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Economia
Covid-19, Sorgenia: l'impianto di Lodi non si ferma, profitti in secondo piano

Coronavirus, Sorgenia: profitti in secondo piano per garantire la disponibilità dell’impianto di Lodi. Smart working e impianti digitalizzati hanno assicurato la continuità dei servizi. Registrati i primi rallentamenti nelle vendite. Affari Italiani ne ha parlato con Alberto Bigi, Chief Innovation & Development Sorgenia. 

L’emergenza Covid-19 ha richiesto una ridefinizione delle nostre attività sia negli impianti di produzione, sia nella sede di Milano. Come prima digital energy company italiana, Sorgenia ha già sperimentato con successo da circa un anno la modalità di lavoro agile o da remoto (smart working), necessaria in questo momento per garantire la sicurezza dei dipendenti, la continuità dei servizi offerti e per contenere la diffusione del virus. L’azienda ha però una centrale da 800 MW a Bertonico Turano-Lodigiano, vicino a Codogno, e quindi all’interno della “zona rossa”

Il vostro è un servizio di pubblica utilità. Come vi siete organizzati per garantire il funzionamento della rete elettrica?

“Abbiamo messo in campo misure straordinarie, riducendo la presenza del personale al minimo indispensabile: due persone per volta in impianto (per un totale di dieci dipendenti che lavorano su turni), tutte provenienti dall’area rossa. Per garantirne la massima sicurezza abbiamo definito misure eccezionali: un presidio sanitario all’ingresso dell’impianto, mascherine da indossare durante il turno, ambienti di lavoro separati così da ridurre al minimo i contatti tra i due dipendenti. Siamo riusciti inoltre a remotizzare tutte le attività del centro di dispacciamento, situato nella centrale di Lodi".

Misure straordinarie, quindi. Per quanto tempo riuscirete a portarle avanti?

Stiamo monitorando l’evoluzione del fenomeno ma non siamo in grado di prevederne gli sviluppi. La grande digitalizzazione dei nostri impianti ci aiuta in questo momento complesso; la situazione è di grande stress per i dipendenti, che stanno tuttavia dimostrando un grande spirito di sacrificio per garantire il servizio essenziale e di pubblica utilità offerto. Se non si dovesse tornare alla normalità in un tempo limitato, non escludiamo un intervento mirato da parte delle Autorità competenti.

Come vi siete organizzati, invece, nella vostra sede di Milano?

Il nostro progetto di smart working è attivo da oltre un anno e, a oggi, quasi il 100 % dei dipendenti ne usufruisce per un giorno alla settimana. L’emergenza del Coronavirus ci ha permesso di testare questa modalità di lavoro in modo massivo e con ottimi risultati. Eravamo pronti e per questo non ci siamo dovuti improvvisare. In questo momento abbiamo dato invitato i dipendenti a scegliere di lavorare da casa ma chi ha necessità può recarsi in azienda.

Una volta rientrata l'emergenza Covid-19, pensate di incrementare lo smart working?

Perché no. Le attività continuano bene anche con questa modalità, e gli strumenti e i materiali di lavoro sono ad oggi già disponibili per tutti i dipendenti anche da remoto. 

Mi ha parlato delle misure di sicurezza introdotte nell’impianto situato nella zona rossa. Per chi decidesse di recarsi in azienda, invece, quali misure cautelari sono state adottate?

Abbiamo limitato al minimo indispensabile le trasferte e l’ingresso di esterni e stabilito regole chiare sulle procedure da adottare durante le riunioni (distanza di sicurezza, evitare contatti, etc.). Abbiamo poi aumentato i turni di pulizia di uffici e spazi comuni fino a tre volte al giorno e invitato le persone a comunicare eventuali problemi di salute. Le riunioni con esterni vengono fatte con strumenti informatici.

Avete istituito una persona di riferimento per coordinare le questioni relative alla sicurezza?

Abbiamo istituito un “Comitato crisi” composto da cinque persone che si riuniscono ogni giorno per capire l’efficacia delle procedure in atto, per identificarne di nuove e fornire ai dipendenti informazioni generali. Abbiamo poi introdotto una casella postale ad hoc utilizzata internamente per chiedere indicazioni e fornire suggerimenti. In questo momento una comunicazione chiara e tempestiva è fondamentale.

Avete riscontrato un impatto economico del virus sul business dell’azienda?

In questi ultimi giorni sono stati registrati i primi rallentamenti sulle vendite sia lato business che residenziale. Per prudenza, i proprietari di piccole e medie imprese sono restii a incontrare i nostri agenti per stipulare nuovi contratti; abbiamo verificato rallentamenti anche sul canale digitale: in questo momento, sul web l’attenzione è maggiormente focalizzata a capire come andranno le cose nel Paese anziché a cambiare fornitore di luce e gas. Si tratta di piccole diminuzioni che potrebbero diventare una tendenza se la situazione sanitaria dovesse aggravarsi o perdurare a lungo.

Abbiamo registrato un rallentamento anche nell’area relativa allo sviluppo di nuovi progetti di impianti rinnovabili che richiedono una forte interlocuzione con le strutture amministrative locali, regionali e ministeriali. Rispetto poi alle attività di call center (tutte esternalizzate) i nostri fornitori si stanno organizzando nell’eventualità di dover gestire da remoto le attività.

Un leggero rallentamento nelle vendite, necessità che i fornitori si attivino per svolgere al meglio tutte le attività anche in smart working e uno stop lato ricerca e innovazione. Sono queste le maggiori criticità riscontrate fino ad oggi?

Sì. Lato produzione, poi, stiamo perdendo qualche opportunità rispetto a un normale funzionamento. Per quanto riguarda l’impianto di Lodi stiamo concentrando i nostri sforzi per garantire la sicurezza della rete e dei dipendenti, a discapito del puro profitto. Come credo sia normale, alcune opportunità di guadagno in questo momento sono passate in secondo piano rispetto all’importanza del servizio di pubblica utilità che offriamo: siamo concentrati a garantire la disponibilità di energia elettrica al Paese.

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