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Economia
Dazi, guerra alla fine. Borse boom. Il gestore: "Occhio alle correzioni"

Stati Uniti e Cina sono alle prese con l’ultimo miglio nella trattative per risolvere la disputa commerciale e le Borse mondiali, anche grazie alle previsioni più ottimiste sui conti trimestrali e ai buoni numeri di business arrivati dalle banche americane, volano ai massimi dai sei mesi trainate dal comparto del credito (Stoxx 600 Europe Banks), scommettendo su un accordo dietro l’angolo fra Washington e Pechino che potrebbe dare una spinta alla crescita mondiale.

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L’intonazione positiva dei listini azionari si è rafforzata oggi alla partenza delle negozioazioni dopo che gli Stati Uniti hanno mitigato le richieste di tagli dei sussidi alle industrie da parte della Cina per arrivare a un accordo fra le due grandi economie mondiali. 

La questione dei sussidi alle imprese statali cinesi è tra le più difficili da risolvere, per la sua connessione con le politiche industriali di Pechino e, per raggiungere un accordo nelle prossime settimane, i negoziatori statunitensi sarebbero pronti a cedere su alcuni punti per cercare un accordo su altri versanti della disputa dove si ritiene più probabile un’intesa con la delegazione cinese, tra cui la protezione della proprietà intellettuale, la fine dei trasferimenti di tecnologia forzati, e l'ampliamento dell'accesso al mercato interno cinese.  



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La settimana scorsa, il segretario al Tesoro Usa, Steve Mnuchin, aveva dichiarato che Cina e Stati Uniti avevano raggiunto un'intesa di massima sull'istituzione di uffici dedicati al rispetto dell'accordo che verrà firmato. La questione dei sussidi alle imprese di Stato cinesi non scomparirebbe dal testo dell'accordo finale, ma il linguaggio usato "non sarà molto dettagliato o specifico", ha spiegato una fonte dell'agenzia britannica.

Ancora più chiaro il commento di un'altra fonte secondo cui un accordo che facesse apparire debole il presidente cinese, Xi Jinping, non verrebbe preso in considerazione dalla Cina. 

Le imprese di Stato avrebbero, però, un ruolo fondamentale nella richiesta di acquisto di prodotti made in Usa mossa dall'amministrazione statunitense per un valore di circa mille miliardi di dollari nei prossimi sei anni per ridurre, e potenzialmente azzerare, il deficit commerciali degli Stati Uniti nei confronti della Cina.

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Da sciogliere c'è anche la possibilità dell'eliminazione delle tariffe applicate dagli Stati Uniti su 250 miliardi di dollari provenienti dalla Cina, come vorrebbe Pechino, e che l'amministrazione Usa guidata da Donald Trump sarebbe incline a mantenere, almeno in parte. Nodi che gli investitori comunque non vedono come insormontabili, premendo il tasto degli acquisti sui mercati finanziari.

Ancora per quanto? "Bisogna essere abbastanza prudenti, perché i mercati hanno completamente compensato la discesa di fine anno. E' vero che certe aspettative negative sull'andamento della crescita economica si sono attenuate, ma è anche vero che a certi multipli è meglio consolidare i risultati", spiega ad Affaritaliani.it Giovanni Landi, fondatore di Anthilia Capital Partners.

"Rimanendo con delle attese positive sulla conclusione della disputa commerciale Usa-Cina, c'è stata una corsa di tutte le classi d'investimento, complice anche un atteggiamento ancora molto accomodante delle banche centrali, non indifferente", aggiunge l'esperto gestore secondo cui "è fisiologico ora che ci siano delle correzioni". 

 

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