Derivati Tesoro, Draghi usato come scudo. Conto da 1,2 mld per ex dirigenti
Nel timore di dover risarcire 4 miliardi, i funzionari del Tesoro e Morgan Stanley provano a coinvolgere il presidente Bce
Contro gli attacchi della speculazione sui Btp e i Bonos nel 2011 c'era lo scudo della Bce. Ora lo scudo di Mario Draghi sembra fareil bis, ma non sui mercati finanziari. Bensì nell'aula della Corte dei conti, dove ieri si è tenuto il processo a Morgan Stanley e agli ex dirigenti del Tesoro e ministri Maria Cannata, Vittorio Grilli, Domenico Siniscalco e Vincenzo La Via (ancora in carica come dg a Via Venti Settembre), per i derivati sottoscritti con la banca Usa. Operazione per cui la Procura contabile del Lazio, con un'inchiesta del pm Massimiliano Minerva, contesta un danno erariale di 4 miliardi: 2,7 alla banca e 1,2 ai dirigenti del Ministero che gestirono i contratti.
Secondo quanto riferisce il Fatto Quotidiano, i legali degli imputati hanno chiamato infatti in causa il presidente della Banca centrale europea, per indebolire l'imnpianto accusatorio. Al centro dell’accusa i derivati chiusi a fine 2011, quando il Tesoro versò 3,1 miliardi a Morgan Stanley in forza di una clausola (Ate) ottenuta nel 1994, quando direttore generale di Via Venti Settembre era proprio l'attuale presidente della Bce. L'operazione che la magistratura contabile contesta è la swaption, una specifica clausola di uscita anticipata dai derivati, l'Ate, e nel pagamento a Morgan Stanley, che ne rivendicava l'attuazione, di 3,1 miliardi di euro, proprio nel momento di maggiore difficoltà economica del Paese, a fine 2011.
Il Mef non avrebbe contrastato in nessun modo la pretesa della banca, avrebbe affidato la gestione del debito a un organico inadeguato e non avrebbe previsto alcuna garanzia collaterale al contratto. Le parti sotto accusa hanno ribadito che l'Ate, così come il tipo di derivato sottoscritto con l'opzione swaption, era stato previsto esplicitamente da un decreto dell'allora ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi, e da una circolare di Mario Draghi, direttore generale di Via XX Settembre. Antonio Catricalà, ex grand commis e avvocato di Morgan Stanley, non ha omesso di citare il ruolo di Draghi, a cavallo degli anni Duemila, nelle stanze del Ministero.
Nel sottoscrivere i contratti e nel ristrutturare il debito con Morgan Stanley, sostengono i difensori, Cannata si sarebbe rifatta a lui. Non è così per il procuratore contabile, che parla invece di un "appunto generico" di Draghi, che non poteva sapere quale sarebbe stato l'utilizzo dei derivati in oggetto. Oltre a citare Draghi, la difesa degli ex dirigenti del Tesoro è incentrata sul fatto che la scelta di trattare a lungo e in modo paritario in base a contratti e clausole legittime e utilizzate di prassi a livello internazionale, è stata una scelta oculata.
Non perseguirla, "avrebbe provocato la devastazione del mercato finanziario, l'immediata e istantanea perdita di fiducia degli operatori finanziari nella Repubblica italiana, l'esodo degli operatori del debito pubblico e il crollo dell'economia, con effetti irreversibili e devastanti", ha spiegato Antonio Palmieri, uno dei difensori di Maria Cannata. Sul ruolo di Draghi, i giudici decideranno entro 45 giorni. Il collegio dovrà anche decidere se ammettere le parti civili, Adusbef, Codacons e Federconsumatori, costituitasi insieme alla Cgil. Nel caso di ammissibilità, dovrebbero essere fissati i termini per lo studio degli incartamenti e potrebbe essere disposta una consulenza tecnica.