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Economia
Donnet contro il Ddl Capitali: "Spero che il governo ci ripensi"

Philippe Donnet

Donnet contro il Ddl Capitali: "Spero che il governo ci ripensi"

Non si può dire che Philippe Donnet abbia accolto con gioia il Ddl Capitali. Già a novembre, l’amministratore delegato di Generali aveva dichiarato che, se approvato, il provvedimento "non darebbe un segnale positivo nei confronti del mercato”. Ora che il via libera è arrivato, il ceo del gigante assicurativo è tornato a menare sul tema. Comprensibile la sua preoccupazione: si avvicina come uno spettro il rinnovo del vertice del Leone. Manca un anno, è vero, ma la battaglia sarà dura e piena di colpi di scena. Da una parte ci sono Francesco Milleri e Francesco Gaetano Caltagirone, forti di quasi il 30% del capitale di Generali, che chiedono da tempo un cambio di marcia e hanno messo nel mirino la strategia di Donnet.

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Qui le scuole di pensiero sono due. C’è chi dice che con i dividendi versati dal Leone ai suoi azionisti bisognerebbe fare un monumento al Ceo. E chi sostiene che la capitalizzazione di Trieste sia (troppo) inferiore rispetto a quella dei competitor europei Allianz e Axa e che il divario si stia ampliando invece che ridursi. Servirebbe maggiore aggressività – dicono Milleri e Caltagirone – servono acquisizioni pesanti, servono strategie lungimiranti. Tant’è che ricicciano con cadenza semestrale le voci che vorrebbero una fusione tra Unicredit e Generali per creare un gigante dalle spalle larghe pronto a primeggiare in Europa.

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Ma torniamo a Donnet. Il ceo del Leone ha dichiarato che "l’Articolo 12 del Ddl Capitali potrebbe creare tanti problemi, non si capisce l’obiettivo e non si vede il beneficio atteso", mentre "si vedono rischi e problemi”. Inoltre, ha proseguito, "che sia in Europa sia nel mondo anglosassone prevale un sistema che consente a un cda uscente di proporre i successori e questo funziona bene", in Generali "lo abbiamo fatto nel 2022 e ha funzionato benissimo", mentre "l’articolo 12 rende impraticabile questa best practice internazionale. Noi di Generali esprimiamo tante perplessità su questo articolo 12. L’Italia ha bisogno di grandi aziende ed è ancora più vero nel settore finanziario, che è vigilato", ha aggiunto Donnet che si "augura" che "il governo usi la delega per cambiare il modo giusto l’art. 12 del Ddl Capitali".

A che cosa si riferisce? Attualmente il cda uscente ha diritto a esprimere una lista di nomi “di maggioranza”. Se quindi, in assemblea, ottiene più voti, la medesima lista entra nel successivo board. È un meccanismo che tutela lo status quo ma che al tempo stesso garantisce stabilità agli investitori. L’articolo 12 invece cambia lo scenario: impone che la lista del cda venga approvata da due terzi del board e deve contenere un numero di candidati maggiorato di un terzo rispetto a quelli che saranno eletti. Dopo il voto in assemblea, se la lista del board è prima i soci dovranno esprimersi individualmente sui candidati ed entrerà chi riceve più voti. Le liste che arrivano al secondo e al terzo posto se hanno il 20% o meno dei voti avranno comunque il 20% dei seggi in cda, se ne hanno più del 20% avranno i seggi in proporzione ai voti ottenuti.

Insomma, Donnet teme “il trappolone” e inizia con largo anticipo ad alzare i toni dello scontro. Tra l’altro, la recente notizia del “cambio di casacca” della Fondazione Crt, dalla parte di Caltagirone-Milleri nel 2022 e ora schierata da Fabrizio Palenzona vicino a Donnet e Alberto Nagel ha ulteriormente preoccupato in vista di una campagna per il Leone che sarà lunga e complicata. Donnet ha fiutato l’aria e inizia a chiamare a raccolta le sue truppe. Ma siamo solo agli inizi e ci sarà da divertirsi. 
 






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