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Economia
Ducati, tre strade nel futuro. Stati Uniti, Austria e Canada. Come cambia

Il dossier Ducati si scalda e non è solo colpa del solleone: alla rossa di Borgo Panigale controllata dalla Audi del gruppo Volkswagen sarebbero interessati, oltre a una mezza dozzina di fondi di private equity (di parla di KKR, Cinven, Cvc, Advent, Pai e dell’italiano Investindustrial che fa capo ad Andrea Bonomi, già proprietaria del marchio fino al 2008), tre grandi gruppi industriali come l’americana Harley Davidson, l’austriaca Ktm (che ormai fa parte del gruppo indiano Bajaj) e la canadese Brp, proprietaria tra l’altro del marchio motoristico Evinrude ben noto agli appassionati di nautica di tutto il mondo.

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Per il momento non vi sono cifre ufficiali sul tavolo (qualcosa di più potrebbe sapersi dopo il deposito delle offerte vincolanti, atteso entro questo fine settimana), ma alcune voci di mercato hanno indicato in 1,3-1,5 miliardi il range più probabile, cifra di tutto rispetto visto che Volkswagen pagò Ducati 860 milioni di euro nove anni fa, quando i ricavi erano pari a 480 milioni. Nel frattempo le vendite sono salite a 731 milioni, con un utile operativo (Ebit) di 51 milioni, come dire che 1,3 miliardi rappresenterebbe niente altro che lo stesso multiplo sulla cui base l’azienda italiana venne ceduta nel 2008, mentre 1,5 miliardi implicherebbe un incremento dello stesso del 15% che ci può stare visti i risultati raggiunti e quelli ottenibili in futuro. Già, il futuro: a seconda di chi vincerà la gara per Ducati (ma anche per il suo acquirente) gli anni a venire potrebbero prendere una svolta molto differente.

Prendete Harley Davidson: la società americana è stata per decenni un’icona dei “biker” legati alla generazione dei baby boomer, quella raccontata in film come Easy Rider per intenderci. Ora però quella tipologia di clienti sta invecchiando e tende a comprare meno motociclette. Così il management ha confermato anche l’altro ieri durante la conference call di presentazione dei dati trimestrali (258,9 milioni di utile nel periodo aprile-giugno, in calo del 7% su base annua, a fronte di ricavi per 1,77 miliardi di dollari, -4,58% rispetto al giugno 2016) di “non escludere” la possibilità di acquisizioni, anche per svecchiare la propria base clienti.

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Il matrimonio Harley-Ducati creerebbe un gruppo da oltre 2,5 miliardi di fatturato, con una linea prodotti complementare già molto forte sul mercato statunitense, primo mercato per il marchio italiano con 8.787 moto vendute lo scorso anno, oltre che per Harley Davidson, che però con 161.658 motociclette vendute nel 2016 ha subito un calo del 3,9%. Il produttore di Mikwaukee porterebbe inoltre in dote al gruppo italiano anche una buona expertise anche nel campo dell’abbigliamento, cui Ducati sembra puntare sempre più decisamente (si è parlato in questi giorni, ad esempio, della possibilità di uno sbarco sul mercato indiano tramite il sito di shopping online Flipkart). Anche con Ktm (azienda quotata sulla borsa svizzera) il futuro di Borgo Panigale sarebbe molto interessante dal punto di vista industriale e commerciale: il fatturato complessivo supererebbe infatti i 2 miliardi di euro, l’Ebit non sarebbe inferiore ai 170 milioni.

(Segue...)

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