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Economia
Confindustria, il bilancio con molte ombre della presidenza Bonomi

Confindustria, il bilancio della presidenza di Bonomi

Felix The Cat
 

“In questi anni non mi sono annoiato” ha dichiarato il presidente uscente di Confindustria Carlo Bonomi. “Sono stato eletto in pieno Covid, ho avuto il problema dello shock delle materie prime, c’è stato lo shock energetico, la guerra russo-ucraina, la più grande siccità da settant’anni, le alluvioni, 24 ore di colpo di stato in Russia e potrei andare avanti con un lungo elenco ovviamente” ha poi aggiunto la settimana scorsa. E per carità, nessuno vuole togliere all’ex presidente di Assolombarda di aver condotto l’associazione di Viale dell’Astronomia durante un quadriennio che ha avuto una concentrazione di eventi potenzialmente devastanti che raramente si era vista nella storia recente dell’intero pianeta.

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Solo che i meriti che lo stesso Bonomi intesta a Confindustria (e quindi a se stesso) sono scarsini: ricorda con piacere le migliaia di aziende che si sono prestate come hub vaccinali o che hanno riconvertito la produzione per realizzare dispositivi medici. Se ne va dalla guida di Viale dell’Astronomia con qualche polemica, parlando di un “Paese che non ci ama quanto noi lo amiamo”. Ma senza mai un moto di autocritica. Ad esempio, per parlare di una Confindustria ridotta ai minimi termini, fuori da ogni partita importante, condannata a essere uno sparring partner di governo e sindacati che continuano, indisturbati, a giocare la partita da soli.

I grandi temi? La sensazione è che anche in questo caso Confindustria non sia stata granché coinvolta. Ad esempio nel caso del salario minimo, argomento che ha appassionato la politica quest’estate, Bonomi ha detto cose un po’ vaghe e perfino inesatte. Dice bene quando sostiene che già una quota consistente di imprese paga più di un eventuale minimo stabilito per legge. Ma dimentica due cose: il primo è che si pensa anche a quell’enorme sottobosco che risponde al nome di lavoro nero e che contribuisce a creare quel buco da 180 miliardi all’anno che è l’evasione. La seconda è che gli stipendi in Italia sono sostanzialmente fermi al palo da 30 anni a questa parte e che mai come ora, con l’inflazione che morde, sarebbe il caso di trovare soluzioni per pagare meglio i lavoratori.

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Non ha condotto, neanche, una grande battaglia per un lavoro sicuro. Mentre in Italia si contano sempre più morti nei cantieri o nelle fabbriche, dalla Confindustria di Bonomi non è arrivato un fiato, se non una dichiarazione che avrebbe fatto impallidire Monsieur de Lapalisse. L’assunto è il seguente: per evitare i morti sul lavoro serve la prevenzione. Grazie. Ma quanto sono disposte a investire le aziende che aderiscono a Confindustria? E perché per una volta non si può immaginare una grande manifestazione, una sorta di protocollo d’intesa comune tra parti sociali, lavoratori, “padroni”, politica contro la strage quotidiana? Sarebbero battaglie di civiltà che riporterebbero Confindustria al centro della scena.

Invece si preferisce vivacchiare, calciando il pallone un po’ più in là. Bonomi, introducendo la norma che permette la rielezione di un past-president, ha probabilmente accarezzato la possibilità di un secondo mandato. Speranza però durata il tempo di un sospiro, visto che perfino due cordiali nemici come Emma Marcegaglia e Antonio D’Amato – con il secondo che allontanò la prima dalla vicepresidenza di Confindustria – hanno ritrovato compattezza, stoppando sul nascere qualsiasi velleità. Addirittura, per evitare la disgregazione di un sistema di relazioni industriali che ha subito bordate negli anni, pare che i big di Viale dell’Astronomia siano pronti a creare un comitato che scelga un nome su cui puntare. Con buona pace di Carlo Bonomi e della sua esperienza, tutt’altro che indimenticabile, in Viale dell’Astronomia
 

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