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Economia
Effetto Jobs Act , calano i licenziamenti. Cgil: merito della ripresa

Calano i licenziamenti dei lavoratori italiani: nel 2015 i rapporti di lavoro cessati a causa di un licenziamento sono stati 841.781, con un calo dell'8,14% rispetto al 2014. Lo rende noto il Ministero del Lavoro sottolineando che il calo più consistente riguarda l'ultimo trimestre con un -14,9% dei licenziamenti. Nel quarto trimestre del 2015 i nuovi contratti a tempo indeterminato stipulati sono stati 739.880 con un aumento del 100,9% rispetto allo stesso periodo del 2014 (371.519 in piu'). Il dato, a differenza di quello comunicato dall'Inps con l'Osservatorio sul precariato, tiene conto di tutto il lavoro dipendente quindi anche dei domestici, gli agricoli e la pubblica amministrazione.

L'aumento è superiore al 100% sia per i maschi. Contestualmente, registrano riduzioni marcate i rapporti di lavoro avviati in collaborazione (-40,4%) in apprendistato (-17,7%) e a tempo determinato (-7,7%). Sempre nel quarto trimestre del 2015, sono stati registrati 243.206 licenziamenti con un calo del 14,9% rispetto allo stesso periodo del 2014, pari a 42.487 licenziamenti in meno. Sono diminuiti soprattutto i licenziamenti degli uomini (-18,4%) mentre per le donne si sono ridotti del 9,3%. Proprio un anno fa, il 7 marzo, e' entrato in vigore il contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti che quindi era pienamente in vigore nel quarto trimestre 2015. Ai dati del Ministero si affiancano le elaborazioni dei Consulenti del Lavoro, che registrano quanto accaduto a distanza di un anno dalla prima applicazione delle tutele crescenti: diminuiscono i licenziamenti. Nel periodo tra il 7 marzo (data di entrata in vigore del decreto di attuazione del Jobs Act sul contratto senza articolo 18 per i nuovi assunti) e il 30 settembre 2015, dicono i Consulenti del Lavoro, "per ogni 100 contratti a tempo indeterminato cessati - precisano - il 28,1% sono terminati per licenziamento economico o disciplinare (25,7% il primo, 2,4% il secondo).

Nel 2014, per ogni 100 analoghi contratti cessati con l'applicazione dell'articolo 18, la quota dei licenziamenti era pari al 31,3%, dei quali 29% per licenziamento economico e 2,3% per licenziamento disciplinare. Dal punto di vista della sopravvivenza dei contratti a tempo indeterminato - dicono i Consulenti -  risulta che, in regime di tutele crescenti, per ogni 100 contratti stipulati due lavoratori in più hanno conservano il posto di lavoro". Sia la Cisl che la Cgil hanno mostrato soddisfazione per i dati diffusi dal Dicastero guidato da Giuliano Poletti. I dati sui licenziamenti diffusi "sono positivi", ha affermato il leader della Cisl, Annamaria Furlan, ma "non basta".

Secondo Furlan, "bisogna impegnarsi ancora tanto per recuperare tutti i posti di lavoro persi e anche tutte le imprese che abbiamo perso" in quanto il vero problema "e' come creare lavoro a quei tre milioni di uomini e donne che nel nostro Paese non ce l'hanno: questo non si fa per legge, ma con investimenti pubblici e privati". Il leader della Cisl ha quindi invitato a "non accontentarsi di questi dati" ma "andare avanti con piu' determinazione e soprattutto con piu' investimenti". Piu' cauta Susanna Camusso, segretario generale della Cgil. Si tratta di dati che "sarebbe drammatico se non ci fossero visto che sono contemporanei a una situazione di non peggioramento in generale dell'occupazione e di una fase piu' acuta della ristrutturazione che e' stata quella degli anni scorsi", ha commentato Camusso sottolineando che "le assunzioni continuano a essere a termine e come tali poi non compaiono nei licenziamenti".

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