di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
C'è speranza. Nonostante la posizione dell'Embraco che ieri ha confermato i licenziamenti e i toni duri del ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda che ha affermato di non voler più trattare con questa "gentaglia", non è detta l'ultima parola per i 497 lavoratori della controllata della Whirlpool che a fine marzo finiranno di percepire lo stipendio per la chiusura dello stabilimento torinese di Riva di Chieri.
Domenico Arcuri
Sulla base degli ultimi successi negli altrettando delicati dossier dell'Alcoa e dell'Ideal Standard in cui sono stati salvati i posti di lavoro, Calenda ha investito ieri Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, l'Agenzia del Tesoro per l'attrazione degli investimenti, di studiare una soluzione per scongiurare la crisi aziendale finita nel ciclone mediatico della campagna elettorale.
Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, il Ceo dell'ex Sviluppo Italia sta vagliando alcuni progetti alternativi che illusterà già domani al titolare del Mise di ritorno da Bruxelles per arrivare a formulare una proposta concreta ai brasiliani dell'Embraco entro la fine di questa settimana.
Il tempo stringe, perché dopo il 4 marzo al Ministero arriverà molto probabilmente un altro inquilino e il 31 marzo cesserà la mobilità per i 497 operai messi fuori perimetro dal gruppo. Fonti vicine alla vicenda riferiscono che la posizione dell'azienda è stata dettata dall'incertezza politica che regna in Italia viste le elezioni alle porte, una posizione quasi obbligata, ma che di fronte a un progetto concreto di altri investitori (si vocifera di due offerte alternative) potrebbe cambiare.
L'azienda potrebbe infatti rimandare o addirittura rinunciare alla chiusura, assicurando, anche grazie all'estensione della cassa integrazione fino a settembre (la legge permette altri nove mesi di Cig), la continuità aziendale e dando tempo a Invitalia di garantire (attraverso la formalizzazione delle offerte alternative) quella reindustrializzazione del sito invocata da Calenda. Salvando così i posti di lavoro.
Una delle ipotesi su cui anche si ragiona, riferiscono le fonti, è quella di riproporre uno schema simile a quello della gestione della crisi della Lamborghini. Crisi in cui nel 2015 l'Audi voleva delocalizzare la produzione del Suv Urus dallo stabilimento di Sant'Agata Bolognese a Bratislava, sempre in Slovacchia (destinazione scelta anche dall'Embraco) per motivi di costo del lavoro. Un trasferimento stoppato con 70 milioni di incentivi fiscali messi sul piatto dal governo italiano grazie all'azione congiunta di Mise e Invitalia che ha fatto concorrenza ai soldi promessi allora al gruppo Volkswagen dall'esecutivo slovacco.