Confindustria, persi 15 anni di crescita. Giù le stime sul Pil a +0,7%
Gli economisti di Confindustria hanno limato ancora al ribasso, dopo il taglio di giugno, le stime sulla crescita nel 2016. Impietoso il confronto Ue
Pil +23,5% in Spagna, +18,5% in Francia e +18,2% in Germania, mentre in Italia l'economia è arretrata dello 0,5%. E la malattia della bassa crescita non ha mollato la presa sul nostro Paese, visto che con le dinamiche in corso i gap aumentano oggi "ancor più rapidamente". E' impietosa la fotografia sugli ultimi 15 anni (dal 2000 al 2015) dei trend di crescita del Pil che il centro studi della Confindustria ha scattato in Europa, fotografia da cui emerge che l'Italia vede aumentare il divario di crescita a proprio sfavore nei confronti degli altri paesi del Vecchio Continente.
"Il nostro Paese - fanno sapere gli gli economisti di Viale dell'Astronomia coordinati da Luca Paolazzi - ha alle spalle un quindicennio perduto. Ai ritmi attuali, l'appuntamento con i livelli lasciati nel 2007 è rinviato al 2028, mentre non verrà mai riagguantato il sentiero di crescita che si sarebbe avuto proseguendo con il passo precedente, pur lento. La crisi ha comportato un netto abbassamento del potenziale di crescita, che nelle stime dell'Fmi è sceso dall'1,2% allo 0,7%".
E purtroppo l'appuntamento con la crescita sostenuta continua a esser rinviato, perché dopo il taglio di giugno, la Confindustria ha ridotto nuovamente le stime sull'incremento del Pil per quest'anno, aumento che dal +0,8% si fermerà al +0,7%. E nel 2017, sebbene già del tutto insoddisfacente (+0,5%, anche questa previsione è stata ridotta dal precedente +0,6% di giugno), sempre secondo la Confindustria la crescita non è scontata e va conquistata.
Il Paese, indica il centro studi degli imprenditori, "soffre oggi di una debolezza superiore all'atteso". E il contesto "resta molto difficile" con "tutti gli indicatori qualitativi al ribasso". Trend che rende necessario portare a casa quanta più flessibilità aggiuntiva in Europa rispetto ai saldi fissati dal Patto di Stabilità perché senza margini aggiuntivi per il 2017 in questo quadro macro deterioramento sarà necessaria una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi (correttiva da 1 punto di Pil). Un'ulteriore mazzata per l'economia tricolore.
Dopo la crescita zero registrata dall'Istat nel secondo trimestre 2016 e le previsioni di un Pil ancora debole nei prossimi mesi, anche il governo ha annunciato che le previsioni di crescita saranno riviste al ribasso nella nota di aggiornamento al Def (si va insomma verso lo 0,9% quest'anno rispetto all’1,2% previsto ad aprile). Il Fmi, nell'aggiornamento delle stime condotte a luglio, prevede che la crescita dell'economia italiana si attesterà allo 0,9% quest'anno e all'1% il prossimo. E anche la Banca d'Italia, nel suo ultimo Bollettino economico, lamenta un rallentamento della crescita, con un incremento del Pil stimato poco al di sotto dell'1% nel 2016 e attorno all'1% nel 2017.
Secondo le nuove stime macroeconomiche degli economisti di Confindustria presentate oggi, il rapporto deficit/Pil sarà del 2,5% nel 2016 con un leggero calo di un decimo di punto rispetto all'anno prima e nel 2017 scenderà al 2,3%. Il debito invece è previsto in salita dal 132,6% del 2015 al 133,3 quest'anno e al 134% l'anno prossimo.
In questo contesto, sottolinea la Confindustria, è "vitale proseguire e approfondire il processo riformista", spinta che per gli imprenditori "dipenderà dall'esito del referendum sulle modifiche alla Costituzione" che "migliorerebbero la governabilità del Paese e aiuterebbero a far cader alcuni degli impedimenti" denunciati dalle imprese. Ci sono state "importanti riforme nell'ultimo biennio", spiegano i tecnici di Paolazzi, ma "in gran parte attendono piena attuazione e la trasformazione in comportamenti". Quando invece "vengono attuate i risultati non tardano a concretizzarsi": per Confindustria "un chiaro esempio è fornito dal Jobs Act accompagnato dalla temporanea riduzione della contribuzione sociale a carico delle imprese. Quasi i quattro quindi degli oltre 426mila posti di lavoro aggiuntivi creati dall'inizio del 2015 a metà 2016 sono con contratti a tempo indeterminato".