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Economia
Esselunga in Borsa? Ecco quanto vale: tra 4,75 e 6,25 miliardi di euro


Fino a pochi anni fa sarebbe stata una "pazza idea", ma quella di uno sbarco di Esselunga a Piazza Affari sembra essere un'ipotesi che acquista consistenza ogni giorno che passa, anche per riuscire a trovare una accordo tra Giuliana Albera e la figlia Marina Caprotti, cui fanno capo il 70% di Esselunga (supermercati) e il 55% di Villata Partecipazioni (il patrimonio immobiliare del gruppo) da una parte e i figli di primo letto Giuseppe e Violetta, titolari delle quote di minoranza.

Ma quanto potrebbe valere Esselunga in borsa? Wal-Mart a Wall Street vale quasi 228 miliardi di dollari di capitalizzazione (pari a circa 0,47 volte il fatturato, nel 2016 risultato pari a quasi 486 miliardi), mentre Carrefour a Parigi capitalizza poco meno di 16,5 miliardi di euro (meno di 0,22 volte i 76,6 miliardi di giro d'affari) e Tesco a Londra vale poco meno di 14 miliardi di sterline (0,26 volte scarse i 54,5 miliardi di vendite). Con 7,54 miliardi di vendite il gruppo italiano potrebbe valere in borsa tra 1,66 e 3,55 miliardi.

Ma naturalmente  il giro d'affari non è l'unico parametro a cui guardare per valutare un gruppo distributivo come Esselunga. Se si confronta la valorizzazione di borsa con gli utili si scopre ad esempio che Wal-Mart (i cui utili sono calati del 7,2% a 13,6 miliardi nel 201t6) vale oltre 16,7 volte, Carrefour (786 milioni di utile nel 2016 rispetto ai 980 milioni dell'anno precedente) vale circa 21 volte, Tesco (138 milioni di utile a fine 2016) vale oltre 101 volte. In questo caso Esselunga, con un utile netto calato dai 291 milioni del 2015 a 262 milioni lo scorso anno, potrebbe valere tra i 4,4 e i 5,5 miliardi (senza neppure tener conto del multiplo di Tesco).

Alla fine a fare la differenza potrebbero essere le prospettive per il futuro, che secondo gli uomini di Credit Suisse sono particolarmente "frizzanti" per il settore della distribuzione al dettaglio, vista sia la forte spinta ad innovare legata alla rivoluzione "disruptive" dell'e-commerce e della distribuzione digitale, sia la tendenza alla concentrazione che porta gli operatori più piccoli a diventare rapidamente potenziali prede di gruppi di maggiori dimensioni in cerca di una porta d'ingresso su mercati appetibili.

Naturalmente in quest'ultimo caso un eventuale "premio" in termini di multipli borsistici potrebbe essere legato ad una futura contendibilità del controllo del gruppo italiano, che per il momento pare fuori discussione. Per trovare un esempio italiano quotato paragonabile almeno in parte a Esselunga occorre guardare a Ovs. Il gruppo distributivo veneto ha chiuso il 2016 con 1,32 miliardi di fatturato e un utile netto di 78 milioni.

Con una capitalizzazione di poco inferiore a 1,5 miliardi di euro Ovs in borsa vale 1,10 volte il suo giro d'affari e oltre 18,65 volte i suoi utili: non sarebbe dunque troppo strano  veder sbarcare Esselunga in borsa con valutazioni vicine e quindi di 18-19 volte gli utili e attorno a 0,8-1 volta il fatturato: in questo caso la forchetta della valorizzazione del gruppo distributivo della famiglia Caprotti potrebbe restringersi tra i 4,75 e i 6,25 miliardi di euro: sarà il prezzo giusto? Se il mercato ha ragione potremmo scoprirlo già nei prossimi mesi.

 

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