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Economia
Dieselgate: Usa fanno causa a Fca, ma per gli analisti "non è Volkswagen"

Nessuna similitudine con il caso Volkswagen. E l'andamento del titolo Fca in Borsa (tonfo in apertura, poi  recupero limitando le perdite)  conferma il sentiment degli analisti dopo che sulla Cenerentola di Detroit è piombata la causa civile del Dipartimento di Giustizia Usa per conto dell'Epa per la sospetta violazione della legislazione in merito alle emissioni dei veicoli diesel a causa di software non dichiarati su 104mila veicoli venduti negli Stati Uniti tra il 2014 e il 2016.

160302 Fiat Ginevra 2016 eventi 05
 

La notizia, attesa da qualche giorno, riporta alla mente lo scandalo “dieselgate” e porta gli investitori a chiedersi quale potrebbe essere l’impatto della vicenda sui conti del produttore italo-americano, visto che l’Epa a inizio anno aveva parlato di “impianti di manipolazione” (“defeat devices”) per ridurre “l’efficienza del sistema di controllo di emissione dei veicoli”, aggiungendo che avrebbe a quel punto informato il Dipartimento di Giustizia per prendere gli opportuni provvedimenti. Provvedimenti che fin da subito la stampa americana aveva quantificato in 4,63 miliardi di dollari di penali, cifra ben diversa da quella pagata da Volkswagen per il “dieselgate” (19,3 miliardi di dollari in tutto) ma comunque pari ad oltre due volte e mezzo gli utili registrati dal gruppo lo scorso anno (1,814 miliardi) e tale da più che azzerare l’utile netto “adjusted” di quest’anno, previsto oltre i 3 miliardi di euro.

Ma davvero gli Usa di Donald Trump rischiano di rovinare i conti di Fca? No, secondo gli analisti di Websim, che hanno subito notato come in una propria nota ieri sera l’Epa nell’annunciare l’apertura della causa civile davanti alla corte federale di Detroit, non abbia più utilizzato il termine “defeat devices” e non abbia più fatto cenno a software utilizzati volutamente per aggirare la normativa sulle emissioni, ma più limitatamente abbai segnalato la presenza di un “auxiliary emission control device”, dispositivo che di per sé non è illegale (proprio come ha sempre sostenuto Fiat Chrysler Automobiles), ma che deve essere dichiarato in sede di omologazione. Il punto contestato al produttore italo-americano, dunque, “discosta enormemente il caso Fca da quello Volkswagen” secondo gli esperti che hanno così confermato la propria stima di una penale di 445 milioni di euro, che potrebbero nella peggiore delle ipotesi salire sino a circa 1,3 miliardi.

trump marchionne ape
 

Ipotesi sostanzialmente condivisa anche dai colleghi di Banca Imi, “non solo perché Fca sostiene di non aver deliberatamente installato “defeat device”, ma anche perché il numero dei veicoli coinvolti è molto più basso (si tratta dei modelli 2014-2016 di Jeep Grand Cherokee e Ram 1500, in tutto 104 mila veicoli contro gli 11 milioni di Volkswagen ndr) e la causa contro Fca fino a oggi è civile e non penale” come quella che era stata aperta contro il gruppo tedesco. Pur aspettandosi “volatilità e pressione sul titolo nel breve termine”, anche gli uomini di Banca Imi dichiarano di non attendersi che Fca finisca col pagare i 4,63 miliardi di penale (cifra peraltro già inclusa nelle stime degli analisti) e pertanto ribadiscono il rating “add”, incrementare in portafoglio, e il target price di 12,3 euro, che implica un upside potenziale di quasi il 31% rispetto ai valori attuali.

Stesso giudizio anche da Banca Akros (che conferma il proprio “buy” con target price di 13 euro): la notizia è “ovviamente negativa”, ma “ci sono tanti motivi per credere che il caso diesel Fca sia molto diverso dallo scandalo Volkswagen”. L’evento più importante a questo punto secondo gli uomini di Banca Akros non sarebbe tanto la causa civile appena intentata, ma le decisioni dell’Epa e del Carb (il California air resources board, ndr) “sulla richiesta di certificazione presentata da Fca venerdì”, che dovrebbero arrivare nei prossimi giorni. “Non sappiamo quale sarà la risposta di Epa e Carb, ma il fatto che le discussioni tra Fca, Epa e Carb abbiano richiesto così tanto tempo non depone a favore di un esito positivo del processo, secondo quanto possiamo capire”.

Mai dire mai, comunque, per cui per il momento il titolo non dovrebbe cedere più di tanto rispetto ai valori attuali, in attesa che analisti e gestori siano in grado di stimare con precisione quale sarà il costo che Sergio Marchionne dovrà pagare per chiudere una volta per tutte questa vicenda e tornare a concentrarsi sul tema delle future fusioni e acquisizioni che secondo Equita Sim resta centrale per il futuro del gruppo e per l’andamento del titolo in borsa a medio-lungo termine.

 

 

 

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