Creval e le operazioni baciate. Così la banca raccoglie il capitale
Una pioggia di vendite ha accolto a Piazza Affari la partenza dell'aumento di capitale da 700 milioni del Credito Valtellinese. Titoli a -7% e diritti a picco
Venghino signori venghino, qui non resteranno nemmeno le mutande, si svende di tutto. Il Black Friday della finanza, la svendita in stile americano che straccia ogni prezzo, a Piazza Affari, e nello specifico, nel sistema bancario italiano, sembra non conoscere la data di scadenza.
Dopo l’enorme boccone digerito dell’aumento di Unicredit, quelli a puntate con suspanse di Mps, e il recente aumento di Carige, che sembrava mettere la parola fine alla processione di capitale versato dai risparmiatori (sempre loro pagano), nelle dissanguate casse bancarie, oggi, 2018, si ricomincia: tocca al Creval e speriamo che questa sia davvero l’ultima.
Davide Serra
Anche perché, viste le condizioni dell’aumento, più che un’operazione di capitale, sembra una di stritolamento, sia per i vecchi risparmiatori che per evitare una diluzione estrema, saranno costretti a mettere mano al portafoglio, e sia per la dirigenza bancaria che sarà costretta ad accettare determinate condizioni, per far sì che l’aumento vada in porto senza rischi e permettere una sicura continuità aziendale.
Davide Serra, finanziere ormai conosciuto agli italiani, oggi, come per altre operazioni simili, ha dichiarato di essere disposto a partecipare all’operazione di rifinanziamento, ma a determinate condizioni. Condizioni ovviamente che saranno a suo favore. “Pasti gratis” in borsa non ne estono, siamo sui mercati finanziari, non alla Caritas dove si fa beneficenza, è giusto quindi che chi può metta le sue condizioni sul tavolo e pretenda che queste siano accettate. Comprensibile, meno il fatto che si sia dovuti arrivare a questa situazione estrema.
Una situazione in cui sembra di assistere a una rivisitazione delle operazioni baciate di “palladiana” memoria. Ricordate cos’è successo con le vittime del “bail in”, con le banche venete e le piccole casse romagnole/marchigiane? Funzionava così, io ti dò un prestito, se però tu compri l’equivalente delle azioni della banca. Oggi, il “ricatto” degli investitori, il termine non è poi così forzato, è più o meno lo stesso: io aderisco all’aumento, ti presto il mio prezioso capitale (che probabilmente nel lungo termine avrà una buona rivalutazione, visti gli attuali prezzi) e tu banca, mi sganci gli Npl a prezzi (molto) di favore o mi concedi un diritto di prelazione.
Fino a qualche anno fa, si pensava che le banche fossero in posizione di dominio, che fossero loro a comandare, ed invece oggi sembrano essere precipitate nell’inferno dei mercati finanziari. Mercati in stile dantesco che puniscono con le pene del contrappasso. Il peccato che ieri hai commesso (con i risparmiatori), oggi lo dovrai subire a tua volta, e con gli interessi. Su questo paesaggio desolato, i fondi avvoltoi, anzi, fondi iena, pasteggiano sulle carcasse del nostro sistema bancario. E tutto questo, perché fino a oggi, non solo non è stato creato un sistema di difesa, ad esempio una bad bank capace di ripulire e rivalutare tutti i nostri Npl, cioè riparare i crediti deteriorati, ma non è stato nemmeno preso in considerazione la soluzione Usa che attraverso fondi dello Stato e della Fed, riuscirono a ripulire le banche dai titoli tossici e con il tempo, addirittura a guadagnarci. Sistema “win win” dove vincono tutti: banche, Stato, cittadini e investitori. In Italia, un’utopia.
(Segue...)