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Economia
Coronavirus, Istat: "Mani lavate 12 volte al giorno". Il picco il 13 marzo
Come lavare le mani per prevenire il coronavirus

Coronavirus, dati Istat: "Regole anticontagio utili e Paese compatto"

Il 91,2% dei cittadini italiani ha considerato utili le regole imposte per contrastare l’evoluzione della pandemia di coronavirus. L’89,5% ha inoltre percepito come “chiare” le indicazioni su come comportarsi per contenere il contagio. Poi tre cittadini su 4 - scrive l'istituto - hanno usato parole di significato positivo per descrivere il clima familiare vissuto nella Fase 1 dell’emergenza Covid-19. Alta la fiducia espressa verso il personale medico e paramedico del Servizio sanitario nazionale con un punteggio medio pari a 9 (in una scala da 0 a 10) e verso la Protezione civile (8,7). Nel periodo in cui sono state messe in atto le misure restrittive della Fase 1 dell'emergenza coronavirus, l’89,1% degli italiani di 18 anni e più (ovvero 9 cittadini su 10) hanno fatto uso di mascherine Nel dettaglio, l’utilizzo è stato diffuso in modo trasversale in tutta la popolazione raggiungendo il valore più alto tra le persone di 45-54 anni (94,5%), relativamente più basso il valore rilevato tra i più anziani (73,5% per 75 anni e più), anche perché molto probabilmente hanno avuto meno bisogno di uscire. ​L’uso delle mascherine ha riguardato tutto il territorio, a prescindere dalle condizioni di maggiore o minore rischio di contagio della zona in cui si vive. Dei 5 milioni e mezzo di individui che non hanno usato la mascherina, il 68,6% probabilmente non ne ha avuto bisogno (il 20,4% ne aveva la disponibilità ma non ha avuto bisogno di usarla, il 48,2% non l’ha cercata). Le persone si sono procurate le mascherine in diversi modi. Circa la metà le ha acquistate in una farmacia o in un negozio di sanitaria, il 22,3% riferisce che sono stati parenti o amici a procurargliele, il 17,8% le ha comprate in un altro negozio, il 12,4% le ha fatte in casa o le ha ricevute sempre di fattura artigianale da un conoscente, il 6,5% le ha acquistate su internet. L’analisi per zona di gravità del contagio mostra come la percentuale di coloro che le ha fatte in casa sia più elevata nelle zone a minor rischio di contagio (16,8% nell’area 3, contro il 7,8% della zona rossa). 

Il 31% non ha trovato mascherine

​Il 31,3% degli italiani ha riferito che durante il lockdown ha cercato le mascherine senza trovarle. È quanto sottolinea l'Istat in un report condotto tra il 5 e il 21 aprile 2020 che misura comportamenti e percezioni dei cittadini in pieno lockdown. La percentuale di quanti non hanno trovato le mascherine varia nelle diverse aree del Paese: è pari al 20,9% nella zona rossa, passa al 30,7% nelle altre aree del Centro-nord e al 40,9% nelle aree del Mezzogiorno. Tali percentuali, osserva l'Istat, indicano che nelle zone maggiormente colpite la disponibilità di mascherine sul mercato è stata maggiore. 

Italiani in lockdown: un metro di distanza e poche visite

Rispettata la distanza di almeno un metro per gli italiani durante il lockdown. Lo rileva l'Istat in un report condotto tra il 5 e il 21 aprile 2020 che misura comportamenti e percezioni dei cittadini in pieno lockdown. Inoltre, nella Fase 1 meno di un quinto della popolazione di 18 anni e più (19,1%) ha fatto visita a persone per portare loro la spesa o farmaci o per fare semplicemente compagnia, di queste soltanto l'1,2% lo ha fatto tutti i giorni. Nel dettaglio, spiega l'Istat, anche il mantenere la distanza obbligatoria da persone esterne alla propria famiglia è stata una delle indicazioni per il contenimento del contagio molto rispettata; la maggior parte delle persone dichiara di essere riuscita sempre a osservare tale norma (92,4%), indipendentemente dall’età e dal genere. Ancora una volta nelle zone a minor rischio la quota scende leggermente ma si attesta comunque all’89,6% (rispetto al 90,9% dell’area 2 e al 95,5% della zona rossa). La percezione del rispetto generalizzato delle regole è confermata anche da quanti il giorno prima sono usciti per fare la spesa, il 90,1% di questi ha riferito che la distanza di un metro è stata rispettata, ad esempio, al supermercato. 

L'82% uscito per andare a trovare i parenti

Sul fronte delle visite, fatte o ricevute, non emergono differenze di genere e anche quelle per età sono decisamente modeste: la quota di chi è uscito per fare visite si attesta intorno al 22% per tutta la fascia di età 18-64 anni e scende sotto la media tra la popolazione di 65 anni e più (circa il 10%). Le differenze sono molto contenute anche a livello territoriale: le uscite per le visite sono state molto limitate in tutte le aree del Paese. Chi è uscito, in oltre l’82% dei casi, è andato a trovare familiari e parenti (genitori/suoceri 45%), mentre nel 29% ha fatto visita ad amici, vicini o altre persone. Il contenimento degli spostamenti è confermato dalla percentuale di persone che hanno ricevuto visite. Il 23,6% della popolazione di 18 anni e più ha ricevuto visite da persone che hanno portato loro la spesa, farmaci o sono venute per fare compagnia (si tratta di 11 milioni e 846 mila persone, di cui più della metà di 65 anni e più). La quota di chi ha ricevuto visite è molto contenuta e inferiore alla media per tutta la fascia di età 18- 64 anni, sale poi al 32,3% tra la popolazione di 65-74 anni e raggiunge il 60,1% tra gli ultrasettantacinquenni. La quota di chi ha ricevuto visite è più alta tra le donne (26,3% rispetto al 20,7% tra gli uomini) e in particolare tra le donne anziane di 75 anni e più (68% rispetto a 48,4% tra gli uomini della stessa età). Anche a livello territoriale non emergono differenze significative. Fra chi ha ricevuto visite, il 59,3% è stato visitato da familiari e parenti, la percentuale sale al 78,6% tra le persone di 75 anni e più. Nel 24,7% dei casi a fare visita sono stati amici, vicini o altre persone mentre nel 30,4% si è trattato di un addetto alle consegne a domicilio.

Diciotto milioni di italiani aspettano apertura palestre

La riapertura delle 8114 palestre e centri fitness presenti sul territorio nazionale e' attesa da 18 milioni di italiani che fanno attività sportiva e sono attenti al wellness. È quanto emerge da un'analisi della Coldiretti ricavata da dati Istat, nel periodo dal 5 al 21 aprile 2020, con la fine della chiusura in quasi tutta la Penisola di palestre e piscine dopo le chiusure iniziate da oltre 3 mesi. Si tratta di un appuntamento molto atteso dopo un lungo periodo di lockdown con gli italiani costretti a rimanere in casa anche se in molti hanno cercato di non perdere le buone abitudini. Durante la quarantena il 28% non ha praticato alcun tipo di attività fisica (pilates, yoga, attività aerobica, camminata veloce o running), il 13% ha ridotto la frequenza, il 17% una o due volte la settimana, il 23% tre o quattro volte la settimana e il 19% cinque o piu' volte la settimana secondo le elaborazioni su dati Crea. Uno sforzo che tuttavia per effetto anche dei maggiori consumi alimentari non ha salvato dall'aumento di peso stimato dalla Coldiretti in quasi 2 chili a testa.

Aumenta il comfort food

C'è stato infatti un vero e proprio aumento del cosiddetto "comfort food" ricco di calorie con un boom di zuccheri, grassi e carboidrati: +150% farine e semole, +14% pane, crackers e grissini, +7% pasta e gnocchi, +38% impasti base e pizze, +13% dolci, +24% primi piatti pronti oltre al +37% di olio semi usato per fritture di ogni tipo, dolci e salate durante il lockdown. L'effetto del maggior consumo di cibi calorici e' stato aggravato spesso dall'abbinamento con le bevande alcoliche. Non è quindi un caso che secondo l'indagine on line della Coldiretti piu' di 1 italiano su 3 (39%) si e' messo a dieta per prepararsi alla prova costume. Con la riapertura delle spiagge la perdita di peso diventa quindi un obiettivo prioritario da raggiungere quindi con l'aiuto che arriva dalle palestre ma anche dalla di frutta e verdura, da consumare con insalatone, smoothies frullati e centrifugati anche in spiaggia, Con il progredire della stagione calda si trovano sempre piu' quasi tutte le verdure: dagli spinaci alla cicoria, dalle zucchine all'insalata, dai peperoni alle melanzane, dalle cipolle ai pisellini freschi, dagli asparagi ai fagiolini. Non manca neppure la frutta: dai meloni alle albicocche fino alle ciliegie. 

Iss: "Il picco in Italia è stato raggiunto il 13 marzo"

Per settimane è stato il tema principale del dibattito in Italia: quando raggiungeremo il picco dell'epidemia di Covid-19? Lunedì, dopo oltre due mesi e con una situazione nettamente migliorata, abbiamo una data, anzi due: il 13 marzo, per quanto riguarda i nuovi casi rispetto all'insorgenza dei primi sintomi, il 20 marzo rispetto alla diagnosi confermata. È quanto si evince dall'ultimo report dell'Istituto Superiore di Sanità pubblicato venerdì scorso. Il dato "reale" dunque, anche se basato sull'analisi di ​165.667 dei 227.204 casi segnalati, è quello del 13 marzo: è allora che si è raggiunto il numero massimo di persone che si sono ammalate in un giorno. "​I primi casi sintomatici risalgano alla fine di gennaio - segnala l'Iss - con un andamento in crescita del numero di casi fino al 13 marzo 2020. Il fatto che il picco dei casi per data di inizio sintomi sia stato raggiunto qualche giorno dopo l’adozione delle misure di restrizione nazionali (“lockdown”) conferma che tali misure hanno avuto un impatto nell’invertire l’andamento delle infezioni". Inevitabile la discrepanza temporale rispetto ai casi "ufficiali", segnalati dalla Protezione Civile dopo la positività al tampone: "​Il tempo mediano trascorso tra la data di insorgenza dei primi sintomi e la data di diagnosi - rileva infatti l'Iss - è di 4 giorni per il periodo 20 al 29 febbraio (calcolato su 1.435 casi), di 5 giorni per il periodo 1-20 marzo (47.899 casi), di 6 giorni dal 21 marzo al 9 aprile (70.976 casi), di 5 giorni dal 10 al 19 aprile (19.649 casi), di 6 giorni dal 20 aprile al 9 maggio (21.527 casi) ed infine di 5 giorni dal 10 al 14 maggio (2.775 casi)". Per questo "​la curva epidemica mostra un andamento in crescita delle nuove diagnosi fino al 20 marzo 2020 seguito da un decremento costante". Osservando i dati ufficiali, infatti, si nota come il numero massimo di nuovi casi giornalieri si registri proprio il 21 marzo (riferiti al giorno prima): 6.557 casi in 24 ore. Più di dieci volte tanto rispetto ai 531 totalizzati domenica.

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