "e' che la quota di export sul Pil potrebbe passare dal 31,7% al 34,8% in cinque anni".

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